Lavoro, sono 400 mila i fuorisede tornati a casa grazie allo smart working

Smart e remote working sono stati per molti un’occasione per riorganizzare la propria vita: lo rileva un’indagine di Facile.it. Nell’ultimo anno il 20% di chi prima della pandemia lavorava fuorisede ha approfittato del lavoro agile per tornare nella sua città di origine o spostarsi in un’altra città. Le richieste di mutui e internet casa confermano gli spostamenti fuori dai grandi centri

Lavoro, sono 400 mila i fuorisede tornati a casa grazie allo smart working

Smart e remote working sono stati per molti un’occasione per riorganizzare la propria vita, anche da un punto di vista abitativo, e tra le categorie che più hanno beneficiato di questa opportunità c’è quella dei lavoratori fuori sede; secondo l’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat, nell’ultimo anno il 20% dei fuorisede, vale a dire 400.000 persone, hanno approfittato dello smart working per cambiare città. Il 75% di loro ha scelto di tornare a vivere nel luogo di origine, mentre il 25% ha preferito trasferirsi in un’altra città, diversa sia da quella in cui è nato sia da quella dove ha sede l’azienda per cui lavora.

Le regioni

Guardando al fenomeno degli “smart workers di ritorno” emerge chiaramente come questo abbia assunto connotati diversi a seconda dell’area geografica. Alcune regioni, soprattutto nel Meridione, hanno visto rientrare lavoratori in misura maggiore rispetto a quelli che sono usciti: è il caso della Sardegna (+40%), ma anche della Sicilia (+27%) e della Calabria (+21%).  Di contro, le regioni con città più popolose da un punto di vista demografico e lavorativo, hanno avuto un bilancio negativo, vale a dire che il numero di smart workers che hanno lasciato la regione è superiore a quello di coloro che vi hanno fatto ritorno: ad esempio Lombardia (-2%), Piemonte (-10%) e Lazio (-20%).
Una tendenza emersa dall’indagine è quella dello spostamento dai grandi centri urbani ma non verso le regioni del meridione, bensì verso comuni più piccoli siti all’interno della stessa regione dove ha sede l’azienda per cui è impiegato lo smart worker; fenomeno questo particolarmente evidente in Lombardia e Lazio.

Tenore di vita più alto

Uno degli elementi che ha spinto i fuorisede a cambiare città è quello economico. Se è vero che la retribuzione media degli “smart workers di ritorno” è pari a 1.840 euro, per uno su tre lo stipendio mensile è inferiore ai 1.500 euro. Cambiare città mantenendo lo stesso lavoro ha permesso quindi a molti di migliorare il proprio tenore di vita; il 28,1% ha dichiarato che la ragione principale per cui ha deciso di rimanere a lavorare da remoto è perché, pur percependo lo stesso stipendio, può permettersi cose che prima da lavoratore fuori sede non poteva. Da notare, però, che la prima ragione per cui si è scelto di lavorare da un’altra città (42,1%) è la volontà di trovare un ritmo di vita più a misura d’uomo, qualunque cosa questo voglia dire.
Analizzando le intenzioni per il futuro, 6 smart workers di ritorno su 10 hanno dichiarato di non avere intenzione di tornare a fare i fuorisede con casa in affitto e di voler continuare a lavorare da remoto, dalla propria città di origine o da quella in cui si sono trasferiti dopo il lockdown.

Crescono i mutui nei piccoli comuni e le attivazioni di linee internet

L’emigrazione dai grandi centri urbani trova conferma anche analizzando l’andamento delle richieste di mutui e delle attivazioni di linee internet casa.
Il recente osservatorio di Facile.it e Mutui.it ha messo in evidenza come nel primo semestre 2021 le domande di finanziamento per immobili ubicati in comuni con meno di 250.000 abitanti siano state il 77% del totale, in aumento del 7% rispetto al 2017; anche guardando ai contratti di attivazione o cambio operatore del servizio internet casa emerge come, tra marzo 2020 e gennaio 2021, vi sia stato un boom soprattutto in alcune delle regioni “di rientro”; Sardegna (+15,9%), Calabria (+9,7%), Marche (+7,1%), Puglia (+4,8%).

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)