Nel 2020 presentate 26.963 domande d’asilo (-39%). L’attività del Cir con i rifugiati

Il Consorzio italiano per i rifugiati ha pubblicato il Rapporto sull’attività 2020. Domande d’asilo, ben il 76% i dinieghi. Protezione, accoglienza e integrazione sono le principali parole d’ordine sulle quali il Cir ha costruito una serie di azioni. Undici le famiglie italiane che hanno ospitato rifugiati nei territori del Lazio, Verona e Lecce

Nel 2020 presentate 26.963 domande d’asilo (-39%). L’attività del Cir con i rifugiati

Il Consorzio italiano per i rifugiati (Cir) ha pubblicato il Rapporto sull’attività 2020, un documento che offre un panorama completo delle attività che realizzate in un contesto difficilissimo. “Da una parte, l’inasprimento della legislazione italiana, realizzatasi a partire dal DL 113/2018, ha limitato le possibilità di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati, complicando i nostri interventi di tutela e integrazione – ricorda infatti il Cir -. Una situazione che dal punto di vista normativo è decisamente migliorata solo dopo la riforma dei decreti sicurezza (DL 130/2020) auspicata dalle associazioni di tutela e finalmente avvenuta a dicembre 2020. Dall’altra parte, la pandemia di Covid-19 che ha colpito duramente quanti cercano e trovano protezione in Italia rendendo le loro vite - come quelle di molti italiani – più isolate e a rischio di marginalità sociale”.

Domande di asilo in Italia

Nel 2020 sono state presentate 26.963 domande d’asilo, con un calo del 39% rispetto al 2019, quando ne erano state registrate 43.783. Le domande esaminate sono state 41.753: ben il 76% i dinieghi, solo l’11,8% di riconoscimenti dello status di rifugiato, 10,3% sono stati i beneficiari di protezione sussidiaria, 1,9% i beneficiari di protezione speciale.  Un tasso di protezione totale in calo del 12% rispetto al 2018, ovvero prima dell’entrata in vigore dei decreti sicurezza (avvenuta solo nel mese di ottobre).
“Alla difficoltà della pandemia – continua il Cir -, si sono quindi sommate quelle prodotte dall’improvvisa condizione di irregolarità di molte persone che cercavano protezione nel nostro Paese. I nostri interventi si sono quindi modellati su un contesto del tutto imprevedibile e hanno cercato di dare risposte concrete a bisogni sempre più impellenti”.

Protezione, accoglienza, integrazione sono le principali parole d’ordine sulle quali il Cir ha costruito una serie di azioni che partono dalla gestione – da soli o in partnership – di alcuni storici centri Sprar poi Siproimi (ora SAI) a Badolato, Catania, Roma, Roviano e Verona, per poi consolidarsi con progetti volti alla tutela e inclusione di quanti cercano protezione in Italia.
“Da sempre siamo impegnati nel sostegno ai gruppi vulnerabili, alle donne vittime di violenza e ai minori stranieri non accompagnati. Su quest’ultimo tema, nel corso degli ultimi anni, abbiamo sensibilmente rafforzato le nostre iniziative. Grazie ai nostri interventi – ricorda il Cir - nel 2020 abbiamo raggiunto 2.489 persone bisognose di protezione di cui 1.798 adulti, 652 minori stranieri non accompagnati e neo-maggiorenni, 48 vittime di violenza e contribuito alla formazione e sensibilizzazione di 438 operatori, tutori e persone. Abbiamo accolto nei nostri centri 395 persone di cui 273 adulti e nuclei familiari, 97 minori stranieri non accompagnati e 25 vittime di violenza”.

Ed ancora: “Abbiamo garantito assistenza legale, accompagnamento sociale e orientamento al territorio con sportelli informativi finanziati attraverso convenzioni con gli enti locali e nell’ambito di specifici progetti in sei regioni italiane – Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Calabria, Puglia e Sicilia – a 824 persone. Abbiamo garantito 3.406 interventi di assistenza. Siamo intervenuti in favore dei lavoratori migranti stagionali nel Salento fornendo consulenza legale a 90 persone nel campo istituzionale di Nardò. Tutti i nostri sforzi, anche di sostegno dell’attività legislativa, hanno avuto lo scopo di dare piena dignità e, se possibile, cittadinanza alle persone bisognose di protezione che arrivano nel nostro Paese”.

