L’impatto della pandemia sul welfare: nel 2021 cresce la spesa ma anche il divario tra regioni

Rapporto del Think Tank “Welfare, Italia”. Nel 2021 la spesa per il welfare sarà di 632 miliardi, +56 miliardi rispetto al 2019; in arrivo 41,5 miliardi dal Pnrr entro il 2026. Capacità di risposta del sistema di welfare: prime Trento, Bolzano ed Emilia Romagna, agli ultimi posti le regioni dell’Italia meridionale e insulare. Le proposte per rilanciare il lavoro e affrontare la grande transizione demografica

L’impatto della pandemia sul welfare: nel 2021 cresce la spesa ma anche il divario tra regioni

Si è tenuta oggi a Roma (a Palazzo Venezia e in streaming), la presentazione dell’edizione 2021 del Rapporto del Think Tank “Welfare, Italia” supportata da Unipol Gruppo con la collaborazione di The European House – Ambrosetti, e con il sostegno di un comitato scientifico composto da Veronica De Romanis, Giuseppe Guzzetti, Walter Ricciardi e Stefano Scarpetta.

La transizione demografica, l’invecchiamento della popolazione, le nuove domande di protezione dopo la pandemia, le trasformazioni del mercato del lavoro, la sanità tra digitalizzazione e capillarità territoriale, le risorse del Pnrr e il ruolo del settore privato e delle assicurazioni per ammodernare il Welfare: sono soltanto alcuni dei temi di dibattito affrontati nell’appuntamento annuale del Welfare Italia Forum.

L’impatto della pandemia Covid-19 sulla spesa in welfare

Secondo le stime di “Welfare, Italia”, la crisi Covid-19 ha indotto un incremento generalizzato di tutta la spesa in welfare, includendo i 3 pilastri “tradizionali” (Sanità, Politiche Sociali, Previdenza) e l’Istruzione: nel 2021 raggiungerà un totale stimato in circa 632 miliardi di euro, con una crescita di circa 6 miliardi di euro rispetto al 2020, anno in cui l’incremento era stato pari a 50 miliardi di euro rispetto al 2019.
La crisi in realtà non ha alterato significativamente la suddivisione della spesa, confermando lo sbilanciamento della componente previdenziale (49%) che tuttavia evidenzia una diminuzione di 2,3 punti percentuali rispetto ai valori del 2019 attestandosi su valori più bassi anche del 2009 (49,7%).

“Le risorse del Pnrr delineano un’opportunità storica per il rilancio dell’Italia e per un adattamento evolutivo del suo sistema di welfare verso un modello di precisione”, affermano i promotori del rapporto. Considerando il totale di fondi veicolati attraverso la Recovery and Resilience Facility di Next Generation EU, l’Italia è il 1° Paese beneficiario dello strumento per un totale di 191,5 miliardi di euro. “Welfare, Italia” stima che il Pnrr destinerà al welfare non meno di 41,5 miliardi di euro, pari al 22% del budget del Piano, grazie alle diverse azioni riconducibili al welfare previste nelle Missioni 4 (Istruzione e Ricerca), 5 (Inclusione e Coesione) e 6 (Salute).

Le 5 priorità di azione per il sistema di welfare italiano

Lavoro e demografia sono i due pilastri necessari a sostenere la capacità redistributiva del sistema di welfare, ma l’evoluzione demografica rappresenta, per il welfare italiano, una sfida particolarmente complessa in un Paese con la più alta percentuale europea di over-65 sul totale popolazione (23,2%) e secondo nel mondo solo al Giappone.

“I dati Istat, presentati durante i lavori, mostrano da 11 anni una continua riduzione delle nascite, un inverno demografico che ogni anno aggiorna il record al ribasso dall’unità di Italia – si afferma -. Nel 2020 la forbice del bilancio demografico, già fragile in era pre-covid, si è ulteriormente allargata, portando a -342.000 unità il saldo naturale tra nascite e decessi (404mila nati e 746 mila morti). Considerando anche il saldo migratorio, negativo per 41 mila unità, nel 2020 il saldo dei residenti è sceso di 384.000 individui, in pratica la scomparsa equivalente alla popolazione di una città come Firenze, con una perdita netta quindi di 1.046 persone ogni giorno”.
In questo quadro, “Welfare, Italia” ha individuato 5 priorità d’azione, supportate da specifici indirizzi operativi, che il Paese deve affrontare per far evolvere il sistema verso il modello di welfare di precisione. Eccole.

Raggiungere un’effettiva digitalizzazione dei servizi di welfare. L’Italia alloca con il Pnrr alla transizione digitale 59 miliardi di euro (di fatto pari alla somma di Francia, Germania e Spagna). La proposta è di creare un punto di accesso unico digitale per i servizi di welfare che consenta ai cittadini di consultare attivamente tutte le proprie opzioni, in ambito sanitario, previdenziale, formativo e di politiche sociali.
Gestire in modo più attivo l’evoluzione demografica del Paese. A fronte dei fenomeni di invecchiamento demografico e denatalità, l’incidenza della spesa pensionistica sul PIL raggiungerà il 17,3% nel 2040 (+1 punti percentuali rispetto al 16,3% nel 2018) e ulteriori criticità riguarderanno la capacità di garantire un’adeguata assistenza agli anziani e in particolare alla popolazione non autosufficiente (che potrà essere pari a 6,3 milioni di individui tra soli 10 anni, più del doppio rispetto ad oggi).
In questa prospettiva, l’indirizzo del Think Tank “Welfare, Italia” si sostanzia lungo tre ambiti, connessi alla: promozione del risparmio, in particolare attraverso l’introduzione di forme di risparmio previdenziale integrativo fin dai primi anni di vita, sul modello dei Children’s Saving Accounts; cultura del welfare attraverso campagne di sensibilizzazione e informazione; valorizzazione della telemedicina, della teleassistenza e delle best practice del privato, con l’attivazione di tavoli di confronto territoriali misti pubblico/privato.

