Italia: miglioramenti per servizi, lavoro e tempi di vita. Ma benessere economico sotto la media Ue

L’Istat presenta il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile. Tra le aree che presentano un andamento più critico negli ultimi 3 anni, con la maggior parte degli indicatori in peggioramento, si trovano Relazioni sociali, Benessere soggettivo, Istruzione e formazione e Benessere economico. Confermato lo svantaggio dei giovani rispetto agli adulti. La quota di popolazione che svolge attività di volontariato torna a crescere: è l’8,3% nel 2022 (+1%)

Italia: miglioramenti per servizi, lavoro e tempi di vita. Ma benessere economico sotto la media Ue

L’Istat presenta la decima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) in Italia. L’analisi dei domini in cui è articolato il benessere (Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi), consente una lettura degli andamenti più recenti degli indicatori e il confronto con il periodo pre-pandemico. Oltre la metà dei 152 indicatori Bes è aggiornata al 2022 con dati definitivi. Il Rapporto propone anche un capitolo iniziale di sintesi che in questa edizione è incentrato sull’analisi dell’evoluzione recente del benessere, con particolare attenzione agli squilibri territoriali e alle differenze di genere e per classi di età.

Il benessere equo e sostenibile in Italia, una visione di insieme

I dati più recenti che consentono di effettuare confronti con il 2019 (109 indicatori sul totale di 152) mostrano che per 58 indicatori di benessere, oltre la metà, si registra un miglioramento nell’ultimo anno disponibile rispetto al livello del 2019, un terzo si trova su un livello peggiore rispetto al 2019, mentre il restante 13,8% degli indicatori si mantiene stabile sui livelli pre-pandemici.
I progressi sono più diffusi nei domini Sicurezza, Qualità dei servizi e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita (oltre il 72% degli indicatori migliora rispetto al 2019). Seguono i domini Politica e istituzioni e Innovazione, ricerca e creatività con due terzi degli indicatori in miglioramento. Tra i domini che presentano un andamento complessivamente più critico negli ultimi tre anni, con la maggior parte degli indicatori in peggioramento, si trovano Relazioni sociali, Benessere soggettivo, Istruzione e formazione e Benessere economico.
In una situazione intermedia si trovano i domini Salute Ambiente: nel primo il 36% circa degli indicatori è rimasto stabile, una quota analoga di indicatori è migliorata, ma oltre un quarto si trova su livelli peggiori rispetto al 2019; nel secondo la percentuale di indicatori rimasti stabili resta consistente (circa il 31%), ma oltre la metà è in miglioramento rispetto al periodo pre-pandemico. Anche il dominio Paesaggio e patrimonio culturale presenta un mix di andamenti, con quote equivalenti di indicatori che migliorano e che peggiorano (circa il 43%).

