Iran: “Proteste molto più rivoluzionarie rispetto al passato”

Rivolte con un linguaggio tranchant e gesti a volte ironicamente irriverenti. E il media attivismo, anche quello all’estero, supporta le manifestazioni in strada. L’analisi di un 40enne iraniano che vive in Italia

Iran: “Proteste molto più rivoluzionarie rispetto al passato”

In Iran “stiamo assistendo a una protesta molto più rivoluzionaria di quelle passate, con slogan molto all’avanguardia, con studentesse che dicono parolacce, con ragazzini che fanno gestacci al regime e con un ‘gioco’ molto irriverente, ironico, ma di assoluta rottura con l’ordine precostituito della Repubblica islamica: fare cadere il turbante di un mullah con un buffetto mentre si cammina per strada, scappare, farsi riprendere in video da un amico e condividerlo sui social”. L’analisi arriva da un 40enne iraniano, in Italia ormai da qualche anno, che vuole mantenere l’assoluto anonimato anche sulla sua residenza per paura di essere segnalato al governo iraniano dal Consolato nel nostro Paese, com’è successo in passato ad alcuni suoi connazionali. “Una rivolta che ha per protagonisti giovani consapevoli di far parte di un contesto globale grazie a Internet, che non si battono solo per i diritti delle donne ma che soprattutto vogliono rompere con il regime. Anche solo dieci anni fa tutto questo non era così dirompente. Per questo le autorità controllano il web e spesso tolgono il collegamento alla Rete”. 

E prosegue: “La mia generazione era molto meno tranchant, meno irrispettosa e forse più timorosa delle violente ritorsioni da parte dell’apparato della Rivoluzione islamica. Ma la morte di Masha Amini, Nika Shakarami, Sarina Esmailzadeh e di tutte le altre vittime hanno sortito l’effetto opposto: una mia amica è in carcere per aver distribuito dei volantini e di lei i familiari non sanno più nulla. Io invece, mi limito a un po’ di media attivismo. Il controllo del regime è molto capillare, per questo la maggioranza degli iraniani sui social usa profili con nomi di fantasia. Twitter è parecchio diffuso e, solo per fare un esempio, il report della CNN “Come le forze di sicurezza iraniane usano lo stupro per reprimere le proteste” è nato proprio dai messaggi che circolano sul quel canale, così come la diffusione di piccole azioni di sabotaggio verso gli uffici territoriali dei mullah trovano sui social una cassa di risonanza”. Anche se l’Iran sta invecchiando rapidamente e ha il tasso di natalità più basso di tutto il Medio Oriente, il Paese conta ancora 80 milioni di persone, con un’età media di 31 anni (dati relativi all’ultimo censimento 2016). “Molti giovani non credono in Dio, sono agnostici, fanno opposizione ai mullah, per questo sono speranzoso se guardo al futuro dell’Iran. Alcuni religiosi non indossano più toga e turbante in pubblico per paura di quel gioco irrispettoso diffuso sui social”.

Il gesto della nazionale iraniana di calcio, di non cantare l’inno nella prima partita ai Mondiali in Qatar, però non è bastato. «In molte città la gente è scesa in strada per festeggiare la sconfitta della “sua” squadra contro gli Stati Uniti, perché il “Team mullah” – come è stata ribattezzata – non ha voluto parlare dell’oppressione del suo popolo. Ma le proteste fine a se stesse purtroppo non sono sufficienti: servirebbero scioperi di massa in tutti i settori, non solo in quello dell’autotrasporto e degli operai del petrolchimico. Invece c’è molta indifferenza da parte della classe benestante, soprattutto medici, bancari, ingegneri, funzionari pubblici. Non so se è più per una questione di tornaconto personale o di substrato culturale ancora molto radicato. Probabilmente per entrambi i motivi. Qualche tempo fa ho mandato a una mia amica, laureata, una foto di una donna dipinta da Dalì: era nel suo stile, ma era nuda. Ebbene, lei mi ha risposto che capiva si trattasse di un’opera d’arte, ma mi ha pregato di non mandarle più immagini del genere. C’è ancora molto timore che certe libertà e certi diritti possano attaccare i valori morali o inficiare la tradizione del mio Paese. Tutte questioni che non vedo nelle giovani generazioni di oggi. Mi addolora anche l’indifferenza dei governi occidentali: solo vuoti proclami e qualche sanzione economica. Invece, grazie alle comunità iraniane all’estero, molti cittadini europei, americani e non solo hanno manifestato pubblicamente per i diritti in Iran e credo nella solidarietà internazionale dal basso”. Secondo la sezione italiana di Iran Human Rights, nelle proteste sono rimaste uccise finora almeno 416 persone, tra cui 51 bambini, per non parlare poi degli abusi commessi dalle forze dell’ordine, a cominciare dalle Guardie rivoluzionarie, in particolare sulle donne: “Le risoluzioni dell’Onu non sono più sufficienti. Il Regime attacca sistematicamente anche le minoranze sunnite dei curdi e del popolo beluci, un popolo senza voce né protezione, nelle zone di frontiera dell’Iran. Si tratta di un genocidio nascosto agli occhi del mondo”, conclude l’uomo.

Michela Trigari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)