L’obiezione di coscienza prende forza tra i teenager israeliani. Lettera ai vertici dello Stato

Una sessantina di ragazzi hanno deciso di inviare una lettera pubblica a Benny Gantz, ministro della difesa, Aviv Kochavi, capo delle forze di difesa (Idf), e Yoav Galan, titolare del dicastero dell’Istruzione. Tante le domande poste, motivate anche dalla questione palestinese

L’obiezione di coscienza prende forza tra i teenager israeliani. Lettera ai vertici dello Stato

L’obiezione di coscienza prende forza tra i teenager israeliani. Che hanno deciso di scrivere direttamente ai vertici dello Stato, inviando una lettera pubblica a Benny Gantz, ministro della difesa, Aviv Kochavi, capo delle forze di difesa (Idf), e Yoav Galan, titolare del dicastero dell’Istruzione.

Il contenuto. Nella missiva, conosciuta come “Lettera Shministim” (il termine indica gli studenti degli ultimi anni delle superiori), sono tante le domande poste dagli autori. “Cosa e chi stiamo servendo quando ci arruoliamo nell'esercito? Perché ci arruoliamo? Quale realtà creiamo servendo nelle forze armate di occupazione?”.

I destinatari del messaggio, oltre alle autorità, sono almeno due. Da una parte chi ancora frequenta la scuola, che raggiunta la maggiore età sarà chiamato al servizio militare (36 mesi i maschi, 24 le donne). Dall’altra, più in generale, gli israeliani che si sono arruolati. “Il punto è raggiungere coloro che ora indossano uniformi e sono effettivamente sul campo ad occupare una terra e una popolazione civile, e fornire loro uno specchio che li spinga a chiedersi: Chi stiamo effettivamente proteggendo quando indossiamo uniformi, impugniamo armi e deteniamo palestinesi ai posti di blocco, invadiamo case o arrestiamo bambini?”, ha detto al giornale di Israele +972Mag la 19enne Yael Amber.

I precedenti. In passato erano già state presentate richieste simili. Lo scorso giugno, 400 teenager avevano scritto al capo del governo per opporsi ai piani di annessione della Cisgiordania. E la storia di obiezione di coscienza nel Paese è più antica: i primi casi si sono registrati nel ’48, le prime proteste con rifiuti e missive al ’67.

La novità di questa ultima presa di posizione è che i giovani denunciano l’espulsione dei palestinesi del ’48. “Ci viene ordinato di indossare l'uniforme militare macchiata di sangue e preservare l'eredità della Nakba e dell'occupazione. La società israeliana è stata costruita su queste radici marce ed è evidente in tutti gli aspetti della vita: nel razzismo, nell'odioso discorso politico, nella brutalità della polizia”, scrivono ora gli adolescenti. E la denuncia va anche oltre: “I lavoratori palestinesi vengono sistematicamente sfruttati e l'industria delle armi utilizza i Territori palestinesi occupati come terreno di prova e come vetrina per sostenere le vendite”.

I dati. In Israele quasi un uomo su tre rifiuta di arruolarsi e il 15% non porta a termine il tempo di servizio militare previsto. Circa 4.500 cittadini, invece, vengono esentati (dati Idf).

L’articolo integrale di Irene Masala, “Obiezione di coscienza militare: la lettera dei 60 adolescenti israeliani“, può essere letto su Osservatorio Diritti.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)