Libro bianco sulle droghe, “la ‘War on Drugs’ ha provocato più danni delle sostanze stesse”

Nuova edizione dello studio promosso da La Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, Cgil, Cnca, Associazione Luca Coscioni, Arci, Lila e Legacoopsociali. Il 35% dei detenuti è in carcere per la legge sulle droghe e quasi il 40% di chi entra usa droghe, “dato ai massimi storici dalla Fini-Giovanardi”

Libro bianco sulle droghe, “la ‘War on Drugs’ ha provocato più danni delle sostanze stesse”

Presentata questa mattina la nuova edizione del Libro Bianco sulle droghe, il rapporto indipendente sugli effetti e i danni del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti.
Giunto alla dodicesima edizione, il Libro Bianco è promosso da La Società della Ragione insieme a Forum Droghe, Antigone, Cgil, Cnca, Associazione Luca Coscioni, Arci, Lila e Legacoopsociali con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica Cgil, Gruppo Abele, Itardd e Itanpud.

Ogni anno viene presentato in occasione del 26 giugno, nell’ambito della campagna internazionale di mobilitazione Support! don’t Punish. Il rapporto oltre a contenere i dati (2020) relativi agli effetti della war on drugs sul sistema penale e penitenziario italiano presenta una serie di riflessioni sul sistema internazionale di controllo delle droghe, a 60 anni dalla firma della prima convenzione Unica sugli stupefacenti, e sulla Conferenza nazionale sulle tossicodipendenze mai convocata da 12 anni. Inoltre come ogni edizione contiene riflessioni e approfondimenti sul sistema dei servizi, sulla riduzione del danno e sulle prospettive di riforma delle politiche sulle droghe a livello nazionale ed internazionale.
Domani, 25 giugno (ore 10), si terrà un webinar on line di presentazione del Libro Bianco.

Droghe e trattati a 60 anni dalla Convenzione unica del 1961

Quest'anno il Libro Bianco pone grande attenzione all'anniversario dei 60 anni dalla firma della convenzione unica sulle droghe del 1961. “Il 30 marzo 1961 a New York infatti gli Stati, firmando la Convenzione Unica sugli stupefacenti, si diedero fra gli altri l'obiettivo di eliminare le produzioni illegali di oppio entro il 1984 e quelle di cannabis e coca entro il 1989 – ricordano i promotori del Rapporto -. 37 anni dopo, nel 1998, di fronte al fallimento se ne diedero un altro: un mondo senza droghe entro 10 anni. Nel frattempo, l’uso di sostanze illegali è aumentato a velocità doppia rispetto alla popolazione mondiale e produzione e narcotraffico sono completamente fuori controllo. 60 anni di politiche proibizioniste non hanno avuto alcun effetto sui mercati illegali e sugli usi personali, mentre la ‘War on Drugs’ ha provocato più danni di quelli delle sostanze stesse, sia in termini sanitari che sociali, ambientali ed economici”.

Nella prima parte del Libro Bianco si ricostruiscono le motivazioni geopolitiche alla base delle convenzioni e la loro evoluzione, affrontando infine il difficile problema della loro riformabilità. “Le ricadute di stigmatizzazione su milioni di giovani, l’ingolfamento del sistema giudiziario e le incarcerazioni di massa con l’esplosione delle prigioni finalmente hanno costretto a rettifiche di giudizio sulla war on drugs, con l’apertura di una interpretazione flessibile delle convenzioni”.

“La legge sulle droghe è il volano delle politiche repressive e carcerarie”

Secondo il Libro Bianco, “dopo 60 anni di war on drugs e 31 di applicazione del Testo Unico sulle droghe Jervolino-Vassalli, i devastanti effetti penali (dell'art. 73 in particolare) sono sotto gli occhi di tutti. La legge sulle droghe continua a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri”.
Dunque, “la legislazione sulle droghe e l’uso che ne viene fatto sono decisivi nella determinazione dei saldi della repressione penale: la decarcerizzazione passa attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti così come le politiche di tolleranza zero e di controllo sociale coattivo si fondano sulla loro criminalizzazione. Basti pensare che in assenza di detenuti per art. 73. o di quelli dichiarati tossicodipendenti, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario, come indicato dalle simulazioni prodotte. Dopo 31 anni di applicazione non possiamo più considerare questi come effetti collaterali della legislazione antidroga, ma come effetti evidentemente voluti”.

Oltre il 30% dei detenuti entra in carcere per spaccio di droghe: 10.852 dei 35.280 ingressi in carcere nel 2020, infatti, sono stati causati da imputazioni o condanne sulla base dell’art. 73 del Testo unico (sostanzialmente per detenzione a fini di spaccio). Si tratta del 30,8% degli ingressi in carcere. Seppur diminuiti in numeri assoluti (gli ingressi in carcere, in calo dal 2018, sono scesi nell’ultimo anno di 10.921 unità (-23,6%). Gli ingressi ex art. 73 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) hanno fatto registrare una diminuzione di 2.825 unità, pari al -20,7%. In calo anche gli ingressi di soggetti tossicodipendenti, da 16.842 a 14.092: un calo nominale di 2.750, pari al -16,3%), effetto evidente del lockdown, sono oramai lontani gli effetti della sentenza Torreggiani della CEDU e dell’adozione di politiche deflattive della popolazione detenuta.

Il 35% dei detenuti è in carcere per la legge sulle droghe: sui 53.364 detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2020 ben 12.143 lo erano a causa del solo art. 73 del Testo unico. Altri 5.616 in associazione con l'art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), solo 938 esclusivamente per l'art. 74.

Quasi il 40% di chi entra in carcere usa droghe. “Dato ai massimi storici dalla Fini-Giovanardi”

Secondo i dati riportati dal Libro Bianco, restano drammatici i dati sugli ingressi e le presenze di detenuti definiti "tossicodipendenti": lo sono il 38,60% di coloro che entrano in carcere, mentre al 31/12/2020 erano presenti nelle carceri italiane 14.148 detenuti "certificati", il 26,5% del totale. “Questa presenza, che resta ai livelli della Fini-Giovanardi (27,57% nel 2007), è alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone ‘tossicodipendenti’, in aumento costante da oltre 5 anni”, si afferma.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)