Quel sipario alzato sul buio. L’enorme sofferenza del teatro, degli addetti ai lavori e delle maestranze nell'anno del Covid

L'enorme sofferenza del teatro e in particolare degli addetti ai lavori e delle maestranze. Le voci di Beltotto (Teatro stabile), Celestini e Sinibaldi (Radio 3). Il Covid morde la cultura che freme per ripartire e intanto esplore nuove vie per raggiungere il pubblico che non incontra da più di un anno

Quel sipario alzato sul buio. L’enorme sofferenza del teatro, degli addetti ai lavori e delle maestranze nell'anno del Covid

Luci spente, palcoscenici deserti, sale vuote.
Recita il silenzio. Si proietta solo il buio. Con l’eco infinita del vuoto. Uno spettacolo replicato senza che il sipario restituisca la scena agli artisti. Una crisi irrisolvibile?

Lo Stabile orizzonte

Il teatro è l’anima di una società. Giampiero Beltotto, presidente del Teatro Stabile del Veneto, non si sottrae: «Ha torto marcio chiunque creda che si faccia teatro solo in palcoscenico. Si va in scena in pace e in guerra, con il Covid o senza, in formato digitale o nelle piazze. Comunque, perché è vita. Sulla collina con Boccaccio e il suo Decamerone, nel 1630 con la peste a Milano di Manzoni, perfino ad Auschwitz nella più grande rappresentazione tragica che la mente dell’uomo potesse immaginare».

E quindi occorre reagire. «Il teatro del campanile è morto: solo i miopi insistono a concentrare lo sguardo sul paesello» afferma il presidente del TSV «Al contrario c’è la rappresentazione nei confronti del mondo, che va dall’estremo Oriente appena Padova sarà il nuovo polo dell’Unesco fino a Parigi dove Goldoni scrisse la metà delle sue opere. Del resto abbiamo avuto come regista ospite Andrei Konchalovsky per la regìa forse più bella mai vista del Giardino dei ciliegi, mentre siamo partner nella valorizzazione del Teatro Balzan, meraviglia di Badia Polesine».

Nonostante tutto, Beltotto guarda avanti. «Certo, patiamo ancora la brutta storia del declassamento. Ma Governo o algoritmo, il TSV conta di tornare un teatro nazionale. La Regione ci aiuta come i Comuni di Venezia, Padova e Treviso che per la prima volta hanno promosso il Concerto di Capodanno con il TSV come operaio nella vigna. Con quasi 40 mila visualizzazioni. Significa che con il digitale si fanno numeri e che insieme è meglio che da soli. Senza dimenticare l’ingresso delle Camere di commercio e speriamo di altri soggetti. Ci sprona a fare del teatro un’azienda, un sogno radicato nel Veneto».

Il circuito dei numeri

Con la delibera numero 28 (datata 23 novembre 2020), Arteven ha varato il bilancio preventivo per l’attività di quest’anno del circuito regionale dello spettacolo.

Le voci sono dettagliate, almeno sulla carta, per il cartellone delle rappresentazioni: 3.233.800 euro destinati al teatro di prosa, 214.960 al teatro per ragazzi, 315.700 al teatro di ricerca, giovani e contemporaneo.

Si aggiungono 291.300 euro per la danza, 75.500 al circo contemporaneo e 75.500 alla musica. Complessivamente, Arteven conta di sostenere spese per 5 milioni 440 mila 727 euro e 46 cent.

Alla vigilia della pandemia, il bilancio preventivo 2020 (delibera numero 55 del 26 novembre 2019) contemplava un totale di 7 milioni 406 mila 850 euro.

Riflessioni critiche

Attore, regista cinematografico, scrittore e drammaturgo Ascanio Celestini traccia un bilancio spietato dell’ultimo anno. In particolare, sull’inerzia prospettica delle istituzioni: «Hai dato l’elemosina per far sopravvivere le persone? Bene. Gliel’hai data pensando che c’è qualcosa che non funziona e va risolto? Va bene, non importa. Per usare la metafora della guerra: si regala il pane alla gente per strada. Ma quando si è potuto riaprire, dopo la stretta e per tutta l’estate, il governo avrebbe dovuto dire subito: mille spettacoli al giorno in ogni cortile, in ogni spazio, in ogni area pedonale».

