Kashmir. Ahmad (giornalista pakistano): “Si profila uno scenario pericoloso”

In Kashmir "la situazione è tragica e c’è molta paura. Tra qualche mese cominceranno le operazioni per rendere la regione più controllabile dal governo centrale indiano. Con il coprifuoco la gente non esce di casa e non va al lavoro, le scuole sono chiuse. Il grande problema sarà il reperimento di cibo ed acqua, migliaia di turisti sono andati via". Ne parla al Sir il giornalista pakistano Ejaz Ahmad, commentando la decisione del governo dell'India di revocare lo statuto speciale del Kashmir, a maggioranza musulmana. Un appello per aiutare il popolo kashmiro

Kashmir. Ahmad (giornalista pakistano): “Si profila uno scenario pericoloso”

La revoca dello statuto speciale del Kashmir da parte del governo del premier indiano Narendra Modi e del suo partito nazionalista indù, il Bharatiya janata party (Bjp) è “uno scenario pericoloso per il mondo”.  Si rischia l’inasprirsi della tensione tra Pakistan e India, il terrorismo e la ghettizzazione delle minoranze che vivono in India, cristiani compresi. E’ l’analisi del giornalista pakistano Ejaz Ahmad, che ha lanciato in questi giorni una petizione su Change.org per chiedere di aiutare il popolo kashmiro. Il 5 agosto il governo di Modi ha deciso, con un atto di forza, di abolire le disposizioni costituzionali dell’articolo 370 introdotte 52 anni fa, che concedevano una sorta di semi-autonomia al Kashmir, unica regione indiana a maggioranza musulmana da tempo contesa con il vicino Pakistan. In Kashmir si parla in urdu, l’identità culturale è più pakistana. Lo statuto speciale permetteva al Kashmir di avere un governo locale, nonostante da trent’anni si combatta un conflitto a bassa intensità, con il più massiccio dispiegamento di forze militari al mondo (oltre 500.000 soldati) per controllare il territorio e migliaia di persone morte negli scontri. In questa bella regione montagnosa famosa per il lago Dal, gli orti galleggianti e le houseboats, sono stati segnalati numerosi soprusi ed episodi di repressione da parte dell’esercito indiano, che ha disseminato su tutto il territorio i propri check point. Con questa mossa politica, che rischia di avere conseguenze pesante, il governo di Delhi ha inoltre abolito il divieto di acquisto di proprietà immobiliari per i non residenti, aprendo la via agli investimenti e ai trasferimenti dei cittadini indiani. Il Pakistan ha già condannato la decisione, anche la Cina e le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazioni. Intanto in questi giorni a Srinagar e nel resto del Kashmir è stato imposto il coprifuoco. Per evitare manifestazioni e rivolte il governo centrale ha interrotto le linee telefoniche ed internet. Giorni prima erano stati arrestati diversi politici locali.

Nonostante il blocco delle comunicazioni che notizie ci sono sulla situazione in Kashmir?

Arriva qualche notizia dal Pakistan, dicono che la situazione è tragica e c’è molta paura. Tra qualche mese quando si calmeranno le acque cominceranno le operazioni per cambiare il Kashmir con gli insediamenti esterni, per rendere la regione più controllabile dal governo centrale indiano. Con il coprifuoco la gente non esce di casa e non va al lavoro, le scuole sono chiuse. Il grande problema sarà il reperimento di cibo ed acqua, migliaia di turisti sono andati via. Il Kashmir aveva uno statuto di semi-libertà e semi-autonomia, ora tolta la clausola 370 hanno paura che succeda come in Palestina. Potrebbero usare la strategia delle colonie come gli israeliani, perché l’esercito indiano finora non è riuscito a calmare la situazione.

Anche i non residenti in Kashmir, quindi indù, potranno comprare le terre e i kashmiri perderanno l’autonomia. Questi fatti rischiano di scatenare la guerra tra India e Pakistan, perché il 25-30% del Kashmir è in territorio pakistano, una regione contesa da decenni. Alcuni leader kashmiri e la governatrice sono stati arrestati, molti cominciano a pensare che sarebbe meglio stare con il Pakistan perché la democrazia indiana è messa in discussione dall’avanzata dell’estrema destra indù, che per la seconda volta ha stravinto alle elezioni di maggio scorso.

