Libano, la cura dei feriti negli ospedali. Noun: “Nessuno qui vuole la guerra, sarebbe una catastrofe”
Beirut, il giorno dopo le esplosioni di decine di cercapersone in possesso di miliziani di Hezbollah. Gli ospedali sono pieni di feriti, intenti a curare le ferite. La maggior parte sono al viso e alle mani. Il bilancio dei feriti e dei morti è ancora provvisorio. Tra i civili uccisi, il governo ha reso noto che ci sarebbero anche due minori e una donna. Si tratta di Fatima Abdallah, 10 anni, della regione di Baalbeck, e di Muhammad Bilal, della periferia sud di Beirut. “La piccola – racconta il giornalista – è morta perché aveva il cercapersona del papà quando è esploso”. La donna invece era un'infermiera che è stata colpita mentre lavorava in un ospedale nella regione di Baalbeck
E’ il giorno in cui si curano i feriti, si ricuciono le mani e gli occhi saltati con le esplosioni. Si stanno vivendo momenti di concitazione all’ospedale “Hôtel-Dieu de France” a Beirut. A raccontare al sir, come si è svegliata oggi la città dopo le esplosioni di decine di cercapersone in possesso di miliziani di Hezbollah, è il giornalista Fady Noun. “L’Hôtel-Dieu – dice subito – ha effettuato 25 interventi durante la notte e ne eseguirà altre 35 durante la giornata, quindi 60 interventi solo in un ospedale. E la maggior parte delle ferite sono al viso e alle mani, e ci sono molte persone che hanno perso la vista. Alcuni hanno perso un occhio, altri entrambi gli occhi. C’è chi ha perso la mano, altri le dita della mano. Ci sono anche lesioni sul corpo perché i cercapersone erano sulla cintura”. Il bilancio dei feriti e dei morti è ancora provvisorio. Ieri sera, il ministero della Salute libanese ha parlato di 11 morti e 4.000 feriti, di cui 400 in condizioni critiche. Secondo il canale televisivo saudita Al Hadath, circa 500 agenti di Hezbollah hanno perso la vista. Tra i civili uccisi, il governo ha reso noto che ci sarebbero anche due minori e una donna. Si tratta di Fatima Abdallah, 10 anni, della regione di Baalbeck, e di Muhammad Bilal, della periferia sud di Beirut. “La piccola – racconta il giornalista – è morta perché aveva il cercapersona del papà quando è esploso”. La donna invece era un’infermiera che è stata colpita mentre lavorava in un ospedale nella regione di Baalbeck.
Alla “solidarietà” che l’intero popolo libanese sta manifestando in queste ore ai feriti, si aggiunge anche la richiesta di fare chiarezza su quanto sia realmente successo e come sia stato possibile. Occorrerà necessariamente avviare un’inchiesta – argomenta il giornalista libanese – per stabilire in quale “punto della catena di importazione” sia stato possibile introdurre dell’esplosivo nei cercapersona. “Il futuro non è chiaro. C’è grande incertezza”, continua Noun. “Nessuno qui vuole la guerra. Né il Libano né l’Iran vogliono ampliare il conflitto. Washington dice di essere stato messo al corrente dell’operazione ma qui in Libano ci sono dubbi che sia vero. Di certo c’è che per il Libano la guerra sarebbe una catastrofe”. Il giornalista torna a parlare della situazione drammatica in cui versa purtroppo il Paese. Le tensioni vanno a colpire la popolazione e la vita quotidiana. Nel sud del Libano addirittura non è garantito il rientro quest’anno dei bambini e dei ragazzi a scuola.
“Il paese è stato saccheggiato. L’economia è scomparsa”.
E l’Europa guarda impotente. “Non esiste l’Europa”, afferma Noun. “Il Libano non interessa se non come paese di accoglienza e implementazione dei rifugiati siriani. Siamo insignificanti e anche nei riguardi della presenza cristiana, l’Europa è indifferente. Solo il Vaticano è impegnato. Si tratta invece di una presenza molto importante per i rapporti tra le forze presenti nella regione. Ma nessuno sembra rendersene conto”.