Italia o… Kansas?. L'aumento di tornado e trombe d'aria nel nostro Paese

Rispetto ad altre regioni nel mondo, i vortici italiani sono generalmente più deboli, ma non mancano i tornado veri e propri.

Italia o… Kansas?. L'aumento di tornado e trombe d'aria nel nostro Paese

Tornado, trombe d’aria e affini: l’Italia come la Tornado Alley degli Usa? Beh, non proprio, ma… siamo sulla buona strada! Attualmente, infatti, sono circa un centinaio le perturbazioni di questa specie – tra trombe d’aria e tornado – che colpiscono ogni anno il nostro Paese. Le aree in cui si verifica il maggior numero di eventi riguardano il Veneto, il Salento e la costa tirrenica tra Toscana e Lazio; in quest’ultima in particolare, la densità di tali fenomeni registrata è tra le più elevate al mondo e, purtroppo, pare destinata ad intensificarsi nei prossimi anni.

Così almeno risulta da una recente ricerca di Mario Marcello Miglietta, ricercatore dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (CNR-ISAC) e docente all’Università del Salento; insieme al collega Ioannis Matsangouras, del servizio meteorologico greco (anche la Grecia è particolarmente interessata da questi eventi), Miglietta ha potuto raccogliere ed analizzare i dati di ogni tipo di vortice che si è verificato negli ultimi dieci anni nel Mediterraneo e sul nostro territorio.

E’ bene anzitutto distinguere i tipi di fenomeno in questione. “Tornado e trombe d’aria – spiega lo stesso Miglietta – sono spesso usati come sinonimi, ma in realtà non lo sono. La differenza è nelle dimensioni: i tornado hanno un diametro di qualche centinaio di metri e percorrono anche diverse decine di chilometri prima di dissolversi; le trombe d’aria, invece, hanno un diametro non superiore a un centinaio di metri e una forza distruttiva molto inferiore”. Ci sono poi le trombe marine, che nascono in mare e sono simili alle trombe d’aria, ma che possono intensificarsi se e quando raggiungono la terraferma. E infine, anche se più rari, i cosiddetti “diavoli di fuoco”, che si formano in seguito alla risalita di aria rovente prodotta da incendi di grandi dimensioni.

Come è facile intuire, la differenza di forza e di capacità distruttiva di questi fenomeni dipende dal modo in cui si formano. Quelli più intensi nascono in condizioni di forte instabilità: tipicamente, aria calda e umida vicina al suolo, aria più fredda in quota e vento in rotazione. Sono queste le condizioni che, all’interno di un temporale, possono dare origine ad un grande vortice d’aria – chiamato mesociclone -, il cui diametro può misurare anche alcuni chilometri. Solitamente, è al suo interno che nascono i tornado.

Più semplice, invece, il meccanismo che dà origine alle trombe d’aria (incluse le trombe marine più deboli), ovvero lo scontro tra venti che provengono da direzioni differenti. “Le trombe marine – commenta Miglietta – si sviluppano principalmente d’estate e in autunno, dopo che le temperature del mare sono salite nei mesi più caldi. La densità media in Italia è di quasi un evento l’anno ogni 100 km di costa”. Peraltro, non sono rari i casi in cui sono stati osservati anche più vortici formarsi simultaneamente nella stessa area (ad esempio, il 23 giugno 2013, in prossimità dell’Istria sono comparse ben sei trombe marine tutte insieme!).

Rispetto ad altre regioni nel mondo, i vortici italiani sono generalmente più deboli, ma non mancano i tornado veri e propri. Negli ultimi dieci anni, infatti, ne sono stati osservati almeno 24 con intensità uguale o superiore alla categoria 2 della scala EF (Enhanced Fujita), graduata da 0 a 5. Oltre a quello che colpì Taranto (classif. EF3) nel 2012, ve ne fu uno nel 2015 che interessò Mira e Dolo (Venezia), che fu classificato EF4, cioè con venti che superarono i 267 Km/h! Volgendo lo sguardo al passato, poi, va ricordata anche la “Tromba del Montello”, che il 24 luglio 1930 interessò Volpago del Montello (Treviso). L’evento – a posteriori classificato come EF5, con raffiche che toccarono i 500 km orari! – percorse 80 Km in 84 minuti, prima di dissolversi. Purtroppo, questo “mostro” lasciò dietro di sé ben 23 vittime e danni ingentissimi.

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? “Dieci anni di rilevamenti statistici – osserva Miglietta – sono pochi per trarre conclusioni, ma non sembra che sia in corso un aumento del numero di eventi. I valori sono rimasti più o meno costanti, anche se in alcuni anni è stata registrata un’attività più intensa. Come nel 2014, quando furono osservati 76 tra tornado e trombe d’aria sulla terraferma, contro una media di 37”.

Del resto, un precedente studio del 2017 (pubblicato su Scientific Reports), sempre coordinato da Miglietta, aveva già evidenziato come una variazione di temperatura delle acque di superficie del Mediterraneo anche solo di 1 °C potrebbe far aumentare in modo significativo l’intensità dei temporali e dei tornado. “Nel caso del tornado di Taranto del 2012 – aggiunge il ricercatore italiano – abbiamo appurato che la temperatura del Mar Ionio era, nel momento in cui si è formato, più calda della media di 1 °C, e questo ha fatto intensificare il temporale da cui si è poi generato il vortice”. Dunque, è ormai un dato acclarato che l’aumento della temperatura del mare possa far aumentare l’intensità degli eventi, ma non la loro frequenza.

Un’ultima osservazione. Gli studiosi suggeriscono, comunque vadano le cose in futuro, l’importanza di riuscire a sviluppare sistemi che permettano di prevedere l’evoluzione di un tornado, cosa tutt’altro che facile. Negli Usa, ad esempio, dove esistono canali tv dedicati, i meteorologi riescono a prevedere il percorso di un tornado con appena una decina di minuti di anticipo: poco, forse, ma spesso sufficiente per permettere alla popolazione di mettersi al riparo. “Purtroppo – conclude Miglietta – solo in pochi Stati europei esistono procedure di allerta simili; visti i danni che possono causare, sarebbe opportuno un maggiore interesse”. E speriamo che il vento… soffi dalla parte giusta!

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Fonte: Sir