Maturità senza scritti. Savagnone: “Comprensibile nell’emergenza, ma non diventi la norma”

Mancano pochi giorni all'esame di maturità che, a causa del Covid, per il secondo anno consecutivo si svolgerà senza prove scritte, mentre il ministro Bianchi ipotizza che l'attuale formula possa diventare in futuro la norma. "Comprensibile che nell’emergenza venga un po' abbassato il livello dell'asticella", afferma al Sir  Giuseppe Savagnone, responsabile del sito della Pastorale della cultura dell’arcidiocesi di Palermo e per 40 anni insegnante di liceo, ma no a "trasformare l'emergenza in norma" perché "per valutare la maturità di uno studente lo scritto è imprescindibile"

Maturità senza scritti. Savagnone: “Comprensibile nell’emergenza, ma non diventi la norma”

Al via il prossimo 16 giugno, per il secondo anno consecutivo l’esame di Stato, comunemente denominato “esame di maturità”, consisterà in un “maxi orale” di circa un’ora per candidato, che inizierà dalla discussione dell’elaborato presentato entro lo scorso 31 maggio dall’allievo. La prova proseguirà con l’analisi di un testo già oggetto di studio nell’ambito dell’insegnamento della lingua e letteratura italiana. Saranno poi analizzati materiali predisposti dalla Commissione. Nel corso del colloquio si terrà conto, fra l’altro, anche delle informazioni contenute nel “curriculum dello studente”, comprensivo del percorso scolastico e di attività effettuate in altri ambiti, come sport, volontariato, attività culturali. Giuseppe Savagnone è oggi il responsabile di Tuttavia.eu, sito della Pastorale della cultura dell’arcidiocesi di Palermo, ma per 40 anni è stato insegnante di liceo. A pochi giorni dall’inizio degli esami lo abbiamo raggiunto telefonicamente per una riflessione su questa tipologia di prova, anche sulla scorta dell’ipotesi avanzata dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi che questa formula, superata l’emergenza Covid, possa diventare definitiva.

Professore, per la seconda volta a concludere un ciclo di studi reso più discontinuo e complicato dall’ultimo biennio in tempo di Covid, un esame senza prove scritte. Che ne pensa?
E’ comprensibile che nell’emergenza vi sia maggiore tolleranza e si rinunci alla forma più rigorosa dell’esame, soprattutto tenendo conto del fatto che il Covid ha acuito le disuguaglianze. I ragazzi più avvantaggiati dal punto di vista sociale, economico e culturale si trovano certamente in una situazione ben diversa, dopo mesi di didattica a distanza, rispetto a chi – forse la maggioranza – ha dovuto affrontare la Dad in spazi angusti, con fratellini che piangevano in sottofondo o fratelli con i quali dover condividere il Pc. 

Alla fine di un percorso così accidentato e disuguale non c’è dubbio che il livello dell’asticella debba essere abbassato. Tuttavia non bisogna ripetere la pioggia di 100 dell’anno scorso: è giusto evitare una seleziona troppo rigorosa ma anche un eccessivo indebolimento dei criteri di valutazione.

Secondo quanto annunciato dal ministro Bianchi, l’attuale formula potrebbe diventare la norma…

Sono molto perplesso, soprattutto perché si rischia di trasformare questa emergenza in occasione per far diventare l’emergenza norma.

Una prova ridotta al solo orale è mutilata di una componente fondamentale e non può assurgere a unico criterio di valutazione della maturità di uno studente.

Lo scritto rimane imprescindibile:

è il momento in cui il candidato è chiamato riempire un foglio bianco con idee sue, creando connessioni in una costruzione che risponde a logiche e ritmi diversi dall’orale. Lo scritto sollecita infatti un lavoro di riflessione ed elaborazione che non può essere certo sostituito dall’elaborato fatto a casa con la guida di un professore. Ho visto ragazzi spigliati e sicuri di sé, con un parlare molto convincente che però all’atto dello scrivere hanno rivelato gravi problemi di logica e di costruzione del discorso, se non addirittura errori di ortografia, grammatica e sintassi. La capacità relazionale è importante, ma non si può rischiare che diventi un elemento di giudizio decisivo all’interno di un esame “mutilato”. Superata l’emergenza, prove orali e scritte devono tornare ad essere complementari.

Nel corso del colloquio il candidato dovrà dimostrare di avere maturato anche le competenze e le conoscenze previste dalle attività di educazione civica, insegnamento assegnato, come è noto, in maniera trasversale a più docenti nell’ambito della propria disciplina…
E’ un fatto positivo che l’educazione civica, sempre esistita sulla carta ma che di fatto non ha avuto alcuno spazio nella didattica, diventi oggetto di valutazione perché questo costituisce uno stimolo a tradurne l’insegnamento in concreta prassi educativa.

Che cosa pensa del “curriculum dello studente”, destinato a essere preso in considerazione come elemento di valutazione insieme alle prove d’esame, ma ritenuto da alcuni un potenziale elemento di discriminazione?
Ritengo ragionevole ci sia un modo per presentare l’alunno nella sua complessità anche al di fuori dell’ambito strettamente scolastico. Naturalmente ci saranno ragazzi che avranno svolto attività sportive o soggiorni di studio all’estero e altri che non ne avranno avuto l’opportunità o la possibilità economica.

Spetterà alla Commissione leggere i diversi curricula con intelligenza e farne una corretta valutazione.

Dopo queste riflessioni, al là del suo spessore e contenuto culturale, la maturità costituisce comunque un rito di passaggio. Una prova “annacquata” che valore di “crescita” può avere per un ragazzo?
Occorre distinguere il modo con cui la prova viene effettivamente condotta, dal suo valore nell’immaginario collettivo degli studenti. Vedo ragazzi non meno spaventati di quanto fossimo noi molti anni fa, quando l’esame di maturità era oggettivamente assai più difficile. Nell’immaginario degli studenti, proprio perché si tratta di un rito di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, la risonanza rimane tutta, e la prova, a prescindere dal suo contenuto tecnico-culturale, fa paura. Rimane attuale quello che dicevo ai miei studenti dell’ultimo anno, ossia che la vera maturità si manifesta non tanto nell’esito dell’esame, affidato a circostanze e varianti imprevedibili, bensì nel modo con cui ci si prepara ad affrontare questa prova che spesso si rivela una delusione. Malgrado il diverso contenuto e spessore culturale dell’esame odierno,

lo studente deve essere in grado di capire che qui si gioca la sintesi di tanti anni di studio, si stila un bilancio di quello che ha appreso e maturato e che è diventato parte della sua personalità.

Continuiamo a parlare di “maturità”, termine da anni desueto e sostituito dalla dizione “esami di Stato”. Che cos’è, secondo lei, la maturità?
E’ il momento nel quale le nozioni e le conoscenze acquisite diventano parte della nostra personalità, del nostro modo di essere e di vedere la realtà. Un traguardo che lo studente dell’ultimo anno dovrebbe perseguire come proprio compito specifico; una sorta di sintesi finale del percorso educativo: questo dovrebbe animare la preparazione all’esame conclusivo. Non si deve puntare a tutti i costi al 100, ma a crescere e a diventare adulti: è questo il vero risultato.

La cosa più importante non è quello che si sa, ma quello che si è diventati dopo tanti anni di studio, la capacità di vivere con maturità l’esperienza della vita.

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Fonte: Sir