Ocean Wiking salva 85 persone. “Le nostre navi quanto mai necessarie”

La cronaca e le testimonianze del soccorso, effettuato dalla nave gestita in collaborazione da Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranee. Sam Turner (Msf): “Ora abbiamo a bordo donne, uomini e bambini. Il più piccolo ha un anno”

Ocean Wiking salva 85 persone. “Le nostre navi quanto mai necessarie”

ROMA – La Ocean Viking ha effettuato il suo primo soccorso in mare: la nave, gestita in collaborazione da Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranee, si trova ora in acque internazionali con 85 persone a bordo, di cui 25 bambini. Il più giovane ha solo un anno. Stando alle prime testimonianze delle persone soccorse, ci sarebbe un altro barcone partito dalle coste libiche nello stesso momento. Per questo la Ocean Viking resterà ancora nella zona di ricerca e soccorso per assistere eventuali altre imbarcazioni in difficoltà.

Il racconto del capo missione

“La nave era nell’area di ricerca e soccorso da circa dieci ore quando, nella notte tra giovedì e venerdì, è arrivata la chiamata di allarme da Alarm Phone, che era in contatto diretto con i Centri di Coordinamento Marittimo italiano e maltese – riferisce Sam Turner, capo missione di Msf in Libia e in mare - Abbiamo pattugliato il mare tutta la notte e lanciato i gommoni di soccorso per trovare l’imbarcazione in difficoltà, ma senza successo. Poi, alle prime luci del giorno, un aereo militare ha avvistato il barcone. Ora abbiamo 85 uomini, donne e bambini vulnerabili a bordo, il più giovane ha solo un anno. Siamo riusciti a portarli tutti in salvo a bordo, ma se non li avessimo trovati stamattina poteva facilmente diventare l’ennesimo tragico naufragio. Abbiamo più volte cercato di contattare il Centro di Coordinamento dei Soccorsi libico da quando abbiamo ricevuto l’allarme – racconta ancora Turner - ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta fino a ben dopo il soccorso. Solo allora ci hanno offerto di portare le persone in Libia, in violazione del diritto internazionale. Non potremmo mai riportare le persone in Libia – assicura Turner - Lavoriamo nel paese, conosciamo gli orrori da cui queste persone fuggono e sappiamo che la situazione è così disperata che l’unica alternativa che sentono di avere per sopravvivere è attraversare il Mediterraneo. Nessuno dovrebbe essere costretto a scegliere tra rischiare la propria vita in mare o restare intrappolati in un ciclo di abusi in Libia. Questa non può essere un’alternativa. Le circostanze in cui abbiamo trovato questo barcone e la risposta delle autorità – siano libiche, italiane o europee – mostrano quanto la situazione in mare oggi sia confusa e quanto gli stati non stiano dando la priorità al loro dovere di salvare vite umane. Fino a quando l’Europa fallirà nel trovare soluzioni umane e sostenibili, le persone saranno costrette a intraprendere questo viaggio mortale. Non possiamo stare a guardare mentre le persone annegano in mare”, conclude.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)