Profughi, i Comuni italiani puntano sull’accoglienza in famiglia

La proposta, che verrà presentata al ministero dell’Interno, mira a rendere l’accoglienza in famiglia una misura strutturale del sistema di accoglienza in Italia. L’assessora alle Politiche sociali e alla salute di Roma Capitale Funari: “L’ospitalità in casa è una risorsa preziosa"

Profughi, i Comuni italiani puntano sull’accoglienza in famiglia

C’è anche l’amministrazione capitolina tra i 20 diversi comuni italiani che, negli scorsi giorni hanno presentato al sindaco di Prato e delegato all’immigrazione dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani), Matteo Biffoni la proposta di inserire l’accoglienza in famiglia di profughi, una realtà già consolidata con successo in molti Comuni italiani, tra le norme che regolano il sistema di accoglienza del Paese. Il documento – che è stato presentato negli scorsi giorni a Padova, dovrà ora essere approfondito dall’Anci Nazionale per essere successivamente presentato al Ministero dell’Interno. Alla base della proposta l’idea di superare la logica dell’emergenza immigrazione, per costruire percorsi condivisi tra amministrazioni comunali, cittadinanza e Terzo settore, mettendo a frutto il patrimonio di conoscenze maturate attraverso l’esperienza dell’accoglienza in famiglia.

“L’ospitalità in casa – ha detto l’assessora alle Politiche sociali e alla salute di Roma Capitale Barbara Funari – è una risorsa preziosa e può essere ben integrata con i sistemi della prima accoglienza, a partire dal sistema Sai (Sistema accoglienza integrazione). Ci uniamo in una rete, che ha già sperimentato con successo tante storie dell’accoglienza in famiglia, perché riteniamo che l’obiettivo di ogni Comune sia quello di avere strumenti che vadano oltre un’accoglienza emergenziale, che purtroppo noi a Roma conosciamo bene. In questi mesi abbiamo sperimentato anche l’accoglienza in famiglia di tante mamme e bambini fuggiti dall’Ucraina: un esempio importante di un approccio strutturato che potrebbe essere valorizzato nell’ambito del sistema Sai”.

“Abbiamo sperimentato, e vogliamo continuare a sperimentare, l’accoglienza in famiglia nelle nostre città e nei nostri comuni e vogliamo che questa modalità diventi una opportunità strutturale del sistema di accoglienza in Italia – ha commentato Margherita Colonnello, assessora al Sociale del Comune di Padova –. Padova ha appena concluso la partecipazione a un progetto europeo che ci ha permesso di sperimentale l’accoglienza in famiglia. È stato un successo, a dimostrazione che le comunità e gli enti locali sono pronti a fare la propria parte in questa direzione. Siamo qui anche perché c’è stato un passaparola spontaneo, che ha portato alla creazione di questa rete di amministrazioni, che è naturalmente aperta alla partecipazione di chi vorrà farne parte”. 

“Il sistema Sai è un sistema che con suoi limiti e i suoi problemi funziona e dà risposte, in termini pratici, alla necessità che noi tutti abbiamo – ha aggiunto Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato all’immigrazione di Anci –. Il percorso avviato dall’assessora Margherita Colonnello ci consente, con un impegno di cui mi faccio carico, di portare all’attenzione del ministero, di tutte le politiche nazionali e del governo una modalità che può essere una ulteriore presa in carico e di accompagnamento verso la cittadinanza delle persone che arrivano sul nostro territorio. Ora abbiamo una base vera, con Comuni importanti, su cui appoggiare una proposta da portare alla valutazione del Ministero, come miglioramento del sistema di accoglienza che già abbiamo.  L’Anci su questo tipo di proposta ci lavorerà”.

I comuni si sono incontrati negli scorsi giorni a Padova in occasione del convegno “Le città accoglienti”, dedicato al progetto europeo “Embracin’”, che ha permesso al capoluogo regionale del Veneto di sperimentare l’accoglienza in famiglia in partenariato con altre 7 realtà europee. Ma Padova è solo una delle tante città in Italia che ha sperimentato questa possibilità. Proprio per questo l’iniziativa ha raccolto l’interesse di Roma, Bari, Bologna e Prato oltre che delle venete Verona e Rovigo e di molti altri piccoli Comuni. Sono molte le ragioni che hanno spinto le amministrazioni comunali firmatarie del documento a promuovere l’accoglienza in famiglia come misura strutturale nel sistema di accoglienza italiano. Tra queste la capacità di tale strumento di inserire le persone migranti nel contesto culturale e linguistico italiano con maggior efficacia, le ripercussioni positive sullo stesso tessuto sociale italiano, il possibile supporto nei percorsi di uscita dal Sai e nei percorsi di uscita dai Cas (Centro accoglienza straordinaria), ma anche come forma di housing sociale per sostenere i percorsi di inserimento abitativo e di inclusione sociale, pienamente integrata nei servizi di welfare dei Comuni. (ap)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)