Le “sisters” tra i manager di Davos per parlare di lotta alla povertà

Al summit economico in corso nella cittadina svizzera si parla anche di lotta alla fame e di progetti per uscire dalla “trappola” migratoria in Colombia ed Etiopia. Ne parliamo con Marta Guglielmetti, direttrice esecutiva del Global Solidarity Fund. La voce delle missionarie in prima linea nel sud del pianeta. "La guerra in Ucraina spinge a riflettere su un modello politico ed economico alternativo, oramai necessario"

Le “sisters” tra i manager di Davos per parlare di lotta alla povertà

Per la prima volta da quando il vertice dei potenti del pianeta è stato istituito (il World Economic Forum quest’anno è in corso a Davos fino al 26 maggio), sono presenti, sebbene solo negli spazi riservati agli incontri informali, le Congregazioni religiose femminili. “Noi siamo un po’ unici qui al World Economic Forum”, spiega al telefono dalla cittadina svizzera Marta Guglielmetti, direttrice esecutiva del Global Solidarity Fund. Lo scopo è portare al summit “la voce delle suore e delle missionarie che sono in prima linea nei Paesi poveri, conoscono da vicino i bisogni della gente e hanno anche grande capacità di leadership perché possiedono una ‘visione’ sul futuro”, dice Guglielmetti.

La voce di chi vive ai margini. Tra loro, sister Ruth Pilar del Mora, consigliera per le missioni dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, originaria della Colombia e suor Patricia Murray, segretaria esecutiva dell’Unione internazionale delle superiori generali. “Che io sappia – aggiunge la direttrice del Gsf – è la prima volta che chi vive ed opera nei Paesi ai margini dell’economia mondiale, come le missionarie, interviene a Davos, incontrando esponenti di grandi aziende. La Chiesa è presente al World Economic Forum ma in modo istituzionale, noi invece portiamo la voce delle persone che vivono ai margini”.

Dialogo con i super manager. Suor Ruth e suor Patricia hanno incontrato i manager della Unilever, la multinazionale britannica titolare di oltre 400 marchi nel campo dell’alimentazione, più di una volta nel mirino della società civile no-global. L’idea delle suore è quella di dialogare con i Ceo delle grandi aziende per realizzare progetti di lotta alla povertà. “Abbiamo lanciato una partnership tra Unilever e il Global Solidarity Fund in Colombia. L’obiettivo è un progetto per l’inserimento dei migranti e rifugiati nel mondo del lavoro”, spiega Marta Guglielmetti.

Oltre la trappola della povertà. Il Global Solidarity Fund è nato nel 2019 come catalizzatore di forze cattoliche in favore dei più deboli ed è composto da leader religiosi e religiose per favorire il contatto tra il non-profit, il settore privato e quello pubblico. Guglielmetti fa l’esempio di una buona pratica ad Addis Abeba, in Etiopia, dove è stato realizzato un progetto nell’ospedale gestito dalle suore di Madre Teresa di Calcutta, per l’inserimento degli ex pazienti nel mondo del lavoro. “Non volevamo solo curare le persone – racconta – ma aiutarle ad uscire dalla trappola della povertà. E così abbiamo fatto. Appena entrati i pazienti nel nosocomio, gli viene fatto un check della malattia ma anche dei loro skills lavorativi. Sister Marila, provinciale delle missionarie della Carità di Madre Teresa ad Addis Abeba cura ammalati di lebbra e tubercolosi in condizioni economiche difficili”. Una volta guariti, gli ex pazienti vengono inseriti nei corsi professionali delle suore salesiane e nel giro di poco tempo iniziano a lavorare: un modo per vivere una vita dignitosa.

Un modello alternativo. Quale messaggio lanciano le suore al World Economic Forum di Davos? “Vediamo cosa emergerà da questo summit ufficiale; quello che sappiamo per certo è che per noi questa crisi generata dalla guerra in Ucraina (crisi dell’energia e del food) spinge a riflettere su un modello politico ed economico alternativo, oramai necessario”, conclude Guglielmetti.

Ilaria de Bonis (*)

(*) redazione “Popoli e Missione”

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Fonte: Sir