“La maggior parte degli indicatori del Bes disponibili per il confronto con la media dei paesi europei (Ue27) mostra una situazione peggiore per l’Italia – rileva l’Istat -. Si tratta in particolare di alcuni indicatori dei domini Istruzione e formazione e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita. Tra questi la quota di giovani di 15-29 anni che si trovano al di fuori del contesto di istruzione e non sono occupati (NEET), che in Italia raggiunge il 19% rispetto all’11,7% della media Ue27, e la quota di persone di 30-34 anni che hanno completato un’istruzione terziaria, il 27,4% in Italia e il 42,8% in media Ue27. Per il lavoro, il tasso di occupazione italiano nel 2022 è di circa 10 punti percentuali più basso rispetto a quello medio europeo (74,7%), con una distanza particolarmente accentuata tra le donne (55,0% in Italia rispetto a 69,4% per la media Ue27)”.
Lo svantaggio dell’Italia nel contesto dell’Ue27 si rileva, inoltre, in alcuni indicatori di Benessere economico aggiornati al 2021, tra cui il rischio di povertà e la grande difficoltà ad arrivare a fine mese, o al 2020, come la disuguaglianza del reddito netto.
Uno degli indicatori per cui l’Italia si colloca su livelli migliori in termini di benessere, rispetto alla media dei paesi dell’Ue27, è il tasso di omicidi, pari a 0,5 per 100mila abitanti nel 2020, ben al di sotto della media dei paesi Ue27 (0,9). Inoltre, l’Italia si conferma ai vertici della graduatoria dei paesi per quanto riguarda la sopravvivenza, con valori della speranza di vita alla nascita pari a 82,5 anni (80,1 la media Ue27 nel 2021).
L'analisi per genere esamina l’evoluzione del benessere durante e dopo la pandemia per valutare eventuali avvicinamenti/allontanamenti dalla linea di parità.
Tra il 2019 e il 2022 la maggior parte delle misure di benessere (54,1%) ha fatto registrare un miglioramento per le donne a fronte del 39,2% riferito agli uomini, per i quali invece sono più numerose le misure rimaste stabili e quelle che si attestano su valori peggiorativi rispetto al 2019. Il numero di misure di benessere migliorate è più elevato per le donne in tutti i domini, a eccezione del dominio Sicurezza, dove si registra una sostanziale parità in termini di numero di indicatori migliorati (quattro su cinque sia per gli uomini che per le donne).
“Per la gran parte degli indicatori continua, tuttavia, a osservarsi un divario di genere che vede penalizzate soprattutto le donne – afferma l’Istat -. Infatti, su 86 indicatori complessivi, solo 26 fanno registrare una parità di genere. Al contrario, 34 evidenziano una condizione di svantaggio femminile e altri 26 di svantaggio maschile”.

Salute e Istruzione e formazione sono i domini per i quali si evidenzia una condizione delle donne diffusamente migliore di quella degli uomini.
Si conferma lo svantaggio dei giovani rispetto agli adulti, già riscontrato nel 2019, nel dominio Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, su tutti i sette indicatori per la fascia di età 14-24 e i due terzi degli indicatori per la fascia 25-34 (otto su 12). Anche gli indicatori del dominio Benessere economico segnalano un più forte vantaggio degli adulti, crescente rispetto al 2019, sia sui giovanissimi (da tre a cinque indicatori su sette) che sui giovani adulti (da sei a tutti gli otto indicatori). Al contrario entrambe le classi di giovani erano e sono in vantaggio sugli adulti sui domini Benessere soggettivo, Qualità dei servizi e Istruzione e formazione.

Molti indicatori del mercato del lavoro indicano condizioni migliori degli adulti e una forte polarizzazione tra generazioni. Ma vediamo alcune voci nel dettaglio.

Salute

L’eccesso di mortalità connesso alla diffusione della pandemia ha comportato nel 2020 una riduzione della speranza di vita alla nascita di oltre un anno di vita (82,1 anni rispetto agli 83,2 del 2019), solo parzialmente recuperata nel 2021 (82,5 anni) e nel 2022 (82,6). Nel 2022, il gap di genere ritorna al livello pre-pandemico (4,3 anni), dopo aver subito un ampliamento nei due anni precedenti.
L’analisi territoriale mette in evidenza come, nel 2022, nessuna regione sia tornata ai livelli di vita media attesa del 2019; soltanto alcune regioni hanno in buona parte recuperato gli anni di vita persi durante il biennio di pandemia. Complessivamente, le variazioni nella speranza di vita registrate tra il 2020 e il 2022 modificano molto poco la geografia della vita media attesa, consolidando le ben note disuguaglianze territoriali che vedono la Campania con la più bassa speranza di vita alla nascita (80,9 anni), quasi tre anni in meno rispetto a Trento (84 anni).
Nel 2022, la speranza di vita in buona salute si stima pari a 60,1 anni. L'andamento di questo indicatore ha segnato un punto di rottura dopo la pandemia per gli opposti andamenti delle due componenti dell'indicatore (speranza di vita e prevalenza della buona salute percepita), facendo registrare sia nel 2020 che nel 2021 valori superiori rispetto al 2019 (era pari a 58,6 anni). L'andamento è dovuto al picco di aumento della quota di persone che aveva valutato positivamente le proprie condizioni di salute nel contesto della pandemia. Permane il divario di genere a vantaggio degli uomini, con oltre due anni di differenza (61,2 e 59,1 rispettivamente per uomini e donne).
Nel 2022, l'indice di salute mentale risulta pari a 69, in leggero miglioramento sia rispetto al 2021 sia rispetto al 2019 (68,4 in entrambi gli anni). “L'analisi per età mette in luce, tuttavia, il forte contraccolpo in termini di benessere psicologico subito negli ultimi due anni dai più giovani – afferma l’Istat -, specialmente dalle ragazze, tra le quali l'indicatore si mantiene su valori peggiori rispetto al periodo pre-Covid, sia nella fascia di età 14-19 anni sia, in maniera ancora più critica, in quella 20-24”.

