La Corte Costituzionale boccia la legge antimoschee della Lombardia

Nella sentenza depositata oggi, la Consulta sottolinea che la legge del 2015 della Regione "finisce con l’ostacolare l’apertura di nuovi luoghi di culto" e quindi viola l'articolo 19 della Costituzione che tutela la libertà religiosa

La Corte Costituzionale boccia la legge antimoschee della Lombardia

MILANO - Duro colpo alla legge regionale della Lombardia sui luoghi di culto, approvata nel 2015 dalla maggioranza di centro destra guidata dal governatore Roberto Maroni. La Corte Costituzionale, con la sentenza 254 depositata oggi (relatrice Daria de Pretis) ha infatti stabilito che sono incostituzionali due commi dell'articolo 72 introdotti nella disciplina urbanistica lombarda (l. 12/2005) dalla legge regionale n. 2 del 2015. I due commi prevedevano che la costruzione di qualsiasi luoghi di culto fosse condizionato dall'esistenza nel Comune di un Piano per le attrezzature religiose (Par), da adottare insieme al Piano del governo del territorio (Pgt). Di fatto questi due commi hanno bloccato, da allora, l'apertura di qualsivoglia luogo di culto, perché i comuni di fatto non hanno ancora approvato i Par. Durante l'acceso dibattito in Consiglio regionale nel 2015, la legge regionale era stata battezzata come legge antimoschee, anche se di fatto ostacola l'apertura anche di una chiesa cattolica o di una sinagoga.

Secondo la Corte Costituzionale "tale soluzione legislativa per un verso non consente un equilibrato e armonico sviluppo del territorio e per altro verso finisce con l’ostacolare l’apertura di nuovi luoghi di culto". Soprattutto perché l'approvazione del Par finisce per dare al Sindaco un potere discrezionale eccessivo sul se e come permettere l'apertura di un luogo di culto.

La libertà di culto, tutelata dall'articolo 19 della Costituzione, imporrebbe di facilitare l'apertura dei luoghi di culto, argomenta la Corte Costituzionale, e quindi non può dipendere dall'approvazione o meno di un Piano da parte di un Comune. La legge regionale della Lombardia invece ottiene l'effetto di ostacolare l'apertura di luoghi di culto, perché "che riguarda indistintamente (ed esclusivamente) tutte le nuove attrezzature religiose -scrive la Corte Costituzionale-, a prescindere dal loro carattere pubblico o privato, dalla loro dimensione, dalla specifica funzione cui sono adibite, dalla loro attitudine a ospitare un numero più o meno consistente di fedeli, e dunque dal loro impatto urbanistico, che può essere molto variabile e potenzialmente irrilevante".

Non solo. Con questa legge regionale anche l'apertura della semplice sede di un'associazione religiosa richiederebbe il rilascio di autorizzazioni che nessuna altro tipo di associazione (sportiva, culturale, ricreativa ecc...) deve presentare al proprio Comune. "L’effetto di tale assolutezza -aggiunge la Corte Costituzionale- è che anche attrezzature del tutto prive di rilevanza urbanistica, solo per il fatto di avere destinazione religiosa (si pensi a una piccola sala di preghiera privata di una comunità religiosa), devono essere preventivamente localizzate nel Par, e che, per esempio, i membri di un’associazione avente finalità religiosa non possono riunirsi nella sede privata dell’associazione per svolgere l’attività di culto, senza una specifica previsione del Par. Al contrario, qualsiasi altra attività associativa, purché non religiosa, può essere svolta senz’altro nella sede sua propria, liberamente localizzabile sul territorio comunale nel solo rispetto delle generali previsioni urbanistiche. In questa prospettiva, la potenziale irrilevanza urbanistica di una parte almeno delle strutture investite dalla previsione contestata rende evidente l’esistenza di un obiettivo ostacolo all’insediamento di nuove strutture religiose".

La legge regionale è incostituzionale perché prevede per i luoghi di culto vincoli più stringenti che per qualsiasi altro luogo pubblico (per esempio, palestre, teatri o centri commerciali). "Si tratta in tutti i casi di impianti di interesse generale a servizio degli insediamenti abitativi -sottolinea la Corte Costituzionale- che, in maniera non diversa dalle attrezzature religiose, possono presentare maggiore o minore impatto urbanistico in ragione delle loro dimensioni, della funzione e dei potenziali utenti. Il fatto che il legislatore regionale subordini solo le attrezzature religiose al vincolo di una specifica e preventiva pianificazione indica che la finalità perseguita è solo apparentemente di tipo urbanistico-edilizio, e che l’obiettivo della disciplina è invece in realtà quello di limitare e controllare l’insediamento di (nuovi) luoghi di culto. E ciò qualsiasi sia la loro consistenza, dalla semplice sala di preghiera per pochi fedeli al grande tempio, chiesa, sinagoga o moschea che sia".

"La previsione ad opera della legge regionale della necessaria e inderogabile approvazione del Par unitamente all’approvazione del piano che investe l’intero territorio comunale (il PGT o la sua variante generale) è dunque ingiustificata e irragionevole -afferma la Corte Costituzionale-, e tanto più lo è in quanto riguarda l’installazione di attrezzature religiose, alle quali, come visto, in ragione della loro strumentalità alla garanzia di un diritto costituzionalmente tutelato, dovrebbe piuttosto essere riservato un trattamento di speciale considerazione". 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)