La strana storia della Carta della Famiglia: sconosciuta ma già “sotto processo” alle Corte di Giustizia

Istituita dal Governo Renzi nel 2015 è entrata in vigore con il Governo Conte 2 solo da sette mesi. Permette di avere sconti senza oneri per lo Stato nei negozi convenzionati, ma ne sono esclusi gli stranieri. Tre associazioni hanno fatto ricorso per discriminazione e ora spetterà ai giudici europei pronunciarsi

La strana storia della Carta della Famiglia: sconosciuta ma già “sotto processo” alle Corte di Giustizia

Per ora sono appena 256 in tutta Italia i negozi convenzionati in cui è possibile ottenere uno sconto (almeno del 5%) mostrando la “Carta della Famiglia”. Istituita dal Governo Renzi con la legge di bilancio del 2015 e destinata alle “famiglie costituite da cittadini italiani o da cittadini stranieri regolarmente residenti” che abbiano almeno tre figli, è entrata realmente in funzione solo con il governo Conte 2 nel marzo di quest'anno. Nel 2018, però, nella prima legge di bilancio del Governo Conte 1 la Carta della Famiglia viene limitata “alle famiglie costituite da cittadini italiani ovvero appartenenti a Paesi membri dell'Unione europea”. I cittadini extra Ue spariscono dai potenziali beneficiari di una carta che non era ancora disponibile.
Il governo Conte 2 finalmente l'ha avviata, prevedendo che per ottenerla basti essere genitori di un solo figlio, facendola rientrare nel pacchetto delle misure di contenimento della crisi economica e sociale causata dalla pandemia da Covid-19.

L'esclusione degli stranieri è però rimasta e un gruppo di associazioni (Asgi, Avvocati per niente e Naga), ha deciso di fare ricorso per discriminazione al Tribunale di Milano. Sostengono che la Carta della famiglia così impostata violi ben cinque direttive dell'Unione Europea (la 109 del 2003, la 98 del 2011, la 50 del 2009, la 38 del 2004 e la 95 del 2011), che in sostanza vietano a uno Stato di escludere gli stranieri dalla prestazioni sociali. Secondo l'Avvocatura dello Stato la Carta della Famiglia non è una prestazione sociale, ma solo uno strumento “di sostegno alla famiglia” e “di abbattimento dei costi dei servizi per la famiglia” senza che lo Stato stesso ci metta dei soldi. La Carta della famiglia permette solo di avere degli sconti nei negozi che liberamente scelgono di aderire all'iniziativa. L'unica spesa sostenuta dallo Stato è quella per la creazione e gestione del sito sul quale cittadini e negozianti devono registrarsi (circa un milione di euro l'anno). Nel dubbio, il giudice del lavoro Giorgio Mariani, con un'ordinanza ha deciso di rimettere la diatriba alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, chiedendo di chiarire se la Carta della Famiglia sia o meno una prestazione sociale.

Al di là della questione giudica, rimane incomprensibile il motivo per cui una carta che permette di avere degli sconti debba essere preclusa a chi non è italiano o cittadino comunitario. Forse anche per i negozianti potrebbe essere più vantaggioso avere un platea più ampia di potenziali clienti. Per le casse dello Stato l'estensione agli stranieri non cambierebbe nulla, tanto che era già prevista nel 2015. Una carta nata cinque anni fa, entrata in funzione solo da poco più di sette mesi e utilizzata pochissimo visto il numero esiguo di negozianti convenzionati, si è però già conquistata l'attenzione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)