Dispiegare efficaci politiche attive a supporto del mercato del lavoro. Ad oggi l’Italia alloca alle politiche passive ben l’85% della spesa in politiche del lavoro (a fronte del 73% della Francia, del 69% della Spagna e del 55% della Germania). Inoltre, il nostro sistema è caratterizzato da carenze del sistema formativo e da un limitato impatto dei percorsi di formazione interni alle aziende. Tutto ciò porta ad un mismatch delle competenze, ovvero un’elevata incidenza di lavoratori (il 38,2%, quasi 5 punti percentuali in più della media UE) sovra-qualificati o sotto-qualificati rispetto alla loro effettiva mansione.
“Welfare, Italia” propone il potenziamento della formazione duale e la collaborazione tra formazione e imprese attraverso meccanismi premiali, oltre al potenziamento sostanziale dei Centri per l’Impiego, a partire dalla creazione di Banche dati nazionali, superando l’attuale frammentazione regionale, e dall’integrazione delle agenzie di intermediazione private nella selezione delle offerte.

Riformare le politiche passive e i meccanismi degli ammortizzatori sociali. La crisi Covid-19 ha determinato un aumento nel numero di famiglie in povertà assoluta che hanno superato i 2 milioni (con un’incidenza pari al 7,7%), per un totale di oltre 5,6 milioni di individui. Parallelamente è aumentato il ricorso a strumenti di inclusione sociale come Reddito e Pensione di Cittadinanza (a settembre 2021, il numero medio mensile di percettori del RdC è il 5,4% maggiore rispetto ai percettori dello stesso mese nell’anno precedente), il quale tuttavia presenta alcuni meccanismi che ne penalizzano la precisione.

Gli indirizzi suggeriti dal Think Tank pertanto raccomandano di intervenire sull’ottimizzazione del Reddito di Cittadinanza (riduzione del requisito dei 10 anni di residenza in Italia, revisione della scala di equivalenza, differenziazione dell’importo del sussidio in base al costo della vita) e la revisione del sistema degli ammortizzatori sociali attraverso l’attuazione di un meccanismo che vincoli la fruizione degli strumenti di politiche passive del lavoro alla partecipazione a percorsi di formazione, aggiornamento e re-skilling.
Con l’obiettivo di accrescere la base occupazionale, inoltre, il perimetro degli ammortizzatori sociali potrebbe essere esteso anche a piani aziendali che prevedano il pensionamento anticipato di lavoratori e l’attivazione di un ricambio generazionale (rapporto di almeno 2:1 tra lavoratori in ingresso, a tempo indeterminato e under 35, e lavoratori in uscita).

Promuovere misure finalizzate ad accrescere l’occupazione femminile. Per raggiungere una parità nel mondo del lavoro occorre agire in due direzioni: migliorare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e promuovere la loro indipendenza economica. Con riferimento alla prima direzione, il nostro paese mostra un quadro particolarmente critico.  L’Italia è ultimo tra i Paesi UE-27+UK per tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro, con un valore pari a 54,7% nel 2020: 11,9 punti percentuali in meno rispetto alla media europea (67,6%). 

Per quanto riguarda il secondo ambito di intervento – promuovere l’indipendenza economica delle donne – l’Italia si dimostra in realtà già più virtuoso della media europea, con un gender pay gap orario in media più contenuto rispetto alla media Ue (5,7% vs 11,2%).
Nell’approccio del Think Tank “Welfare, Italia”, una maggiore inclusione femminile al lavoro rappresenta un’opportunità di crescita economica per il Paese: l’eliminazione del gender pay gap e il pareggio del tasso di occupazione femminile con quello maschile potrebbero infatti generare un valore economico pari a 110 miliardi di euro per l’Italia, pari al 6,7% del PIL. Tra gli interventi da attuare: la trasformazione dei congedi di maternità e paternità in congedi gender neutral, l’adozione di misure a supporto della maternità a 360° (corsi di formazione per l’up-skilling o il re-skilling), l’introduzione di incentivi fiscali per le persone fisiche anche per favorire la previdenza complementare tra le donne e l’adozione di misure rivolte alle imprese, come certificazioni, incentivi e/o meccanismi premiali.

Il “Welfare Italia Index” regionale

Nel Rapporto “Welfare Italia 2020” è stata sottolineata anche la forte eterogeneità tra i territori del Paese, sia con riferimento al sistema di welfare del Paese sia per quanto riguarda gli impatti del Covid-19 e i relativi impatti redistributivi legati a povertà assoluta e disoccupazione.
I risultati del Welfare Italia Index 2021 - l'indicatore sintetico che valuta sia gli aspetti legati alla spesa in welfare sia aspetti legati ai risultati che questa spesa produce - mettono in luce, rispetto ai dati 2020, una crescente polarizzazione regionale nella capacità di risposta del sistema di welfare delle Regioni italiane. Il divario tra la prima e l’ultima Regione in classifica è infatti passato da 28,2 a 32,7 punti, aumentando di 4,5 punti percentuali tra il 2020 e il 2021.

In particolare, la P.A. di Trento (85,0 punti) registra lo score più elevato, seguita dalla P.A. di Bolzano (80,4 punti) e dall’Emilia-Romagna (76,1 punti). Inoltre, le ultime 8 Regioni appartengono tutte all’Italia Meridionale e Insulare e la prima nel ranking – ovvero la Sardegna (14^ con 62,5 punti) – dista oltre 22 punti dalla P.A. di Trento e precede di circa 10 punti la Calabria, ultima in classifica.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)