Migranti. Pene più severe per gli scafisti, ampliamento dei Cpr, ingressi per lavoro: il nuovo dl discusso a Cutro

Fino a trent’anni di carcere per il nuovo reato in caso di morte durante un naufragio. I Cpr potranno essere aperti anche in deroga alle norme di legge. Schiavone (Asgi): “Norme prive di senso, non si distingue tra scafisti e trafficanti”. Miraglia (Arci): “Scafisti capro espiatorio, spesso sono gli stessi migranti costretti a mettersi alla guida”

Migranti. Pene più severe per gli scafisti, ampliamento dei Cpr, ingressi per lavoro: il nuovo dl discusso a Cutro

Pene più severe per gli scafisti e una nuova fattispecie di reato per chi causa vittime durante un naufragio. E poi, un ampliamento del Centri per il rimpatrio (Cpr) e ingressi per lavoro tramite decreto flussi. Sono questi i punti del nuovo decreto legge sull’immigrazione discusso oggi nel Consiglio dei ministri che si svolge a Cutro, in Calabria. Luogo simbolo, in cui il 26 febbraio scorso è avvenuto il terribile naufragio costato la vita almeno a 72 persone. Dopo giorni di tentennamenti, il Governo ha deciso di riunirsi nella cittadina calabrese per annunciare da qui una “stretta sull’immigrazione illegale”. 

Un punto centrale riguarda proprio la questione del traffico di esseri umani. Nella bozza, che Redattore Sociale ha potuto visionare, si prevede un inasprimento delle pene già previste dal Testo Unico del ‘98 e un nuovo reato per chi “promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, quando il trasporto o l’ingresso sono attuati con modalità tali da esporre le persone a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità o sottoponendole a trattamento inumano o degradante”. In questo caso si arriva alla reclusione da venti a trenta anni “se dal fatto deriva, quale conseguenza non voluta, la morte di più persone”. Inoltre,  “se dal fatto deriva la morte di una sola persona, si applica la pena della reclusione da quindici a ventiquattro anni. Se derivano lesioni gravi o gravissime a una o più persone, si applica la pena della reclusione da dieci a venti anni. La pena è aumentata da un terzo alla metà quando concorrono almeno due delle ipotesi di cui al periodo precedente”. 

Nei fatti non si distingue tra chi gestisce e lucra sui viaggi in maniera organizzata, chi guida un’imbarcazione, chi favorisce il passaggio. Eppure diversi esperti da anni ricordano la differenza sostanziale che c’è spesso tra scafista (colui che guida un’imbarcazione) e trafficante (parte di una rete internazionale di traffico di esseri umani). “Sono norme prive di senso - sottolinea Gianfranco Schiavone, membro di Asgi (associazione studi giuridici per l’immigrazione). L’impressione è che servano solo a dire di aver fatto qualcosa ma senza che cambi nulla nella sostanza. E’ solo un’esibizione muscolare. L’esperienza ci dice che spesso le persone fermate come scafisti sono gli stessi migranti che hanno fatto il viaggio, che vengono messi alla guida anche sotto ricatto. E’ difficile che salga a bordo chi ha organizzato un viaggio come quello - spiega-. Finisce così che queste persone vengano imputate di reati gravissimi mentre il trafficante vero la scamperà senza problemi. Queste norme non sono che un’esibizione muscolare”.  

Secondo un report realizzato da Arci Porco rosso molto spesso le persone fermate e perseguite penalmente come “scafisti” non hanno nulla a che fare con la rete dei trafficanti. “Seguiamo da anni la vicenda- sottolinea Filippo Miraglia di Arci - spesso sono solo un capro espiatorio, persone che vengono obbligate a guidare i barconi dai trafficanti veri. Che invece, non solo non vengono così contrastati ma che, come sappiamo, sono finanziati dal nostro governo, basta guardare alle persone con cui trattiamo in Libia”.

Tra gli altri provvedimenti c’è poi l’annunciato decreto flussi per il triennio dal 2023 al 2025. Sarà prevista una corsia preferenziale per l’ingresso da quei paesi in cui, in collaborazione con l’Italia, saranno promosse campagne mediatiche aventi a oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari”. Inoltre nel testo si parla anche della possibilità di ingresso per lavoro “subordinato allo straniero residente all’estero che completa un corso di formazione professionale e civico-linguistica, organizzato sulla base dei fabbisogni manifestati al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali dalle associazioni di categoria del settore produttivo interessato”. “L’unico contenuto positivo di questo decreto  è l’ allungamento della durata dei permessi di soggiorno per lavoro fino a tre anni - continua Schiavone -. Per il resto il  decreto flussi non è un canale di ingresso regolare. Anche i corsi d’istruzione all’estero sono stati previsti in passato ma non sono mai stati fatti, anche per difficoltà organizzative”.

Tra le altre norme c’è l'ampliamento dei Centri per il rimpatrio (Cpr) che potranno essere realizzati “ anche in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione”. “Questa è una misura gravissima - aggiunge Schiavone - perché vuole dire che si potranno aprire anche  strutture degradate e inidonee”. 

Infine nel decreto si parla anche del potenziamento della sorveglianza marittima, che sarà in capo al Comando della squadra navale, la cui operatività viene definita dal Consiglio dei ministri su proposta del  ministero della Difesa e quindi di Guido Crosetto. Secondo molti commentatori politici, così facendo la presidente Meloni intende  commissariare i ministri Salvini e Piantedosi, dopo i troppi errori legati alla strage di Cutro. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)