Tra gli indicatori di mortalità per causa si evidenzia, nel 2020, un peggioramento di quello relativo alla mortalità per demenze e malattie del sistema nervoso nella popolazione anziana (passato da 34 per 10 mila abitanti del 2019 a 35,7 del 2020), confermando il trend in negativo già registrato negli anni precedenti. Si osserva, inoltre, l’arresto del progressivo miglioramento osservato fino al 2019 dell’indicatore di mortalità evitabile (era pari a 15,5 per 10 mila residenti nel 2019 e si attesta a 16,5 nel 2020).
Nel 2021, si conferma la riduzione della mortalità per incidenti stradali dei giovani di 15-34 anni (con l’indicatore pari a 0,6 per 10 mila residenti, rispetto a 0,7 per 10 mila residenti del periodo 2013-2019), già sperimentata nel 2020 (0,5) per effetto delle restrizioni agli spostamenti per contenere la diffusione della pandemia.
Nel 2022, è pari al 36,3% la quota di persone sedentarie, che dichiarano cioè di non svolgere né sport né attività fisica nel tempo libero. L’indicatore mostra un significativo peggioramento rispetto al 2021 (quando era pari al 32,5%) e si riallinea, invece, ai livelli registrati nel biennio pre-pandemico 2018-2019.
Nel 2022, è pari al 16,8% la quota di popolazione di tre anni e più che ha consumato giornalmente almeno quattro porzioni di frutta e/o verdura, in continua diminuzione negli ultimi anni (sfiorava il 20% nel periodo 2015-2018).
Sempre nel 2022, è pari al 20,2% la quota di fumatori di 14 anni e più, in aumento rispetto al 2019 (18,7%). L’abitudine al fumo è più diffusa tra gli uomini rispetto alle donne (24,2% contro 16,3%). Nel tempo, l’aumento del numero di donne fumatrici determina una riduzione di tale distanza (era pari a 11,2 punti percentuali nel 2010 e arriva a 7,9 punti percentuali nel 2022). Gli incrementi osservati tra il 2021 e il 2022 hanno però riguardato essenzialmente gli uomini (+1,1 punti percentuali rispetto a +0,3 delle donne), torna dunque ad ampliarsi il gap di genere.
L’abitudine al consumo a rischio di bevande alcoliche ha interessato nel 2022 il 15,5% della popolazione di 14 anni e più. Ritorna così al livello del 2019 (quando era pari al 15,8%), dopo l’aumento di circa 1 punto percentuale registrato tra il 2019 e il 2020 e la successiva diminuzione nel 2021 (-2 punti percentuali). L’aumento nella quota dei consumatori a rischio osservato nel 2022 ha riguardato esclusivamente l’incremento dell’abitudine al binge drinking cresciuta soprattutto tra i ragazzi e gli adulti di 14-44 anni (dal 10,4% del 2021 all’11,7% del 2022).

