L’Africa e quei “morti di altro di cui nessuno si occupa”

“Riduzione importante dell’accesso al parto assistito, con preoccupante aumento delle morti indirette”. Ma anche i malati cronici o sieropositivi non riescono più a seguire le terapie. Ne parlano esperti e operatori in un webseminar promosso da Sigo, con Aogoi e Cuamm 

L’Africa e quei “morti di altro di cui nessuno si occupa”

Cosa vuol dire nascere in Africa al tempo del Covid-19? Come sta fronteggiando l’epidemia il continente più giovane, ma anche più fragile, del mondo? C’è qualcosa che possiamo imparare dall’Africa? Quali sono stati e sono tutt’ora gli effetti del Coronavirus sulla sua popolazione? Quale l'impatto sulla salute delle donne in gravidanza e dei loro bambini? Risponde a queste domande il webseminar dal titolo “L’Africa al tempo del Covid-19: nascere durante la pandemia”, promosso, giovedì 2 luglio dalle ore 20.30 alle 22, da Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia – Federazione Sigo, in collaborazione con Aogoi e Cuamm. Un confronto tra esperti e operatori sul campo per “accendere i riflettori sull’Africa e sulla salute della sua gente”.

Medici con l’Africa Cuamm, che da 70 anni lavora nei paesi più poveri dell’Africa sub-Sahariana e che attualmente è impegnata in 23 ospedali di otto paesi con circa un centinaio di operatori italiani che collaborano con 2.800 locali, sta assistendo a una “riduzione importante dell’accesso al parto assistito con una conseguente preoccupante aumento delle morti indirette”. “Sono i ‘morti di altro’ di cui nessuno si occupa. – spiega - Negli ultimi mesi molte persone hanno scelto di non andare in ospedale per paura del contagio, i malati cronici o sieropositivi non riescono più a seguire le terapie. Molto spesso le donne si trovano a partorire e affrontare le complicazioni del parto in casa”. Per questo l’organizzazione non ha voluto lasciare le aree di progetto nel corso delle prime fasi della pandemia: “per preparare la risposta, tenere attivi i servizi salva-vita nonostante il coronavirus e combattere, oltre al virus, la paura che genera nelle persone, come succede per esempio in Sierra Leone dove è ancora vivo il ricordo di Ebola”.

I dati delle visite effettuate nella clinica prenatale del Princess Christian Maternity Hospital a Freetown, la più grande maternità pubblica del paese, parlano chiaro: ad aprile c’è stata una riduzione del 60% rispetto allo stesso periodo nel 2019. Per quanto riguarda i parti, invece, il calo è stato del 46% e la ragione è che nella comunità si è diffusa la leggenda per cui le strutture sanitarie sarebbero fonti di contagio di Covid-19 e le donne, quindi, non vi si avvicinano per paura di ammalarsi. Per questo è importante essere qui, per portare avanti il lavoro ai diversi livelli, in ospedale ma anche nelle comunità”, afferma Claudia Caracciolo, ginecologa e medical coordinator del Cuamm per il Covid-19 in Sierra Leone che interverrà al webseminar.

“Capire la pandemia COVID 19 in Africa ci porta sulle altre coste del Mediterraneo oltre il Sahara, il mare di sabbia – dice il prof. Enrico Ferrazzi, professore Ordinario di Ostetricia e Ginecologia dell’Università degli Studi di Milano - . La cultura e la conoscenza ci avvicinano a questo continente, alle sue realtà macroscopiche e alle esperienze dirette dell’organizzare l’assistenza e la nascita. Una occasione unica per capire!”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)