Quote latte, il conto è salato

Errori, ritardi, compiacenze. L'Europa non dimentica, e ci impone di recuperare un miliardo e 343 milioni di euro.

Quote latte, il conto è salato

L’ultima batosta è arrivata qualche giorno fa: 1,343 miliardi di euro da recuperare. Lo ha sancito la Corte di giustizia europea nei confronti dell’Italia giudicata “inadempiente”. Oggetto della discordia il latte. O meglio, l’eredità ancora pesante delle quote latte, cioè dei tetti alla produzione che l’Europa aveva posto nel 1984 e che sono state aboliti nel 2015. Soldi che in effetti l’Italia ha già pagato all’Europa, ma che i governi dovevano far pagare a chi effettivamente è stato responsabile degli sforamenti dei limiti produttivi e non a tutti noi. 

È in qualche modo il passato che torna presente. E che sembra quasi aver spiazzato il nostro governo, anche se l’Agea (l’Agenzia che si occupa dell’erogazione dei pagamenti in agricoltura ma anche delle riscossioni), ha già avviato le procedure di richiesta ai singoli allevatori ma solo per una parte dell’importo chiesto, visto che 459 milioni non risultano ad oggi esigibili a causa del protrarsi dei contenziosi. La Corte però è stata inflessibile: la sua decisione è stata provocata, si legge nella sentenza, dal «non avere predisposto, in un lungo arco temporale (oltre 12 anni), i mezzi legislativi ed amministrativi idonei ad assicurare il regolare recupero del prelievo supplementare dai produttori responsabili della sovrapproduzione».

Ma che cosa è accaduto? Il meccanismo delle quote latte è stato costruito nell’84 sul modello di quello dello zucchero. Anche allora alla base c’erano i soldi. Troppi quelli spesi per conservare migliaia di tonnellate di burro frutto della eccessiva produzione di latte. La soluzione adottata consisteva in tetti produttivi (le quote) che se oltrepassati facevano scattare a carico degli allevatori un prelievo finanziario (la “multa”), per ogni chilogrammo di latte prodotto in più. Gli acquirenti di latte (latterie e caseifici), dovevano esercitare il ruolo di sostituti d’imposta. Controllando il flusso di consegne, i trasformatori, nel momento in cui la quota veniva superata, dovevano trattenere il prelievo dall'importo periodicamente pagato agli allevatori. 

Non avvenne sempre così.

Ma l’Italia fece anche un errore iniziale chiedendo una quota di produzione troppo bassa rispetto alla situazione reale. La troppa produzione, il comportamento non sempre limpido e lineare di chi doveva gestire tutto, l’emanazione di norme contraddittorie e non chiare, l’inquinamento da parte di una brutta politica fecero il resto. Iniziarono a fioccare multe miliardarie, esplose la “guerra del latte” con il prodotto versato in strada e blocchi delle principali vie di comunicazione. «Errori, ritardi e compiacenze», dice oggi Coldiretti, da cui il settore è uscito profondamente ristrutturato e ridimensionato: trent’anni fa le stalle erano 180 mila, oggi sono circa 32 mila.

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