L’Ue richiama l’Italia: sui BTp ogni giorno è un voto e si misura la credibilità Italia

La Commissione Ue non sarà tollerante con l'Italia ma almeno ci sarà. Gli investitori istituzionali potrebbero essere in ritirata: loro votano una fiducia quotidiana sull'Italia vendendo o comprando i suoi titoli di Stato. Ognuno di noi ha imparato a leggere i punti di spread (cioè la differenza di rendimento dei BTp decennali dello Stato italiano e quello tedesco). In questi giorni l'Italia ha visto aumentare lo spread a ridosso dei 300 punti. Quasi come la Grecia e non è un buon segnale

L’Ue richiama l’Italia: sui BTp ogni giorno è un voto e si misura la credibilità Italia

Il rispetto degli accordi europei e la maggior rischiosità dei nostri titoli pubblici sono strettamente legati ma non sono la stessa cosa. Possono avere percorsi e tempi diversi. Nel primo caso le frizioni con la Commissione europea (in fase di rinnovo) hanno soluzioni in parte governabili dalla politica e dalle diplomazie. Missive, lettere di spiegazioni, raccomandazioni.
Nel secondo caso la rottura può avvenire rapidamente, qualora decine di migliaia di grandi investitori italiani e stranieri possessori di BTp (Buoni del Tesoro poliennali) decidessero di ridurre il rischio. Ma quale rischio? Quello che l’Italia non sia in grado di restituire il capitale ricevuto in prestito e non paghi gli interessi. Fra chi presta soldi allo Stato italiano ci sono le famiglie (che detengono direttamente o indirettamente un 5-10% del grande debito pubblico italiano) e ci sono soprattutto i grandi investitori istituzionali: banche, assicurazioni, fondi pensione, fondazioni ed altre entità che gestiscono gli investimenti e non possono permettersi di avere obbligazioni (italiane o straniere, obbligazioni di società o enti pubblici) che non ricevono interessi e non verranno rimborsate alla scadenza.

Quando annusano il rischio di ritrovarsi con carta straccia scappano via. Possono vendere i loro titoli prima della scadenza, possono arrivare alla meta e non sostituirli con altri targati Italia.

Possono andarsene, ognuno per conto proprio, e “scaricare” in vendita i titoli ritenuti più rischiosi. Qualcuno che compra c’è, per fortuna. Ma chi subentra vuole pagare poco perché i titoli sono, appunto, rischiosi. E se molti mettono in vendita contemporaneamente i loro BTp il prezzo scende; il meccanismo è lo stesso per le case o in un ortomercato.

L’eccesso di offerta deprime il valore.

In questi mesi i venditori sono stati più dei compratori e il valore dei nostri BTp è sceso. Cosa succederà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi non è prevedibile. Sono in scadenza fino a dicembre circa 233 miliardi di titoli di Stato, circa 95 fra settembre e ottobre. Per chiedere nuovi prestiti il Governo italiano dovrà essere credibile e confermare di essere “un buon pagatore”. Lasciar correre dubbi, mostrare una rissosità eccessiva al Governo o avviare elezioni anticipate, sarebbe pericoloso e costoso. Anche un contenzioso troppo duro con Bruxelles crea sfiducia.

Durante l’estate e a settembre-ottobre il Governo italiano dovrà spiegare nella legge di Bilancio come arginare e ridurre il debito pubblico.

Dovrà dirlo alla nuova Commissione europea e dovrà dirlo a chi presta i soldi, sapendo che in mano estera c’è circa un terzo del totale. La Commissione Ue non sarà tollerante con l’Italia ma almeno ci sarà. Gli investitori istituzionali potrebbero essere in ritirata: loro votano una fiducia quotidiana sull’Italia vendendo o comprando i suoi titoli di Stato. Ognuno di noi ha imparato a leggere i punti di spread (cioè la differenza di rendimento dei BTp decennali dello Stato italiano e quello tedesco). In questi giorni l’Italia ha visto aumentare lo spread a ridosso dei 300 punti. Quasi come la Grecia e non è un buon segnale.

Paolo Zucca

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Fonte: Sir