Reddito di cittadinanza, dall’Alleanza contro la povertà otto proposte al governo

Presentato oggi online il Position paper che raccoglie le indicazioni delle organizzazioni per migliorare la misura, anche in termini finanziari, attraverso la prossima Legge di Bilancio. Il portavoce Rossini: “Non va abolito, ma riformato affinché sia più efficace nel contrastare la povertà”

Reddito di cittadinanza, dall’Alleanza contro la povertà otto proposte al governo

"Non tocca a noi difendere il Reddito di cittadinanza. Noi difendiamo i poveri e cerchiamo semmai di trovare i giusti provvedimenti attraverso le risorse che abbiamo”. Tuttavia “il dibattito di quest’estate è stato molto violento. Si è parlato addirittura di un referendum e ci sono state molte riflessioni sul tema dei cosiddetti furbetti del divano. Anche se non ci sono dati a sostegno di questo fenomeno, spesso si è parlato di Rdc in termini molto negativi, per quanto qualche giornale abbia raccontato storie di povertà che ci dimostrano che il reddito di cittadinanza è andato nella giusta direzione”. Così Roberto Rossini, portavoce dell’Alleanza contro la povertà ha introdotto la presentazione online del primo Position paper che va a arricchire le proposte del cartello di organizzazioni avanzate al governo lo scorso luglio per migliorare il Reddito di cittadinanza in vista della prossima legge di bilancio. Per l’Alleanza, infatti, il Reddito di Cittadinanza ha costituito, soprattutto nel corso della crisi pandemica, “un argine fondamentale al dilagare della povertà nel nostro Paese. Eppure il dibattito politico intorno a questo strumento continua ad essere acceso. Dal lato assistenziale, sebbene se ne riconosca il ruolo, si obietta che la misura non riesca a coprire una parte rilevante delle famiglie in povertà assoluta. La critica diventa ancor più accesa quando si passa a considerare l’inclusione dei beneficiari dal lato lavorativo che mostra ancora vistose carenze”. Nonostante le difficoltà riscontrate, per Rossini il Reddito di cittadinanza “non va abolito, ma riformato affinché sia più efficace nel contrastare la povertà e permettere a chi è caduto in povertà di avere una possibilità di reinserimento sociale. La povertà è complessa, non si riduce alla semplice assenza di lavoro. Riformare il RdC significa quindi accettare la sfida della complessità e della concretezza. Come Alleanza abbiamo lavorato e stiamo lavorando per offrire uno studio approfondito e realistico che dia una risposta in un momento particolare nella storia di questo Paese”. Attraverso un lungo lavoro di ricerca e di analisi, grazie al supporto di un gruppo di docenti e ricercatori universitari, l’Alleanza torna a proporre al governo un “tagliando” alla misura voluta dal Movimento 5 stelle. Un “rafforzamento” della misura che non riguarda soltanto la normativa, ma anche la dotazione finanziaria per i prossimi anni. 