Istruzione

Nel triennio 2020-2022, il 29,5% dei bambini tra 0 e 2 anni frequenta i servizi per l’infanzia (1,5 punti percentuali in più rispetto al 2019-2021). Nonostante i progressi l’inclusione continua ad essere più elevata nelle regioni del Nord-est (35,2% dei bambini di 0-2 anni iscritti agli asili nido) e del Centro (32,2%), scende al 20,7% al Sud.
Arrivati all’età di 4-5 anni, la quasi totalità dei bambini è inserita nei percorsi educativi; tuttavia, nell’anno scolastico 2020/2021, la quota di bambini che ha frequentato la scuola dell’infanzia o il primo anno di scuola primaria è leggermente scesa fino al 92,8% (era 95,9% nel 2019/2020), dato che tocca il 96,6% al Sud e scende al 90,7% nel Centro.
Nel 2022, il 63% delle persone di 25-64 anni ha almeno una qualifica o un diploma secondario superiore (+0,3 punti percentuali rispetto al 2021) rispetto a una media europea di circa il 79,5%. In Italia, tra le donne il 65,7% ha almeno un titolo secondario superiore; tra gli uomini, invece, la quota di diplomati è del 60,3%.
Sempre nel 2022, i giovani di 30-34 anni in possesso di un titolo di studio terziario sono il 27,4% in Italia, in crescita rispetto all'anno precedente (26,8%) soprattutto tra gli uomini. L’Italia rimane tuttavia ancora lontana dalla media dei paesi dell’Unione europea, dove la quota di coetanei/e laureati o con titoli terziari supera il 42%.
In Italia, nel 2020, nonostante sia maggiore l’incidenza di donne tra quanti hanno conseguito un titolo di studio terziario (58,4%), il vantaggio femminile si perde nelle discipline scientifico-tecnologiche, le cosiddette discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). La quota di titoli terziari STEM sulla popolazione di 20-29 anni si attesta al 19,6 per mille per gli uomini e al 13,2 per mille per le donne, entrambi al di sotto della media europea.
Nel 2021, poco meno della metà delle persone di 16-74 anni che hanno usato internet negli ultimi tre mesi ha competenze digitali almeno di base. La quota sale al 61,7% tra i giovani di 20-24 anni e decresce rapidamente con l’età, per arrivare al 17,7% tra le persone di 65-74 anni.
Nell’anno scolastico 2021/2022 le competenze dei ragazzi della classe terza della scuola secondaria di primo grado non recuperano dopo il peggioramento degli anni di pandemia. La quota di coloro che non hanno raggiunto un livello di competenza almeno sufficiente (i low performer) è del 38,6% per la competenza alfabetica (era 35,2% nel 2018/2019) e del 43,6% per quella numerica (era 39,6% nel 2018/2019).
Nel 2022, per l’11,5% dei giovani tra 18 e 24 anni, il percorso formativo si è interrotto con la licenza della scuola secondaria di primo grado, dato in miglioramento rispetto all’anno precedente (12,7%). Permane un gap di genere a svantaggio dei ragazzi, che lasciano la scuola più spesso (13,6% contro il 9,1% delle ragazze).
Migliora anche la percentuale di giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo e non impegnati in un’attività lavorativa, i NEET (Neither in Employment nor in Education and Training). Sul totale dei 15-29enni la quota di NEET è pari al 19,0%, in calo rispetto al 2020 (23,7%) e al 2021 (23,1%), anni in cui l’impatto della pandemia sull’occupazione giovanile è stato particolarmente accentuato.
Le graduali riaperture al pubblico dei luoghi della cultura avvenute nel corso del 2021 hanno permesso la ripresa del livello di partecipazione culturale fuori casa che, nel 2022, si attesta al 23,1%, valore di quasi tre volte superiore a quello dell’anno precedente, ma ancora distante dal livello pre-pandemico (-12 punti percentuali rispetto al dato del 2019).
Nel 2022, l’indicatore che monitora la lettura di libri e/o quotidiani si attesta al 35,9% (-0,7 punti percentuali rispetto all’anno precedente), in linea con il trend negativo osservato dal 2010, quando le persone di sei anni e più che leggono quattro o più libri all’anno e/o leggono quotidiani erano il 44,4%. Nel 2022, in particolare, a ridursi è la quota di coloro che leggono almeno quattro libri nell’anno (-1,1 punti percentuali), mentre la lettura di quotidiani almeno tre volte a settimana rimane stabile al 22,8%.
Nel 2022, la quota di utenti delle biblioteche si attesta al 10,2%, recuperando quasi tre punti percentuali rispetto all’anno precedente, ma ancora distante dal livello pre-pandemico (-5,1 punti rispetto al 2019).

