Madri e figli in carcere. Antigone e Cgil: "Non sono 20 persone a mettere a rischio la sicurezza del paese"

Le due associazioni: “Auspichiamo che si lasci da parte la propaganda e si compia un atto che guardi innanzitutto al benessere di questi bambini, sottolineando come ciò non significhi assenza di pena, in quanto la detenzione domiciliare o la detenzione in una casa famiglia protetta sono a tutti gli effetti forme di restrizione della libertà personale, nell’ottica che vede il carcere come extrema ratio, e privilegia tutte le misure alternative”

Madri e figli in carcere. Antigone e Cgil: "Non sono 20 persone a mettere a rischio la sicurezza del paese"

“A quanto pare la sicurezza del paese dipende da una manciata di donne che con i loro figli oggi si trovano in carcere. A fine febbraio, per l'esattezza, 21 con i loro 24 bambini con meno di tre anni. Un tema, questo, che da tempo in molti dicono di voler affrontare”.
Così Antigone e la Cgil intervengono sulla questione della proposta di legge che mirava a superare il problema delle madri in carcere con i figli piccoli. La proposta era stata inizialmente presentata dal Pd, che però ha deciso di ritirare il ddl dopo lo scontro avvenuto in Commissione Giustizia. Il nodo della questione era nella proposta della maggioranza di tenere le mamme e i figli in carcere in caso di recidiva: i promotori del testo hanno così deciso di ritirare la proposta di legge e hanno accusato la Lega di voler stravolgere il testo.

“La legge Finocchiaro del 2001 aveva introdotto la possibilità di scontare la pena anche all'esterno del carcere, pur se in privazione della libertà personale e la successiva legge Boemi del 2011 aveva altresì previsto l'istituzione di case famiglia protette. Tuttavia a quella legge mancava coperta finanziaria e, ad oggi, salvo a Roma e Milano, di queste strutture non ne esistono”, sottolineano Antigone e Cgil. Che aggiungono: “Negli ultimi giorni si è discusso intorno ad una proposta di legge che puntava a finanziare queste strutture, al fine di far uscire i bambini dal carcere, ma anche dagli ICAM, che, di fatto, restano strutture detentive. Il centrodestra, cavalcando le notizie che le cronache nazionali hanno riportato negli ultimi giorni, ha presentato emendamenti che, di fatto, hanno totalmente capovolto il senso di questo disegno di legge. Al ritiro delle firme e al decadimento della proposta è seguito l'annuncio della Lega che avrebbe presentato una propria proposta che, facendo appello al concetto di recidiva, porterà di fatto questi bambini a rimanere in carcere con le loro madri”.
Per le due associazioni, si tratta di una proposta che “non garantisce alle donne la possibilità di essere madri, erode il principio dell'interesse supremo del bambino, come previsto Convenzione Onu del 1989, che è quello di rimanere con la propria madre, in un ambiente dove la sua crescita psico-fisica non sia compromessa, e che dimostra una scarsa conoscenza del tema della detenzione femminile. In un paese come l'Italia, dove il tasso di recidiva raggiunge circa il 70%, soprattutto nel caso delle donne sappiamo come questa non caratterizzi affatto crimini di peso o di allarme sociale, bensì uno stile di vita legato alla piccola o piccolissima criminalità da strada, legata all’esclusione sociale, alla povertà economica, alla tossicodipendenza”.

“Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, lanciando su twitter la notizia della presentazione di questa proposta di legge, ha parlato della ‘sicurezza di milioni di italiani’ – continua Antigone -. Noi viceversa non pensiamo che la sicurezza di milioni di persone dipenda dal tenere in carcere 24 bambini e le loro 21 madri. Pensiamo invece che dal rimanere in carcere o meno dipenda la sicurezza e la crescita di quei 24 bambini. Per questo – concludono l’associazione - auspichiamo che si lasci da parte la propaganda e si compia un atto che guardi innanzitutto al benessere di questi bambini, sottolineando come ciò non significhi assenza di pena, in quanto la detenzione domiciliare o la detenzione in una casa famiglia protetta sono a tutti gli effetti forme di restrizione della libertà personale, nell’ottica che vede il carcere come extrema ratio, e privilegia tutte le misure alternative, fondamentali per declinare concretamente quanto previsto dall’art. 27 della Costituzione”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)