La violenza sulle donne, una “strage di guerra” con vittime anche bambine

La denuncia di Intersos in occasione della Giornata internazionale del 25 novembre. Lo stupro come arma nei conflitti è ancora usato in diversi paesi, tra cui il Congo. Cappelletti: “Vogliamo lanciare un allarme. Di questi crimini di guerra si parla ancora troppo poco”

La violenza sulle donne, una “strage di guerra” con vittime anche bambine

“Ero andata nella foresta di Virunga a raccogliere la legna da vendere al mercato, insieme a 4 amiche. All’improvviso siamo state circondate da 4 uomini armati. Abbiamo cercato di fuggire ma non è stato possibile. Sono stata aggredita e violentata da tutti e 4. Mi hanno abbandonata lì, priva di sensi. Non ricordo più niente fino al momento in cui mi sono risvegliata in ospedale”. Faizah ha solo 11 anni, si trova ancora nel centro medico dove è stata operata ma si sta rapidamente riprendendo. “Purtroppo mia madre non aveva i soldi per le cure e così ci hanno rimandate a casa e per 11 mesi io sono rimasta con le feci che mi colavano sulle gambe. Poi ho incontrato gli operatori di Intersos che mi hanno informata sulla possibilità di essere operata gratuitamente nell’ospedale di Keshero”. Faizah adesso è stata curata, non soffre più di incontinenza e cerca finalmente di riprendere una vita normale. A raccontare la storia è Intersos in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne
Una violenza presente in ogni Paese del mondo attraverso molti volti: violenza fisica, psicologica, sessuale. Si tratta di un crimine contro cui tutti, gli uomini per primi, sono chiamati a combattere. 

Nei Paesi in cui Intersos opera, la violenza contro le donne è un elemento costante ed entra direttamente nella dinamica dei conflitti. “In occasione della Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, vogliamo lanciare un allarme sulle molte situazioni di guerra nelle quali lo stupro è utilizzato in modo sistematico da gruppi armati come uno strumento per terrorizzare e punire i civili – sottolinea Alda Cappelletti, direttrice dei programmi di Intersos – Di questi crimini di guerra si parla ancora troppo poco. Mentre i nostri operatori, insieme a quelli di altre organizzazioni, sono sul campo per assistere le donne sopravvissute alla violenza, c’è un estremo bisogno da parte nostra e della comunità internazionale di strappare queste donne al silenzio, all'isolamento e allo stigma al quale sono condannate, perché è nel silenzio e nella solitudine che la violenza trova alimento”.

La prevenzione della violenza di genere e il supporto alle sopravvissute è parte integrante dell’intervento umanitario e del lavoro di Intersos. Assistenza medica e psicosociale (con una particolare attenzione alla ricostruzione chirurgica per chi soffre di fistole a causa di stupro) e reinserimento socio-economico (con gruppi di supporto e training vocazionali) sono le attività che l'organizzazione porta avanti per ridare dignità alle donne nei Paesi in cui opera.

Un caso particolare è quello della Repubblica Democratica del Congo, il paese dove vive Faizah e dove “il corpo delle donne è diventato un campo di battaglia e lo stupro è utilizzato come arma di guerra” ha dichiarato Denis Mukwege, conosciuto come “il medico che ripara le donne”, attivista e Premio Nobel per la Pace 2018. Da gennaio a settembre 2020 gli operatori di Intersos hanno documentato 716 episodi di violenza di genere nella Provincia di Ituri. Nel Sud Kivu, a settembre 2020, il numero di casi di violenza registrati è 920 di cui 475 sono casi di stupro. Per il Nord Kivu, al 30 settembre 2020 sono stati documentati 957 casi di violenza di genere con 667 casi di stupro. Questi dati mostrano che gli episodi di violenza sono in netto aumento, soprattutto i casi di stupro. Le cifre del terzo trimestre dell'anno sono già superiori a quelle registrate in tutto l'arco del 2019.

Lo stupro come arma di guerra, le donne della provincia del Kivu, sanno bene che cosa significhi. Ed è nelle zone di Karisimbi, Rutshuru e Lubero Health Zones, nel Kivu settentrionale, che opera l’organizzazione per restituire dignità alle donne che soffrono di fistole attraverso la ricostruzione chirurgica, l'assistenza medica e psicosociale e il reinserimento socio-economico. Fra le pazienti, i nostri operatori incontrano anche bambine. “In tutti i nostri interventi di protezione c'è una componente di tutela delle donne sopravvissute o a rischio di violenza - spiega Intersos -. Le incontriamo, le ascoltiamo e le indirizziamo ai servizi specifici di cui hanno bisogno. Assicuriamo loro sostegno psicologico, assistenza medica e supporto economico per tutelare la loro indipendenza. In molti casi facciamo attività di formazione professionale per favorire la loro indipendenza economica e le possibilità di avviare attività lavorative. Nei nostri programmi la tutela delle donne è centrale. Ogni forma di abuso o violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani che va condannata ed eliminata”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)