Lavoro

Nel 2022, il mercato del lavoro mostra un generale miglioramento rispetto all’anno precedente: gli occupati di 20-64 anni aumentano di 538 mila unità (+2,5% rispetto al 2021), il tasso di occupazione aumenta e supera i livelli del 2019 recuperando pienamente il crollo registrato nel 2020 (tra le persone di 20-64 anni è il 64,8%; +2,1 punti percentuali rispetto al 2021). Tra i giovani (20-34 anni), il tasso di occupazione è pari al 56,2% e registra la crescita più intensa (+3,5 punti sul 2021), superando i livelli pre-pandemia (era 53,3% nel 2019).
Diminuisce il numero di persone in cerca di occupazione (-339 mila; -14,3%) e quello di coloro che sono disponibili a lavorare ma non hanno cercato lavoro (-623 mila; -20,5%). Il tasso di mancata partecipazione registra una forte riduzione con il valore più basso nel quinquennio 2018-2022 (16,2%; -3,2 punti percentuali rispetto al 2021).
Nel 2022, i lavoratori a termine (dipendenti a tempo determinato e collaboratori) aumentano del 4,6% (3,3 milioni; +146 mila). L’aumento riguarda quasi esclusivamente gli occupati con lavoro a termine da meno di cinque anni (+5,3%) e solo marginalmente quanti lo svolgono da cinque anni e più (+1,3%). Il rapporto tra gli occupati con lavoro a termine da almeno cinque anni nell’attuale lavoro e il totale dei lavoratori a termine è pari al 17%, in flessione di mezzo punto rispetto al 2021.

Circa un occupato su quattro possiede un titolo di studio superiore a quello più frequente per svolgere la propria professione. Il fenomeno della sovraistruzione è più diffuso tra le donne (28,1%), e soprattutto tra gli occupati nelle professioni del commercio e servizi (43,7%) e nel settore dei Servizi alle famiglie (42,4%). Diminuisce la quota di quanti lavorano part time perché non sono riusciti a trovare un lavoro a tempo pieno (10,2% del totale degli occupati; -1,1 punti rispetto al 2021). Sebbene la riduzione sia più marcata tra le donne (-1,4 punti rispetto al 2021), permane la netta caratterizzazione femminile del fenomeno (16,5% rispetto al 5,6% degli uomini).
Tra le donne di 25-49 anni è in aumento sia il tasso di occupazione delle donne con figli tra 0 e cinque anni, sia il tasso di occupazione delle donne senza figli; il rapporto tra questi due tassi è pressoché stabile rispetto all’anno precedente e a livello nazionale è pari a 72,4 (un valore dell’indicatore pari a 100 indicherebbe l’uguaglianza tra i due tassi).
Sempre nel 2022, il 12,2% degli occupati ha svolto lavoro da casa nelle quattro settimane precedenti l’intervista; tale valore, pur essendo in diminuzione rispetto agli anni della pandemia, rimane oltre due volte e mezzo i livelli del 2019.
Tra le persone che hanno svolto lavoro da casa nei tre mesi precedenti l’intervista, il 34,6% si ritiene molto soddisfatto di questa modalità lavorativa, il 45% abbastanza soddisfatto e solo il 4,3% per niente soddisfatto. Per chi continua a lavorare da casa, il vantaggio maggiormente dichiarato consiste nella possibilità di conciliare lavoro/casa/famiglia (42,9%). Tra i principali vantaggi vengono anche menzionati il risparmio economico (35,9%) e la maggiore autonomia (35,2%).