Una stridente scelta di campo, che il poliedrico narratore romano riassume così: «Teatri, cinema, sale chiuse da mesi. E quando gli spettacoli potevano guadagnare spazi aperti, non si è deciso di far lavorare il più possibile gli artisti. Anzi, le persone – indirettamente, dal Governo – sono state riportate fuori dalle loro abitazioni verso pub, ristoranti, discoteche. Cioè proprio lì dove non era rispettato il distanziamento fisico. Una politica assurda. Meglio: inspiegabile, perfino a livello economico...».

Una tesi controcorrente è sostenuta da Marino Sinibaldi. Direttore di Radio3 Rai, nel 2014-2017 è stato presidente del Teatro di Roma e da un anno è al vertice del Centro per il libro e la lettura. In autunno affidò a Internazionale riflessioni riprese nel webinar promosso dalla Voce dei Berici il 17 febbraio: «A ottobre, i morti erano 140 al giorno. E c’era chi non capiva. I cinema e i teatri si erano già svuotati. Ora i morti sono più di 300. Come si fa a non assumersi la prima funzione degli intellettuali, cioè dire la verità per quanto faticosa?».

Insiste nel ragionare a voce alta: «Non era e non è immaginabile trincerarsi nella difesa corporativa. Sono persuaso che occorra focalizzarsi su due questioni. La prima è salvare linguaggio, valori, contenuti, virtù perché abbiamo più bisogno di arte, bellezza e intelligenza. Altrimenti, ci ritroviamo più poveri, malati e soli. L’altra è riassumibile così: Il teatro è morto, viva il teatro! Con modi e forme nuove in una società diversa da prima, senza la promiscuità e il chiasso, ma più compatibile e sostenibile. In fin dei conti, è dall’antica Grecia che il teatro risponde di sera ai conflitti che la comunità vive di giorno».

Il 22 febbraio la manifestazione di Unita

Nella serata di lunedì 22 febbraio, in tutta Italia, si sono creati presidi, in piena sicurezza, davanti a teatri e cinema illuminati. Anche il Multisala Pio X e il Teatro Verdi a Padova hanno risposto all'appello di Unita (Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo) «perché questi luoghi tornino simbolicamente ad essere ciò che da 2500 anni sono sempre stati: piazze aperte sulla città, motori psichici della vita di una comunità»

Rete spettacolo dal vivo. I teatri restano chiusi, ma il teatro è vivo
Mpx-presidio

IL PRESIDIO Lunedì 22 febbraio, il Multisala Pio X illuminato per la manifestazione "Facciamo luce sul teatro" dell'associazione Unita

Sono artisti e lavoratori, compagnie teatrali e formatori, tutti “attori” della cultura nel territorio.
«Res - Rete Spettacolo dal vivo nasce per dare voce a medie e piccole imprese che compongono un panorama dinamico e attivo, pur non potendo contare stabilmente su contributi pubblici» spiega il presidente Filippo Tognazzo a nome di una trentina di gruppi veneti. «Alla Regione proponiamo di condividere un piano di rilancio con un ampio respiro. A partire dalla definizione del regolamento della legge sulla cultura: ristrutturazione del comparto in coordinamento con gli altri enti, ridefinizione dei bandi, istituzione del Fondo unico per lo spettacolo regionale. Ma anche lavorando insieme al potenziamento delle risorse culturali nel Veneto, come al Piano Europa creativa 2021-2027».

Res punta soprattutto sul legame diretto negli spettacoli dal vivo, nei grandi teatri quanto nelle aule scolastiche o nelle piazze di paese, condividendo emozioni e silenzi, gesti e fatica.

