Padova, il ministro Elena Bonetti incontra la Fism Veneto: «Le scuole paritarie tra i beneficiari degli interventi contro il caro bollette»

Le scuole paritarie inserite tra i beneficiari degli interventi contro il caro bollette. Con questo "l'accordo" che oscilla tra 10 e i 30 milioni di euro strappato in Consiglio dei ministri, il ministro per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti venerdì 16 settembre è stata a Padova per un inconctro con i rappresentanti della Fism del Veneto. Sul tavolo anche una considerazione sul Family act, sulle opportunità del sistema scolastico di aprirsi a interventi e collaborazioni generative e rigenerative e, infine, una riflessione sul sostegno necessario alle lavoratrici che gravitano all'interno dell'universo scolastico: «Ci sono studi che dimostrano che ogni mamma che entra nel mercato lavorativo genera un coefficiente moltiplicativo, maggiore di uno, che fa aumentare la possibilità di attivare altri posti di lavoro».

Padova, il ministro Elena Bonetti incontra la Fism Veneto: «Le scuole paritarie tra i beneficiari degli interventi contro il caro bollette»

«Il tasso di natalità di un Paese è legato al livello di investimenti sui servizi educativi e sul lavoro femminile. Dunque se chiudiamo le scuole acceleriamo la decrescita demografica dell’Italia». A dirlo è il ministro per le pari opportunità e la famiglia del Governo Draghi, Elena Bonetti, durante un incontro con i rappresentanti provinciali e regionali della Federazione italiana scuole materne (Fism) del Veneto.

Bonetti – arrivata a Padova da Roma subito dopo il Consiglio dei ministri di venerdì 16 settembre, in cui sono state decise ulteriori misure urgenti in materia di politica energetica nazionale, produttività delle imprese e politiche sociali – ha spiegato che, insieme alle ministre Mariastella Gelmini e Mara Carfagna e con il supporto di Gabriele Toccafondi, è stato «chiesto e ottenuto l’inserimento delle scuole paritarie tra i beneficiari degli interventi contro il caro bollette».

Il valore dello stanziamento dovrebbe essere tra i 10 e i 30 milioni di euro, una cifra che non risolve tutti i problemi ma sicuramente dà respiro alle mille scuole dell’infanzia (3-6 anni) e 500 servizi educativi (0-3 anni) Fism venete che il caro bollette sta mettendo in ginocchio. «È necessario – prosegue Bonetti – mettere in campo risorse per consentire alle scuole paritarie di continuare a erogare il servizio alle famiglie perché, soprattutto in Veneto, i dati ci dicono che se chiudessero allora i servizi alle famiglie per bambini da 0 a 6 anni raggiungerebbero un livello critico che metterebbe in difficoltà i genitori».

In Veneto, in un Comune su due esistono solo scuole paritarie

È importante ricordare, infatti, che nel 50 per cento dei Comuni veneti esistono solo le scuole paritarie dell’infanzia che accolgono 27 mila bambini tra 0 e 3 anni e 76 mila tra i 3 e i 6 anni (ossia il 64 per cento dei bambini veneti). «Abbiamo calcolato – spiega Stefano Cecchin, presidente della Fism Veneto – che il caro bollette nei prossimi mesi implicherà un aumento dei costi per bambino al mese di circa 40 euro. Un costo che non possiamo inserire nella retta ma che dovremo sostenere con il rischio di chiusura del servizio a gennaio perché non più sostenibile. Non dimentichiamo che abbiamo alle spalle due anni di pandemia che hanno mandato in rosso i conti delle nostre scuole che si sostengono anche grazie alle raccolte fondi dei genitori, alle sagre e ad altre attività comunitarie che durante il Covid sono state sospese».

Per avere risposte concrete dalla politica, lo scorso 9 settembre, il Consiglio nazionale Fism ha approvato un documento che chiede a tutti i candidati delle elezioni politiche del 25 settembre di firmare affinché si impegnino, tra le altre cose a garantire la gratuità per la frequenza alle scuole d’infanzia paritaria; a promuovere la sottoscrizione di una convenzione pluriennale tra ministero dell’Istruzione e le scuole paritarie d’infanzia no profit in quanto parte fondamentale del sistema integrato nazionale di educazione e istruzione; a sollecitare l’attuazione con decreto legislativo delle previsioni del “Family act”.

Family act, fondi non alle scuole, ma alle famiglie

«Possiamo dire – prosegue Bonetti – che il Family act ha introdotto una nuova prospettiva: non più fondi alle scuole ma alle famiglie. Consentendo di portare a rimborso parte delle spese che sostengono per l’educazione scolastica dei propri figli. In questo modo non solo abbiamo affermato un diritto di libertà di scelta educativa ma abbiamo evitato l’inutile scontro tra scuola pubblica e privata. Dunque un importante cambio di paradigma».

Certo è necessario che anche il mondo della scuola paritaria metta in campo nuove visioni come la possibilità di collaborazione con le imprese produttive del territorio per finanziare, per esempio, degli interventi di rigenerazione edilizia in cambio di accordi sul welfare aziendale oppure la predisposizione di pannelli solari che rendano gli edifici autosufficienti dal punto di vista energetico.

Tornando sul tema del calo della natività in Italia, il ministro ribadisce: «I processi demografici chiedono oggi un investimento economico che deve avere lo sguardo sul medio termine. Non si possono decidere le politiche educative sul numero di bambini che oggi abbiamo in Italia ma bisogna fare scelte capaci di valutare le nascite che si vogliono avere in futuro».

Il mondo dell'educazione "abitato" dalle donne

E conclude: «non si può negare che il mondo dell’educazione è prevalentemente “abitato” dalle donne. Quindi sostenere fattivamente questo ambito vuol dire avere a cuore il lavoro femminile. Ci sono studi che dimostrano che ogni mamma che entra nel mercato lavorativo genera un coefficiente moltiplicativo, maggiore di uno, che fa aumentare la possibilità di attivare altri posti di lavoro. In prativa quando entrambi i genitori lavorano fuori casa usufruiscono di più servizi, da quelli educativi a quelli sportivi e ludici, che generano posti di lavoro. I dati ci dicono che se arrivassimo agli standard europei di copertura lavorativa femminile il Pil del nostro Paese potrebbe aumentare del 10 per cento».

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