Benessere economico

Nel 2022, il reddito lordo disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato rispetto all’anno precedente. “Il forte aumento della spesa per consumi finali ha rafforzato il trend di discesa della propensione al risparmio, che è scesa a livelli inferiori rispetto al periodo pre-pandemico”, sottolinea tuttavia l’Istat.
L’indice di disuguaglianza del reddito netto aumenta lievemente nel 2020 rispetto all’anno precedente (5,8 contro 5,7 del 2019). “Il valore registrato è stato l’effetto delle misure di sostegno introdotte con l’avviarsi della pandemia (trasferimenti emergenziali e reddito di cittadinanza); senza il sostegno introdotto la stima dell’indice di disuguaglianza sarebbe stata pari a 6,9”, si afferma.
Nonostante nel primo anno della pandemia il reddito delle famiglie sia tornato a ridursi rispetto all’anno precedente sia in termini nominali (-0,9%) sia in termini reali (-0,8%), il rischio di povertà, pari al 20,1%, rimane sostanzialmente stabile rispetto al 2019. Nel 2020, resta stabile anche l’indicatore di sovraccarico del costo dell’abitazione che rappresenta un peso difficilmente sostenibile per il 7,2% della popolazione.
“La pandemia modifica in misura significativa il modo in cui le famiglie percepiscono la propria condizione economica, tanto da invertire il trend positivo che si era registrato negli anni precedenti per alcuni indicatori: la quota di coloro che dichiarano di aver visto peggiorare la propria situazione economica rispetto all’anno precedente, pari al 25,8% nel 2019, cresce nei due anni di pandemia e continua ad aumentare nel 2022, fino ad arrivare al 35,1%, livello mai raggiunto in precedenza. Andamento analogo si osserva per la quota di persone che dichiarano di arrivare a fine mese con grande difficoltà, in aumento dall’8,2% nel 2019 al 9,1% nel 2021”.
Negli anni precedenti la crisi pandemica, risultava in diminuzione la quota di individui che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (ovvero con componenti tra i 18 e i 59 anni che hanno lavorato meno di un quinto del tempo), che ha portato l’indicatore a contrarsi fino al 10% nel 2019. Nel 2020 l’andamento positivo si arresta e la percentuale di individui che vivono in tale condizione sale all’11% e continua a salire nel 2021 (11,7%).

