Italiani tentati dalla democrazia diretta: stima verso (alcuni) "corpi intermedi”

I risultati dell'indagine Ipsos sui “corpi intermedi”. Sono delusi per la lentezza delle decisioni nelle istituzioni e per i costi della politica. Non sono invece preoccupati per le conseguenze dei provvedimenti anticovid sulla tenuta della democrazia. Fiducia nelle associazioni di volontariato, poca stima verso fondazioni bancarie, cooperative e sindacati

Italiani tentati dalla democrazia diretta: stima verso (alcuni) "corpi intermedi”

Il 56,2% degli italiani sono delusi della democrazia nel Belpaese. E il 78,7% è tentato dal fascino della democrazia diretta. Stima e riconoscimento invece verso una parte “corpi intermedi”, come le associazioni di volontariato, mentre scarsa considerazione verso i sindacati. Sono questi alcuni degli aspetti salienti dell'indagine condotta da Ipsos per Fondazione Astrid e Fondazione per la Sussidiarietà, presentata oggi a Roma nella sede del Cnel. Un'indagine che ha coinvolto un campione di 2mila persone, rappresentativo della popolazione adulta, 10 “opinion leader” e figure apicali nel panorama dei Corpi Intermedi (associazioni imprenditoriali, sindacati, cooperative, fondazioni bancarie, associazioni) e un gruppo 50 di volontari di associazioni.

I delusi della politica sono soprattutto coloro che si collocano politicamente a destra, chi dichiara un interesse molto basso per la politica, chi si informa esclusivamente sul web. In generale, sono soprattutto la lentezza dei processi decisionali (26,8% degli intervistati) e il costo economico percepito per il mantenimento delle istituzioni rappresentative (20%) a causare un giudizio negativo sulla democrazia in Italia.

L’emergenza Coronavirus aggiunge altri motivi di delusione. “Il giudizio sul comportamento delle forze politiche in questa critica vicenda è decisamente negativo -scrivono i ricercatori-: più di due italiani su tre ritengono che gli attori politici non stiano mostrando senso di responsabilità e compattezza di fronte alle sfide di questi mesi”. Quanto all’impatto dell’emergenza sanitaria, un’ampia maggioranza (70,7%) si dichiara non preoccupata per la tenuta democrazia italiana. Una convinzione che è più forte tra gli elettori di centrosinistra e tra gli anziani. L’elemento più critico posto dall’emergenza è senza dubbio rappresentato dalle conseguenze economiche del lockdown e dalle tensioni sociali che una crisi duratura e un aumento della disoccupazione potrebbero acuire (62,3%).

Più di un terzo degli italiani si dichiara socialmente attivo: iscritto ad almeno un corpo intermedio tra associazioni, sindacati (le voci più frequenti), ordini professionali, movimenti, partiti o associazioni imprenditoriali. Tra le associazioni, prevalgono quelle attive in ambito sociale e culturale. I tassi di partecipazione sono sensibilmente più alti tra alcune categorie specifiche: più benestanti e istruiti, vicini alla religione o collocati politicamente a sinistra. La partecipazione è invece minore tra le casalinghe, gli studenti, i disoccupati e coloro che si dichiarano non interessati alla politica. La vita associativa ha subito senza dubbio gli effetti del lockdown: 4 intervistati su 10, tra quelli socialmente attivi, registrano un’interruzione totale delle attività del loro gruppo, mentre un altro 16% dichiara che le attività sono proseguite solamente in minima parte.

Il rapporto degli italiani con la politica è caratterizzato da un forte interesse. Due terzi degli italiani indicano un interesse almeno discreto (voti da 6 in su), con punte più alte tra le persone più benestanti, chi si colloca politicamente a sinistra e i pensionati. È consistente anche l’attivismo politico sui social: quasi un italiano su due dichiara di discutere di politica su questi canali. Le competenze degli italiani in materia sono tuttavia precarie: se è vero che una buona maggioranza riesce ad attribuire correttamente i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario a parlamento, governo e magistratura (56,9%), quando si entra in ambiti più specifici le lacune emergono.

La reazione del Paese all’emergenza Coronavirus non entusiasma né delude. Quattro intervistati su 10 ritengono che la coesione sociale si sia dimostrata adeguata di fronte all’emergenza, ma una quota del tutto analoga la pensa in maniera opposta (il restante 20% non si esprime). Giudizi più positivi sono espressi in particolare dalle persone che si collocano politicamente nel centrosinistra o al centro, dai più benestanti e istruiti, credenti e interessati alla politica. Decisamente più critica la visione dei ceti più marginali, di chi si informa esclusivamente sul web, di chi non è interessato alla politica, non si colloca sull’asse destra-sinistra oppure si colloca a destra.

“La visione degli italiani sui Corpi Intermedi presenta luci ed ombre, sia in termini di fiducia accordata sia rispetto alla percezione della loro importanza, di come questa è cambiata negli ultimi anni e di come è destinata a cambiare in futuro”, sottolineano i ricercatori. Il 72% ha fiducia nelle associazioni di volontariato, il 68% nelle associazioni dei consumatori, mentre si scende sotto il 50% degli intervistati per le fondazioni bancarie, le cooperative, i sindacati e i partiti politici.

Le associazioni di volontariato godono quindi della visione più favorevole da parte della popolazione, sia in termini di fiducia che di (trend della) rilevanza. Ma quali dovrebbero essere i loro compiti? Gli italiani hanno le idee abbastanza chiare in materia, soprattutto in visione della fase di uscita dall’emergenza Covid-19 e di ripartenza economica. È fondamentale l’assistenza agli anziani e soprattutto (e lo sarà sempre più) quella alle famiglie in difficoltà. Se oggi o in passato altre funzioni fondamentali sono state l’assistenza ai disabili o alle donne vittime di violenza, i prossimi mesi mettono al centro le esigenze economiche e quindi anche il sostegno alla ricerca di un lavoro. “La fiducia nel mondo associazionistico è probabilmente collegata anche alla pluralità delle voci al suo interno -sottolineano i ricercatori- Su questo gli italiani, e ancor più quelli socialmente attivi, non sembrano preoccupati dal rischio della frammentazione e della dispersione delle risorse. Muovendosi da un’impostazione più particolaristica, respingono sia l’idea che il pluralismo generi inefficienze sia (benché con minor nettezza) l’ipotesi di un coordinamento unico a livello settoriale per le associazioni”.

Allargando la visione dalle associazioni di volontariato alla generalità dei Corpi Intermedi, la loro funzione principale, secondo gli italiani, dovrebbe essere il contributo alla crescita e al benessere sociale del Paese, seguita dalla supplenza alle carenze di politiche e servizi pubblici. Una visione condivisa anche dagli intervistati socialmente attivi, che sottolineano relativamente di più anche la promozione della cultura della collaborazione e della partecipazione dal basso.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)