Lavori difficili: “Ci dicono che esageriamo, le nostre preoccupazioni sono sottovalutate”

La testimonianza (anonima) di un’educatrice all’indomani dell’aggressione in una casa famiglia romana. “Siamo troppo pochi, ma aumentare il personale vuol dire pagare più stipendi”

Lavori difficili: “Ci dicono che esageriamo, le nostre preoccupazioni sono sottovalutate”

Esiste un problema sicurezza all’interno delle strutture per persone fragili o disagiate di cui l’aggressione a colpi di coltello all’educatrice in una casa famiglia romana rappresenta solo la punta dell’iceberg. Un problema che, come emerge dalla testimonianza raccolta da Redattore Sociale, ha a che fare soprattutto con la solitudine degli educatori, anzi, per essere più precisi, con il sottodimensionamento del personale rispetto alle esigenze degli utenti. Giulia (nome di fantasia) ha alle spalle oltre sei anni esperienza di lavoro come educatrice all’interno di centri di riabilitazione psichiatrica e in comunità per minori. “Quando ho saputo dell’educatrice accoltellata a Roma mi si è raggelato il sangue – racconta –. Non c’è tutela per gli educatori, che non dovrebbero mai essere in turno da soli. Per legge il rapporto è di 1 a 5, ma a me è successo anche di trovarmi in un turno da sola con 11 ragazzi tra i 16 e i 21 anni”.

Quello dell’educatore è un mestiere tutt’altro che semplice, proprio perché le persone con cui si rapporta non hanno vite semplici. “Mi è capitato di fare turni notturni in comunità dove i ragazzi aspettavano il mio arrivo per fare le cose che non avrebbero dovuto fare – prosegue l’educatrice –. Personalmente non mi hanno mai messo le mani addosso, ma mi hanno più volte danneggiato l’auto e ho ricevuto minacce, anche pesanti. Per esempio mi è capitato che, per intimorirmi qualcuno si parasse dinanzi a me, a pochi centimetri dal viso. Quando sentivo di non essere al sicuro in quel posto andavo via”.

Il problema, secondo Giulia, è soprattutto organizzativo. O, meglio, dipende dal fatto che le preoccupazioni del personale siano spesso prese sotto gamba da chi gestisce le strutture. In alcuni casi sembra quasi che si tratti di un’incapacità di gestire le situazioni difficili da parte dell’educatore. “Spesso veniamo lasciati allo sbaraglio, i nostri problemi non vengono presi in considerazione come campanelli d’allarme, ma come un’esagerazione da parte dell’educatore”. Ecco quindi il problema della gestione delle strutture: “I gestori sottovalutano il pericolo – conclude l’educatrice –. Spesso fanno finta di non vedere perché creare sicurezza vuol dire aumentare il personale e aumentare il personale significa pagare più stipendi. Quindi preferiscono pagare un solo stipendio e poi come va va”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)