Residenti in Italia, respinti in aeroporto per norme Covid. L’odissea delle famiglie dominicane

La disavventura capitata a venti cittadini di Santo Domingo ma da anni in Italia. Erano di ritorno nel nostro paese, dove vivono e lavorano. Protesta il Movimento italiani senza cittadinanza: “Ingiusto e discriminatorio”

Residenti in Italia, respinti in aeroporto per norme Covid. L’odissea delle famiglie dominicane

Residenti da anni in Italia regolarmente, respinti alla frontiera aeroportuale di Malpensa per le norme anti coronavirus e rimandati a Santo Domingo. E’ quanto accaduto ad alcune famiglie dominicane, in tutto venti persone, con regolare permesso di soggiorno, che vivono e lavorano nel nostro paese. I cittadini dominicani, arrivati con un volo organizzato in collaborazione con il Ministero Italiano degli Affari Esteri, dopo tre giorni di accampamenti, sono stati rimandati indietro, nonostante la loro regolarità nel paese e il sostegno dei datori di lavoro. A fare la differenza, rispetto agli altri passeggeri, il passaporto dominicano.

La normativa sanitaria stabilita dal Ministero della Salute, riguardante 13 paesi, limita l’ingresso nel paese a chi ha soggiornato a Santo Domingo. Fanno eccezione al divieto solo i cittadini europei (UE, Schengen, UK, microstati europei) e i loro familiari conviventi (ascendenti e discendenti diretti, coniugi, partner stabili, parti di unione civile) con residenza anagrafica in Italia da data anteriore al 9 luglio 2020. In ogni caso, per questi soggetti si applica l'obbligo di quarantena. La regola della residenza in Italia si applica anche ai cittadini europei. I cittadini italiani iscritti all'A.I.R.E. in Repubblica Dominicana, invece, non fanno eccezione al divieto e, fino al 31 luglio, non è quindi consentito loro l'ingresso in Italia, sia in via diretta sia in via indiretta (facendo scalo in un altro Stato).

Niente da fare dunque per le famiglie dominicane, che hanno atteso invano per tre giorni all’aeroporto milanese di poter tornare nella loro casa in Italia. “Richiedere la cittadinanza italiana per l’ingresso in Italia significa non solo non tenere conto della difficoltà che oggi esiste nel diventare cittadini italiani per via delle lunghe tempistiche, ma anche rimarcare ulteriormente la precarietà che i  cittadini stranieri hanno nel nostro paese - protesta il Movimento italiani senza cittadinanza -.  Chiediamo pari trattamento tra cittadini italiani e cittadini stranieri residenti per il rientro in Italia dai 13 paesi presenti nella normativa sanitaria del Ministero della Salute"

L'odissea delle famiglie dominicane di passaporto, ma italiane per vita, 'rimpatriate' in questi giorni da Maplensa, è allucinante - continua il Movimento - Ancor più perché vittime sono stati anche bambini nati o comunque cresciuti in Italia. Da Italiani, con e senza cittadinanza, ci chiediamo dove fossero le Istituzioni, locali e nazionali, mentre accadeva tutto questo? In quanti tra politici e amministratori si sono recati all'aeroporto di Malpensa per parlare e cercare di capire come tutelare queste famiglie che appartengono all'Italia anche se non ne hanno ancora il passaporto e per salvaguardare i percorsi e la serenità di questi minori non accompagnati?”.

Il movimento parla di un’ingiustizia e di discriminazione se “immigrati e figli, residenti da anni e anni in Italia e regolarmente soggiornanti, vengano trattati così diversamente da chi ha la cittadinanza italiana in piena violazione dell'articolo 3 della Costituzione italiana oltre che delle disposizioni internazionali sul trattamento dei bambini. Le disposizioni per contrastare il Covid sono fondamentali - aggiunge il movimento -ma è inaccettabile che chi risiede in Italia, paga le tasse oppure frequenta le scuole italiane non possa seguire la stessa trafila e protocollo di chi ha la cittadinanza italiana, e quindi trascorrere in autoisolamento i giorni di quarantena stabiliti oppure anche sottoporsi ai tamponi o altre disposizioni stabilite per gli Italiani di passaporto”. 

Gli attivisti ricordano che ad oggi ottenere la cittadinanza comporta un percorso lunghissimo, una situazione peggiorata dal primo decreto sicurezza, che ha portato a ben quattro anni la sola durata delle pratiche. “Tenendo infine presente che le disposizioni anti covid e le informazioni ufficiali sui rientri in Italia sono confusionarie (le informazioni date dai numeri telefonici speciali, prefetture, ambasciate e dogane sono contraddittorie) e che quindi non vanno lasciate le famiglie, e in particolare i bambini, a subire tutto il peso di un sistema che non funziona e che discrimina” concludono.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)