Medio Oriente, l’atto d’accusa delle Nazioni Unite contro Israele

Per Benjamin Netanyahu, uscito vincitore dalle elezioni del 9 aprile, è pronto un nuovo punto d’attrito con le Nazioni Unite. Nelle scorse settimane l’Onu ha diffuso un report in cui dichiara che “lo sfruttamento israeliano delle risorse palestinesi è una violazione dei diritti umani”

Medio Oriente, l’atto d’accusa delle Nazioni Unite contro Israele

Per Benjamin Netanyahu, uscito vincitore dalle elezioni del 9 aprile, è pronto un nuovo punto d’attrito con le Nazioni Unite. Durante la campagna elettorale, il primo ministro di Israeleaveva promesso  che avrebbe esteso la sovranità israeliana sulla Cisgiordania. Ebbene, proprio nelle scorse settimane l’Onu ha diffuso un nuovo report in cui dichiara che “lo sfruttamento israeliano delle risorse palestinesi è una violazione dei diritti umani”.
Il documento. In un report  presentato al Consiglio per i diritti umani Onu a Ginevra, il relatore speciale Michael Lynk dichiara che lo sfruttamento delle risorse naturali in Palestina è una “violazione delle responsabilità legali” a cui Israele deve attenersi in quanto “potenza occupante”. Una situazione, ha fatto notare Lynk, che contribuisce anche ai problemi di approvvigionamento idrico affrontati da poco meno di 5 milioni di palestinesi.
Limiti di Israele. Il documento spiega nel dettaglio quali sono i limiti nell’uso di acqua, risorse naturali di vario genere, suolo e ambiente. In particolare, l’utilizzo dovrebbe essere solo in qualità di “amministratore e usufruttuario” provvisorio. Inoltre, scrive ancora il relatore speciale, Israele non può sfruttare queste risorse per trarne profitto.

Le tre note violazioni. Il rapporto sottolinea, in particolare, tre criticità. Una riguarda Gerusalemme Est, dove ci sono circa 200 famiglie palestinesi che potrebbero essere mandate via, oltre alla situazione del Mar Morto, dove Israele trae dei guadagni dalle risorse locali e, allo stesso tempo, ne proibisce l’uso ai palestinesi. Il secondo punto è relativo a Striscia di Gaza e Cisgiordania, dove ci sono milioni di persone che fanno fatica a rifornirsi di acqua: da ormai 37 anni la proprietaria dei sistemi di approvvigionamento idrico è l’azienda israeliana Mekorot. La terza criticità, infine, è collegata alle cosiddette “zone di sacrificio” in Cisgiordania, dove Israele manda una parte dei propri rifiuti pericolosi. Un atteggiamento che, faceva notare già nel 2017 il centro israeliano B’teselm, aveva un effetto negativo sia per quanto riguarda l’accesso acqua, sia sulla salute della popolazione locale.
Un pericolo per la pace. Il rapporto dice dunque con chiarezza che Israele non avrebbe potuto appropriarsi di risorse pubbliche e proprietà private, come ha invece fatto in circa 50 anni d’occupazione. Secondo Lynk, questo atteggiamento può compromettere il cammino verso la pace tra israeliani e palestinesi.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)