Per il Cir, l'integrazione “è un processo a due dimensioni che comincia nel momento in cui il rifugiato arriva nel paese che considera come propria destinazione. E implica un dialogo costante perché interessa non solo chi cerca protezione in Italia, ma la società nel suo insieme. Con i nostri progetti vogliamo dare ai rifugiati gli strumenti per potersi ripensare in futuro e alle società la capacità di accoglierli”. E i progetti in questione sono diversi, a partire da “Welcome Home” (da settembre 2018 a marzo 2020), iniziativa che intende favorire il processo di integrazione di 105 persone in protezione internazionale attraverso azioni sperimentali di accoglienza diffusa che prevedono il coinvolgimento della cittadinanza e del privato sociale. Realizzato nelle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Lazio, Puglia e Sicilia il progetto ha previsto quattro azioni di accoglienza: Welcome in the family (abbinamento tra rifugiati e famiglie italiane), Young together (abbinamento fra giovani rifugiati e giovani italiani under 35), Refugees 4 refugees (abbinamento tra rifugiati e persone migranti o rifugiate con background culturali e/o esperienziali simili ai beneficiari del progetto) e Home sweet home (sostegno a percorsi di autonomia alloggiativa attraverso contributi alloggio ed eventuale stipula di fidejussione).

È stata anche realizzata un’azione trasversale di sostegno ai percorsi di integrazione socio-lavorativa attraverso interventi qualificati in ambito di formazione/riqualificazione e inserimento professionale.
I risultati parlano di un numero complessivo di beneficiari da intercettare (105 persone) che è stato superato: 11 famiglie italiane hanno ospitato rifugiati nei territori del Lazio, Verona e Lecce. 25 giovani italiani hanno sperimentato convivenze con coetanei stranieri in Veneto, Piemonte, Liguria, Lazio e Lombardia. 39 coabitazioni “omoculturali” sono state sperimentate nei territori laziale e veneto. Realizzate inoltre 57 azioni di sostegno alla stipula di nuovi contratti e 18 interventi trasversali di supporto all’integrazione con l’attivazione di tirocini formativi, corsi di formazione, l’acquisto di materiali e di beni per il lavoro, l’acquisizione di patenti di guida.

Da segnalare anche il progetto “Kintsugi” (da settembre 2018 a maggio 2020) che, con i fondi dell’8 per mille, mira a riabilitare, garantire protezione e avviare verso percorsi di inclusione sostenibile i richiedenti asilo, i beneficiari di protezione internazionale e umanitaria, sopravvissuti a tortura e traumi estremi, con particolare attenzione ai traumi da viaggio, attraverso servizi di supporto multidisciplinari. Il progetto ha fornito assistenza medico-psicologica; orientamento e assistenza legale; integrazione abitativa; integrazione formazione e lavoro; ricongiungimento familiare; un laboratorio di riabilitazione psico-sociale.
“Dall’avvio del progetto è stata realizzata un’attività di individuazione delle vittime di tortura e di violenza alle quali è stata assicurata l’assistenza socio-legale e, laddove necessaria, quella medico-psicologica in base al consenso espresso degli interessati – evidenzia il Cir -. Con le persone prese in carico è stato condiviso un progetto individuale volto al raggiungimento della loro autonomia socio-economica. Sono state realizzate, altresì, azioni di supporto diretto all’intero nucleo familiare per rendere pienamente sostenibile l’integrazione dello stesso in Italia”.
Al 3 maggio 2020 sono stati assistiti 259 beneficiari, di cui 116 donne e 143 uomini. 62 richiedenti asilo; 126 rifugiati, 37 titolari di protezione sussidiaria: 27 beneficiari della protezione umanitaria/casi speciali, e 7 per ricongiungimento familiare. Nel corso del progetto, sono stati erogati contributi a copertura di spese per la qualificazione e riqualificazione professionale, per il riconoscimento dei titoli di studio, per le borse lavoro, per i corsi di formazione per OSS, per assistenti familiari, per addetti alla sicurezza, per parrucchieri, per carrellisti e per mediatori culturali.
Sono stati attivati tirocini presso le aziende operanti nella grande distribuzione a livello nazionale ed internazionale, nel settore alberghiero, della ristorazione, dell’agricoltura, della meccanica e della sartoria.
Nell’ambito delle attività progettuali e a seguito di riunioni multidisciplinari, sono state individuate dieci persone che hanno potuto trovare giovamento nel seguire un percorso di riabilitazione psico-sociale, attraverso un’opzione terapeutica non convenzionale, per contribuire in modo efficace e duraturo al percorso di integrazione. Dieci beneficiari del progetto Kintsugi hanno partecipato a cadenza bisettimanale, ad incontri della durata di due ore ciascuno, al laboratorio di percussioni presso l’Associazione Controchiave di Roma con la quale il Cir ha stipulato un accordo.
Il Cir ha dato visibilità al progetto Kintsugi attraverso una pagina dedicata all’interno del sito istituzionale dell’Ente e grazie a incontri con stakeholder e associazioni del settore. E’ stata strutturata la pagina dedicata creando un percorso narrativo, graficamente coerente e dinamico, che raccontasse gli aspetti qualificanti del progetto, partendo con una citazione che spiegava il senso del nome scelto per il progetto.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)