Cosa sta succedendo all’India, una delle più grandi democrazie al mondo in termini numerici?

L’India rischia di vedere il suo premier Narendra Modi diventare un dittatore. Il Congress party, il partito di Sonia Gandhi, ha avuto poco potere per bloccare questo provvedimento. Le dinamiche di estrema destra sono uguali ovunque: avere un nemico.

E quando c’è l’ignoranza alla base è facile. Il fondamentalismo induista è di stile fascista e nazista. Perciò sta iniziando un processo di ghettizzazione delle minoranze: musulmani, cristiani, buddisti. Il grande sogno indiano del Congress party si sta frantumando davanti ai nostri occhi, in seguito all’avvento in tutto il mondo delle destre. C’è il rifiuto di sognare una società multiculturale. E’ un segnale forte e chiaro della volontà di un’India solamente induista.

Musulmani, cristiani e altre minoranze religiose devono avere pochi diritti, nonostante la Costituzione indiana sia laica. I fondamentalisti vorrebbero togliere dalla bandiera indiana perfino il cerchio, un simbolo che viene dal buddismo.

In Kashmir su 14 milioni di abitanti 9 milioni sono musulmani ma in tutta l’India i musulmani sono 200 milioni, su 1 miliardo e 340 milioni di persone di abitanti. Si rischiano ulteriori tensioni?

E’ uno scenario pericoloso per il mondo. Il rischio è la guerra e il terrorismo.

In Kashmir sono già presenti mezzo milione di soldati indiani per controllare il territorio ma l’odio e il rancore possono crescere ancora di più e sfociare nel terrorismo. Abbiamo già visto le persecuzioni dei musulmani Rohingya in Myanmar, con 1 milione di persone in fuga verso il Bangladesh. In Europa abbiamo paura delle migrazioni, cosa succederebbe se andassero via 200 milioni di musulmani dall’India? Ma fa più paura il fatto che Pakistan e India hanno la bomba atomica e l’esercito indiano è ricco e numeroso ma anche l’esercito pakistano è molto preparato e potrebbe fare una guerra contro l’India. Nel mondo musulmano c’è un risentimento molto forte per quanto sta accadendo.

Si può fare qualcosa per il dialogo? Anche i cristiani in India sono minoranza.

Le minoranze sono scettiche e hanno paura.  Con il governo Modi non c’è mai stato dialogo. L’Onu è molto preoccupata perché se non questo statuto speciale non viene rispettato si rischiano nuove rivolte anche nell’India del sud, con i marxisti nello Stato interno del Tamil Nadu. Anche i Sikh volevano l’autonomia. E’ una situazione pesante. Nel sud dell’India cristiani e musulmani sono minoranza e in genere collaborano tra loro. Ora avranno paura.

Ci sono già avvisaglie, attacchi alle chiese, accuse di proselitismo, moschee bruciate.  Le minoranze soffrono, se si fanno regole contro l’umanità bisogna alzare la voce. I fondamentalismi colpiscono la società, fanno sparire le diversità.

Cosa chiede nella petizione promossa su Change?

Chiedo alla società civile di aiutare il popolo kashmiri. Si può aiutare sensibilizzando sul problema perché non se ne sa molto. Far capire che se le minoranze saranno minacciate avremo un disastro enorme.

In che modo si può aiutare il popolo kashmiro?

Sarebbe necessario sensibilizzare il governo italiano. Sarebbe bello avere la voce autorevole del Papa, che ho avuto l’onore di incontrare di recente. Bisogna lavorare dal basso unendo le forze tra cristiani e musulmani per far vedere la forza del multiculturalismo: ricordiamo che in India c’è stata Madre Teresa, il Taj Mahal è il simbolo dell’India ed è stato costruito dai musulmani. Invece il governo Modi ha perfino tagliato i fondi per la gestione di un questo monumento bellissimo, famoso in tutto il mondo. Bisogna far sapere al mondo che il Kashmir è una ferita ancora aperta.

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Fonte: Sir