Nepal, donne costrette a vivere nelle capanne durante i giorni del ciclo

Nel Paese asiatico le donne sono soggette alla pratica del Chhaupadi: obbligate a vivere in capanne fuori dalle proprie case, prive di qualunque norma igienica e vittime della violenza degli uomini

Nepal, donne costrette a vivere nelle capanne durante i giorni del ciclo

Il periodo mestruale non è vissuto dappertutto come un processo biologico naturale, come dovrebbe. Tanto che l’Onu promuove la Giornata internazionale per l’igiene mestruale ogni 28 maggio. Un periodo significativo nella vita delle donne - si calcola una media di 7 anni trascorsi con le mestruazioni nell’arco dell’esistenza - vittime ancora di stigma sociale e discriminazione in alcune parti del mondo, come in Nepal.
Fuori casa. Nel paese asiatico le donne sono soggette alla pratica del Chhaupadi, che le emargina durante il ciclo. In questo periodo, infatti, sono obbligate a vivere in capanne fuori dalle proprie case, strutture senza letti e prive di qualunque norma igienica. Le poche a cui è permesso restare nelle proprie abitazioni, possono farlo a condizione di stare confinate in una stanza. Tutte le altre, oltre allo stigma sociale, devono affrontare pericoli per la loro salute: il freddo delle capanne, gli animali selvatici con cui si trovano ad avere a che fare, la violenza degli uomini che in alcuni casi approfittano della loro condizione di solitudine forzata.
I divieti. In Nepal alle donne sono proibite moltissime attività durante le mestruazioni perché, secondo le regole induiste, sono ritenute impure: entrare in casa porterebbe calamità di ogni genere. E così non possono toccare alberi né animali, che smetterebbero rispettivamente di dare frutto o diventerebbero pazzi. Non possono frequentare la scuola né lavarsi se non in corsi naturali, per evitare di “contagiare” i pozzi. E non possono toccare alcuni alimenti, che rischierebbero di diventare velenosi.
Le norme. Nel paese esiste una legge che proibisce da ormai 15 anni questa pratica, ma fino al 2018 non esisteva alcuna pena per i trasgressori, con la conseguenza che non è stata rispettata a lungo. Due anni fa sono stati introdotti tre mesi di prigione e una multa, ma per scrostare questa pratica in una società intrisa di cultura patriarcale ci vorrà tempo: spesso sono le donne a richiedere l’isolamento, convinte che questo sia giusto, annullando così qualunque ipotesi di reato.
Contro la discriminazione. Tra le organizzazioni impegnate nel contrasto a questo rituale c’è ActionAid, che si occupa della formazione di gruppi di donne che sono riuscite a smettere di praticarlo, aiutandosi tra loro, e oggi cercano di evitare che altre lo continuino a fare. In alcuni casi le stesse amministrazioni locali sono alleate in questa lotta. Come quella di Dilu Bhandari, che non concede aiuti economici a famiglie che stiano obbligando una donna al chhaupadi.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)