Relazioni sociali

La soddisfazione per le relazioni familiari e amicali, stabile nel primo anno di pandemia e in peggioramento nel 2021, riprende a crescere nel 2022: il 32,6% delle persone di 14 anni e più si dichiara molto soddisfatta per le relazioni familiari e il 21,6% per quelle amicali. Tuttavia, la crescita non compensa totalmente le perdite registrate durante la pandemia.
Nel 2022, la soddisfazione per le relazioni familiari e amicali presenta differenze di genere contenute a favore degli uomini; più accentuate, invece, sono le differenze per età. La soddisfazione per le relazioni familiari, infatti, è più alta tra i 14 e i 44 anni (tra il 35% e il 40%), per poi declinare nelle età successive, fino a toccare il 27,5% tra la popolazione di 60-64 anni; tale quota risale leggermente nella popolazione anziana (il 31,6% nella popolazione di 75 anni e più).
La soddisfazione per le relazioni con gli amici è più elevata tra i giovani di 14-19 anni (39,5%) e tra quelli di 20-24 anni (34,7%) che solitamente hanno una rete di amicizie più ampia. I livelli di soddisfazione per la rete amicale diminuiscono in modo marcato a partire dai 25 anni, per toccare il valore più basso nella popolazione anziana (13,4% nella fascia di 75 anni e più).
Nel 2022 la quota di popolazione di 14 anni e più che dichiara di avere parenti non conviventi, amici o vicini su cui contare in caso di bisogno continua ad essere molto alta (81%). Non si evidenziano differenze di genere, ma l’indicatore segue un andamento decrescente con l’età: è maggiore tra le persone di 14-54 anni (oltre l’82%), diminuisce dai 55 anni e tocca il valore più basso tra le persone di 75 anni e più, tra le quali la quota rimane comunque alta (72,4%).
La quota di popolazione che dichiara di svolgere attività di volontariato torna a crescere rispetto all’anno precedente, attestandosi nel 2022 all’8,3% (+1 punto percentuale); l’aumento non consente, tuttavia, di tornare ai livelli pre-pandemici (9,8% nel 2019). Il coinvolgimento nell’attività di volontariato non mostra differenze di genere, mentre rispetto all’età i livelli più alti si riscontrano tra i giovani di 20-24 anni e nella fascia d’età tra i 35 e i 74 anni (tra l’8% e il 9%); tra la popolazione di 75 anni e più si registra il livello più basso (5,2%).
È in diminuzione la fiducia che le persone sono disposte ad accordare ai loro concittadini verso i quali emerge una diffusa diffidenza: nel 2022 il 24,3% delle persone di 14 anni e più ritiene che gran parte della gente sia degna di fiducia. Questa flessione interrompe il trend crescente iniziato nel 2018 e che nel 2021 aveva toccato il valore più alto di tutta la serie storica (25,5%).
Nel 2022, il 25,4% della popolazione di 14 anni e più dichiara di aver svolto attività di partecipazione sociale, prendendo parte alle attività di associazioni di tipo ricreativo, culturale, politico, civico, sportivo, religioso o spirituale. Dopo il forte calo registrato nel biennio 2020-2021 a causa delle misure adottate per contrastare l’evolversi della pandemia, torna a crescere la quota di chi svolge attività di partecipazione sociale (+5,5 punti percentuali rispetto al 2021), ma con livelli decisamente al di sotto rispetto al 2019 (31,3%).
Nel 2022 il 63,5% della popolazione di 14 anni e più dichiara di aver svolto almeno un’attività indiretta di partecipazione civica e politica, in diminuzione rispetto al 2021 (64,9%). “Si osserva dunque un’inversione di tendenza rispetto all’andamento crescente iniziato nel 2020, quando la necessità di seguire l’evolvere delle disposizioni messe in atto per contrastare la diffusione della pandemia da Covid-19 aveva favorito la partecipazione civica e politica della popolazione. Nonostante il calo registrato nell’ultimo anno, la partecipazione civica e politica si mantiene comunque più elevata rispetto alla fase pre-pandemica (era il 57,9% nel 2019)”, rileva l’Istat.
La partecipazione civica e politica, meno diffusa tra i giovani (il 49,9% nella classe 14-19 anni nel 2022) registra un andamento crescente con l’età, raggiunge il massimo nella popolazione adulta (il 70,2% nella classe 60-64 anni) per poi diminuire fino al 56,2% tra gli over 74. Si osservano marcate differenze di genere a favore degli uomini, con 9,7 punti percentuali in più per gli uomini nel 2022: il 68,5% rispetto al 58,8% delle donne.

Benessere soggettivo

Nel 2022, si raggiunge la percentuale più elevata finora registrata di persone che si ritengono molto soddisfatte per la propria vita (46,2%). Allo stesso tempo si osserva uno dei valori più bassi della quota di persone che assegnano un punteggio insufficiente. Sostanzialmente quasi nove persone su 10 dichiarano di essere molto (punteggio tra 8 e 10) o sufficientemente (punteggio 6 o 7) soddisfatte.
La percentuale di quanti si dichiarano molto soddisfatti torna ad aumentare anche tra i giovani di 14-19 anni, raggiungendo il valore più alto (58,2%) tra quelli registrati fin dal 2010; si tratta dell’unico gruppo di popolazione che aveva registrato un calo tra il 2019 e il 2021.
La soddisfazione per il tempo libero mostra un consistente recupero (+9,1 punti percentuali) rispetto al crollo verificatosi nel 2021. Nel 2022, infatti, il 65,7% delle persone di 14 anni e più si dichiara molto o abbastanza soddisfatto per il tempo libero. Il recupero si registra in tutte le classi di età.
Diminuisce la percentuale di ottimisti e aumenta quella dei pessimisti. Nel 2022 la tendenza a un generale miglioramento che ha caratterizzato i due indicatori fin dal 2012 subisce, dunque, una brusca battuta d’arresto. Chi pensa che la propria vita migliorerà rappresenta il 29,4%, a fronte del 31,9% del 2021, e parallelamente aumenta per la prima volta la quota di quanti ritengono che la propria situazione peggiorerà nei prossimi cinque anni (12,9% nel 2022 rispetto al 10,2% nel 2021).
L’analisi territoriale mostra come il Nord-ovest abbia recuperato, rispetto agli anni della pandemia, la posizione di vantaggio rispetto al resto del Paese per tutti gli indicatori di benessere soggettivo. Relativamente al giudizio sulle prospettive future, la Sardegna è la regione che nel 2022 mostra la situazione più positiva, con la più alta percentuale di ottimisti circa il futuro (34,1%) e una tra le più basse di pessimisti (9,9%); al contrario, nelle Marche si osserva una delle più basse consistenze di ottimisti (25,3%) e la più alta proporzione di pessimisti (18,1%).