Le otto proposte per riformare il Reddito di cittadinanza

La prima mossa da fare riguarda le famiglie con minori e quelle numerose. Per l’Alleanza l’attuale Reddito di cittadinanza le penalizza. “La soluzione ideale e coerente consiste nel far uso della scala di equivalenza Isee, che accrescerebbe di poco meno di 400 mila il numero di famiglie beneficiarie del RdC, estendendo quindi l’accesso ai nuclei che ne sono attualmente fuori a causa dei parametri restrittivi prescelti. Si accrescerebbe in media di circa 1.800 euro annui l’importo del RdC per le famiglie che già ne beneficiano, con una riduzione della povertà di circa 0,6 punti percentuali”. Una misura, questa, che avrebbe un costo annuo per il bilancio pubblico di circa 3,2 miliardiIl secondo nodo da sciogliere riguarda gli stranieri. Secondo l’Alleanza, nell’Unione europea l’Italia rappresenta un unicum nello stabilire requisiti di accesso così stringenti nei confronti dei cittadini extracomunitari. Per l’Alleanza, quindi, occorre “eliminare il discriminatorio vincolo di residenza di 10 anni, riportandolo sul più ragionevole livello di 2 anni previsto per il Rei, con un significativo incremento delle famiglie beneficiarie (circa 150 mila) – e una caduta di 0,3 punti percentuali del tasso di povertà”. Una seconda misura che da sola costa circa 900 milioni.  La terza proposta riguarda i requisiti di accesso che attualmente richiedono il soddisfacimento di una serie di requisiti monetari basati sull’Isee, sul reddito familiare e sul patrimonio familiare fi- nanziario e immobiliare. Secondo l’attuale normativa, può accedere al RdC unicamente chi rispetta tutti i quattro requisiti. “La considerazione congiunta di così tanti requisiti, da un lato, è incoerente con l’uso dell’Isee che già da sé valorizza congiuntamente reddito e patrimonio per evitare di concedere risorse a nuclei con reddito basso ma ricchezza elevata, dall’altro rischia di escludere in modo arbitrario nuclei bisognosi che avessero però un risparmio lievemente superiore alla soglia prescritta - spiega l’Alleanza nel documento presentato oggi -. Per questo, secondo le organizzazioni, occorre “allentare il vincolo aggiuntivo sul patrimonio mobiliare, prevedendo un innalzamento della soglia per includere coloro che sono poco sopra il margine, o renderlo più flessibile”.  La quarta proposta chiede di reintrodurre i punti unici di accesso previsti per il Rei. Secondo l’Alleanza, infatti, la presentazione della domanda richiede di predisporre una serie di documenti atti a certificare lo stato di bisogno economico e le caratteristiche di occupabilità o meno del richiedente. Si tratta dunque di una fase delicata e complessa” e molti potenziali beneficiari spesso “incontrano problemi nel reperimento e nella predisposizione dei documenti”. Per l’Alleanza serve un “accompagnamento ‘leggero’ nella fase di presentazione della domanda, che consenta ai richiedenti più fragili di non restare penalizzati sin dall’inizio della procedura”.   La quinta proposta riguarda la presa in carico tra Centri per l’impiego e Servizi sociali. Per l’Alleanza, occorre “reintrodurre l’analisi preliminare del nucleo beneficiario in modo da valutare adeguatamente i suoi bisogni multidimensionali, rivedendo il meccanismo automatico di selezione dei percorsi di inserimento per migliorare la capacità di intercettare il disagio sociale; rafforzare la collaborazione e il coordinamento tra Centri per l’impiego e Servizi sociali territoriali tramite la definizione di protocolli di lavoro congiunto e promuovere l’utilizzo integrato delle banche dati degli enti coinvolti nell’implementazione del Rdc”.  La sesta proposta, invece, riguarda i Progetti utili alla collettività (Puc). “Si tratta di progetti volti a supportare o potenziare le attività svolte dagli enti locali in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo, o di tutela dei beni comuni”, spiega l’Alleanza. Oltre ad essere un obbligo, i Puc “dovrebbero dunque rappresentare un’occasione di inclusione e crescita per i beneficiari e per la collettività” quando invece “nei fatti risultano scarsamente utilizzati ed efficaci”. Per questo, l’Alleanza chiede di rendere volontari i Puc “secondo una logica basata sull'empowerment e capacitazione dei soggetti più fragili”. La settima proposta riguarda i “nuovi profili di rischio di povertà”. Secondo l’Alleanza, i percorsi di attivazione lavorativa dei beneficiari del Reddito di cittadinanza “rimangono un problema aperto”. “È vero che i beneficiari attuali dell’RdC hanno un profilo molto lontano dal mercato del lavoro - si legge nel documento -: nel 2020, metà dei beneficiari tenuti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro non aveva un’occupazione (regolare) da almeno tre anni e un terzo non l’aveva mai avuta. Però i percorsi di attivazione non sono decollati. L’Rdc ha avuto 1.150.000 beneficiari abili al lavoro e attivabili, ma solo un terzo effettivamente convocati per la stipula del Patto per il lavoro. Le Regioni hanno attivato meno di 300 assegni di ricollocazione, uno ogni 1.000 aventi diritto (dati Anpal)”. Per questo, il sostegno economico “deve essere una delle due gambe dell’Rdc, i servizi per favorire il ritorno al lavoro devono essere l’altra, tenendo conto della nuova platea di poveri. Il Rdc deve prevedere percorsi ben funzionanti e mirati di aggiornamento e miglioramento delle competenze e un nuovo disegno della compatibilità tra Rdc e reddito da lavoro, per evitare la trappola della povertà”.  L’ottava e ultima proposta, infine, riguarda il rapporto tra Rdc e lavoro. “Come noto, il reddito da lavoro entra per intero nella definizione del reddito familiare considerato ai fini dell’accesso alla misura - si legge nel documento -: una volta aggiornata la dichiarazione Isee, l’RdC si riduce di un euro per ogni euro guadagnato. In sostanza, ai fini dell’accesso e del mantenimento dell’Rdc, il reddito da lavoro viene ‘tassato’ al 100 per cento, dando luogo alla trappola della povertà, rendendo conveniente il sussidio rispetto a offerte di lavoro a basso reddito”. Per tali ragioni, l’Alleanza propone di “ridurre l’aliquota marginale applicata al reddito da lavoro, abbassandola dal 100 fino al 60 per cento e aumentare il reddito disponibile da lavoro in combinazione con il sussidio modulando la percentuale di ‘sconto’ fino al raggiungimento di una soglia-limite periodicamente aggiornata”, come avviene già in Francia.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)