Le multinazionali e "quel flusso enorme di denaro" che lascia l’Africa

Un flusso enorme di denaro lascia ogni anno l’Africa per rimpinguare le casse delle multinazionali o per finire in paradisi fiscali. In tutto si stima che questa cifra tocchi i 90 miliardi di dollari. Nuovo studio pubblicato dalla Conferenza Onu su economia e sviluppo

Le multinazionali e "quel flusso enorme di denaro" che lascia l’Africa

Un flusso enorme di denaro lascia ogni anno l’Africa per rimpinguare le casse delle multinazionali o per finire in paradisi fiscali. In tutto si stima che questa cifra tocchi i 90 miliardi di dollari, pari agli investimenti esteri diretti e agli aiuti allo sviluppo messi insieme. A dichiararlo è un nuovo studio pubblicato dalla Conferenza Onu su economia e sviluppo (Unctad).

Di cosa si parla. La composizione dei 90 miliardi è piuttosto variegata. “Si va dalle fatture falsate, all’evasione ed elusione fiscale, fino alla corruzione e ai proventi dei traffici illeciti dalla droga agli esseri umani, dalle materie prime alle specie protette”, spiega a Osservatorio Diritti Rahul Mehrotra,  ricercatore al Graduate Institute di Ginevra, che a propria volta fa parte di un consorzio di università che si occupano di un progetto per “Ridurre i flussi finanziari illeciti dai paesi ricchi di risorse”.

Qualche esempio. Le multinazionali hanno studiato diversi meccanismi per pagare meno imposte possibile. Tra questi, c’è la dichiarazione di un valore più basso delle merci, così che le tasse sull’export risultino più basse. Oppure c’è il sistema conosciuto come trasfer pricing: le società con sedi in paradisi fiscali fanno prestiti, o vendite, alle proprie filiali con sede fuori dallo stato, con il risultato che l’utile sarà più basso e, di conseguenza, le tasse dovute al paese.

Le materie prime sono tra i principali commerci messi sotto osservazione da questo report dell’Unctad. Ben 40 miliardi di dollari, ossia il 45% di tutti i flussi finanziari illeciti del continente, fanno capo proprio a questo settore, dove emerge in particolare l’oro. In questo caso i sistemi usati sono soprattutto due: il contrabbando, da una parte, e la sottofatturazione di ciò che viene esportato, dall’altra.

Dal Burkina alla Svizzera. Un documento di qualche anno fa dell’ong Public Eye aveva svelato un altro meccanismo che consentiva alle multinazionali di risparmiare in tasse: l’oro trovato nelle miniere artigianali del Burkina Faso, sostiene lo studio, prima di finire in Svizzera passa per il Togo, dove le tasse sono di fatto inesistenti. E un’inchiesta dell’agenzia Reuters ha verificato che ogni anno “oro per un valore di svariati miliardi di dollari” esce dall’Africa passando per gli Emirati Arabi Uniti, riuscendo ancora una volta a evitare le imposte ai paesi d’origine. Con rischi concreti, inoltre, che l’oro finisca col finanziare il terrorismo, come sospettano sia l’Ocse, sia l’ong International Crisis Group.

L’articolo integrale di Franca Roiatti (da Ouagadougou, Burkina Faso), Multinazionali in Africa: lo sfruttamento che spiega perché è così povera, può essere letto su Osservatorio Diritti. Foto: Ollivier Girard/CIFOR (

Gold mining
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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)