Qualità dei servizi

Nel 2022, dopo l’incremento osservato nei due anni di pandemia, la quota di persone che ha dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie ritenute necessarie scende al 7%, tornando quasi ai livelli del 2019 (6,3%, era 7,2% nel 2018). “Permangono, tuttavia, delle criticità – afferma l’Istat -, poiché si osserva l’aumento della quota di quanti rinunciano alle prestazioni a causa delle lunghe liste d'attesa, che diventa il motivo più frequentemente dichiarato (il 4,2% della popolazione), a fronte di una riduzione della quota di chi rinuncia per motivi economici (era 4,9% nel 2019 e scende al 3,2% nel 2022)”.
Nel 2021, 407 mila anziani di 65 anni e più, pari al 2,9%, hanno usufruito di Assistenza Domiciliare Integrata, e la quota sale al 4,8% considerando la popolazione di 75 anni e più. In alcune regioni, prosegue l’aumento del ricorso alle cure domiciliari, iniziato nel 2020: tra queste il Lazio, il Veneto (+0,5 punti percentuali) e l’Abruzzo (+0,4 punti percentuali).
L’Italia è ancora lontana dal raggiungimento della connettività gigabit per tutte le famiglie, ma ha fatto un notevole passo avanti: nel 2022, infatti viene superata la soglia del 50% delle famiglie che abitano in una zona servita dalla connessione veloce a Internet (VHCN). Permangono, tuttavia, evidenti differenze territoriali, con un range che va dal 58,4% del Centro al 50,7% del Nord-est.
Nel 2021, l'obiettivo del 65% di raccolta differenziata è stato raggiunto da 5.265 comuni su 7.903: il 58,7% della popolazione risiede in uno di questi comuni, ma il servizio non è uniforme sul territorio. Sono le regioni del Nord ad essere più avanti con il 71,7% delle persone residenti in comuni che hanno raggiunto l’obiettivo; seguono quelle del Centro (50%), mentre le maggiori difficoltà si registrano nel Mezzogiorno dove tale quota è pari al 45,8%.
Per quanto riguarda i servizi di mobilità, l’11,8% delle persone di 14 anni e più, nel 2022, li ha utilizzati assiduamente, dopo la riduzione avvenuta nel 2020. “L’indicatore ha ripreso a crescere, dunque, ma non è ancora tornato ai livelli del periodo pre-pandemico, probabilmente anche a seguito dell’incremento dello smart working che ha comportato a una riduzione degli spostamenti casa-lavoro e un cambiamento di abitudini a vantaggio, ad esempio, di spostamenti a piedi per i tratti brevi”.
Le famiglie che dichiarano irregolarità del servizio idrico, nel 2022, sono il 9,7%, dato pressoché stabile nell’ultimo triennio. Permangono forti differenze territoriali: si passa dal 3,4% del Nord, al 7% del Centro per arrivare al 18,6% del Sud e al 26,7% delle Isole. Da sempre le situazioni più critiche sono registrate dalle famiglie della Calabria (45,1%) e della Sicilia (32,6%), dove si registra un serio problema infrastrutturale della rete idrica, che causa una costante scarsa qualità dell’offerta del servizio.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)