«Per noi, tre sono le parole-chiave del percorso che vorremmo condividere» sottolinea Tognazzo. «La prima è territorio: la cultura non si fa solo nelle grandi istituzioni, ma si articola in una miriade di interventi nelle scuole, nelle strade, nelle case di riposo, nelle Università, nei piccoli borghi di provincia, in mezzo alla natura. La cultura non appartiene al passato, non è un feticcio; è soprattutto visione del futuro. La seconda parola è professionalità, perché i processi culturali necessitano di tempo e risorse, impiegano tempo per produrre risultati che durano. Res è il tentativo di unione in virtù di obiettivi comuni a tutela non solo dei lavoratori, ma anche degli spettatori poiché professionalità significa applicazione rigorosa dei protocolli di sicurezza sui luoghi di lavoro e di pubblico spettacolo. Infine, prospettiva. Una nuova generazione si affaccia nel settore. Ragazze e ragazzi, lavoratori di 20-25 anni che al contrario di molti coetanei hanno deciso di affrontare una strada difficile, convinti che la determinazione e il talento consentiranno di contribuire allo sviluppo culturale del territorio. Sentiamo la responsabilità di lasciare loro un sistema migliore di quello che abbiamo trovato».

Se i teatri restano sempre chiusi, nonostante il Covid il teatro continua a vivere. E non solo con le produzioni a beneficio del pubblico “virtuale”. C’è il confronto diretto con gli interlocutori del settore: Agis Triveneto, Arteven, Teatro Stabile e Fediart. Si è ottenuto un milione di euro nell’ultimo bilancio regionale, mentre occorre “aggiustare” i criteri tecnici dei ristori da 18,3 milioni che escludono le associazioni culturali. Infine, Res lavora a progetti originali e innovativi per festival, rassegne e appuntamenti della prossima estate.

Osservatorio sullo spettacolo (Siae): dati drammatici

Un cartellone ridotto ai minimi termini. Con i botteghini svuotati. E bilanci in profondo rosso. L’Osservatorio dello spettacolo della Siae ha pubblicato i dati del 2020: «Complessivamente gli eventi sono diminuiti del 69,29 per cento, gli ingressi hanno segnato un calo del 72,90 per cento, la spesa al botteghino è scesa del 77,58 per cento mentre quella del pubblico ha avuto una riduzione dell’82,24 per cento».

Per il teatro, in base ai dati della Siae, è stato un analogo crack rispetto ai numeri del 2019: addio al 70,71 per cento degli ingressi con una riduzione del 78,45 della spesa al botteghino. Come gli spettacoli teatrali, anche la musica ha pagato il prezzo più alto della pandemia. Concerti dal vivo e rassegne cancellati, artisti senza più date in agenda. Non si salvano nemmeno le mostre perché sono mancati gli ingressi (meno 77,90 per cento) con conseguente addio agli incassi equivalenti...

I numeri di Arteven: 448 teatri in Veneto, 70 nel padovano
arteven

Il circuito Arteven si preoccupa di gestire un “cartellone” di spettacoli. Ha monitorato anche gli spazi teatrali: sono 448 in Veneto, di cui 78 nella provincia di Padova.

Prima del lockdown, Arteven aveva presentato il bilancio delle attività 2019: dichiarava 1.118 spettacoli dal vivo (di cui 413 in prosa) per 294.186 presenze complessive.

Al circuito sono associati i Comuni di Abano, Camposampiero, Campodarsego, Cittadella, Este, Mestrino, Montegrotto, Padova, Piove di Sacco, San Giorgio delle Pertiche e Trebaseleghe.
Nel bilancio preventivo 2021 compaiono un milione 309 mila 427 euro e 46 cent di contributi dalla Regione e dal Mibact, mentre il costo del personale ammonta a 816.300 euro.

A dicembre è partito il progetto "Schiusi - I teatri sono vivi" per descrivere gli spazi di ogni teatro, illustrandone la storia e incontrando alcuni artisti attraverso dei video.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)