Salvini: "Lavoriamo per ridurre le presenze. Presto calo tangibile anche a Cona e Bagnoli"

Il vicepremier stamani a Venezia per firmare i protocollo legalità della Pedemontana Veneta ha affrontato con i cronisti il tema caldo dei migranti, proprio mentre la ministra alla Difesa Elisabetta Trenta era a Vienna per  rivedere i termini degli accordi sulla missione Sophia.

Salvini: "Lavoriamo per ridurre le presenze. Presto calo tangibile anche a Cona e Bagnoli"

«Stiamo lavorando per diminuire le presenze di migranti, in Veneto come in tutta Italia, anche in altri grandi centri. In questi tre mesi di governo gli ospiti pagati dagli italiani nelle strutture pubbliche sono diminuiti di 16 mila unità, quindi vuol dire un risparmio di tempi e di costi e un investimenti in sicurezza non da poco».

Così il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, questa mattina a Venezia per firmare il protocollo legalità della Pedemontana Veneta. A margine della cerimonia per la firma, alla Scuola Grande di San Rocco, ha risposto a un domanda della Difesa del popolo a proposito del futuro dei due grandi hub per richiedenti asilo di Cona e Bagnoli di sopra.

«Vedremo di fare ancora di più – ha aggiunto il ministro – Se continueremo con questo tasso di riduzione degli sbarchi e con il contemporaneo aumento della velocità dell’esame delle domande che abbiamo ereditato, che sono circa 130 mila, anche in Veneto vedremo nei prossimi mesi una diminuzione tangibile delle presenze in questi centri».

Tema migrazioni dunque sempre al centro dell’attenzione in Veneto. L’inchiesta chiusa nei giorni scorsi dalla procura di Padova consegna all’opinione pubblica l’ennesimo spaccato indegno e inquietante sulla gestione dell’emergenza profughi scoppiata nel 2015. A vedersi recapitati l’avviso di garanzia sono in sette. Tra loro ci sono i vertici della cooperativa Edeco (già Ecofficina) Simone Borile e la moglie Sara Felpati che, pur avendo perso l’appalto un anno e mezzo fa, continuano a gestire a suon di ricorsi gli hub di Cona nel Veneziano e Bagnoli di Sopra nel Padovano. E poi ci sono il prefetto vicario Pasquale Aversa e l’ex funzionaria prefettizia Tiziana Quintario. Pesantissimi le ipotesi di reato: si va dalla turbativa d’asta alla frode nelle forniture pubbliche, dalla truffa alla concussione per induzione, fino alla rivelazione di segreti d’ufficio e il falso ideologico.

Quello che emerge dalle 400 pagine dell’informativa, redatta dal Nucleo investigativo dei Carabinieri di Padova dopo tre anni di indagini, appare come un vero e proprio piano criminale messo in atto da soggetti privati e funzionari pubblici allo scopo di lucrare sul sistema di accoglienza, grazie principalmente ai due centri di accoglienza più grandi del Paese, sopo il cara di Mineo, in Sicilia. Un paesaggio di malaffare e sfruttamento con richiedenti asilo donne che si prostituivano per dieci euro. Cibo scarso. Tendoni allestiti a camerate gelidi d’inverno. Operatori costretti a falsificare le firme dei richiedenti asilo fuggiti per continuare a percepirne il pocket money da 2 euro e mezzo al giorno. E quel che è peggio, appalti pilotati e soffiate prima dei controlli provenienti direttamente dalla prefettura.

Le intercettazioni ambientali e le interrogazioni dell’Arma non lasciano spazio a dubbi di sorta. «Di fatto nei centri non viene fatta alcuna attività d’integrazione, visto che il numero di operatori non è sufficiente», spiega un ex dipendente, aggiungendo che quando a Cona si trovavano 800 migranti (ma sono arrivati anche a 1.500 all’inizio del 2017), nella base non erano impiegati più di otto o dieci operatori. Numero che lievitava nei giorni precedenti ai controlli. Tutti per lo più “telefonati”, in occasione dei quali «assistevo a un “teatrino” - sostiene un’altra dipendente. Ad esempio veniva richiesto il cibo preferito dagli ospiti, venivano organizzati pullman per portare i migranti a Padova (…) il campo veniva riordinato, pulito e talora tinteggiate le strutture, e venivano create all’occorrenza delle attività».

Ma gli episodi più gravi sono altri. Anzitutto la prostituzione delle donne, anche per dieci euro, segnalata dalle operatrici ma mai combattuta. Prostituzione che voci interne alle strutture confermano anche all’esterno, con ragazze viste salire su automobili di possibili clienti. E poi il business del pocket money, con migranti incentivati a fuggire all’estero il cui nome rimaneva negli elenchi compilati dagli operatori con firme false per continuare a ricevere il corrispettivo in fondi pubblici.

A tuonare contro i maxi centri d’accoglienza si sono unite tutte le forze politiche, a partire dal governatore del Veneto Zaia che ha chiestodi fare chiarezza fino in fondo e di «eliminare le mele marce». Forze politiche finite invece nel mirino di Mario Morcone, capo del dipartimento immigrazione fino al 2017, il quale imputa proprio all’opposizione di Regione e ai sindaci l’impossibilità da parte dei prefetti di seguire la rotta dell’accoglienza diffusa e la conseguente nascita dei due centri di accoglienza straordinaria.

Il sindaco di Bagnoli di Sopra, Roberto Milan,che proprio stasera incontrerà il ministro Salvini alla sagra di Conselve, non nasconde la sua amarezza. «Istituzioni che dovevano vigilare sul centro e quindi sul nostro territorio erano in realtà colluse con questi affaristi. Come si può oggi credere ancora in queste istituzioni? Abbiamo avuto promesse di chiusura da parte di parlamentari delle maggioranze che si sono susseguiti negli anni e da tre ministri dell’Interno: Alfano, Minniti e anche Salvini si è già espresso in questi termini. Le cooperative che operano l’accoglienza diffusa hanno gli appartamenti vuoti. Se si vuole, è possibile svuotale l’ex base in 24 ore».

Ma il ministro è tornato anche sulla polemica con il presidente francese Emanuel Macron, che nei giorni scorsi si era detto oppositore di chi«fa discorsi di chiusura e di odio», sottointendendo lo stesso Salvini e il presidente ungherese Viktor Orbàn. «Mi pagano lo stipendio per risolvere i problemi – ha detto il leader del Carroccio – Gli sbarchi dall’anno scorso sono passati da 100 mila a 19 mila, sto lavorando per aumentare le espulsioni facendo quegli accordi che i miei predecessori non hanno fatto. In Europa dormono o, peggio, sono complici. È per questo che stiamo cercando alleanze anche esterne per eventuali nuovi arrivati. L’ultimo che può dare lezioni all’Italia e agli italiani è il signor Macron visto che dall’anno scorso ha respinto quasi 50 mila persone compresi donne e bambini ai confini con l’Italia. Quindi lezioni di bontà e generosità da chi respinge a migliaia e migliaia non ne prendiamo».

Un Salvini che quindi conferma il lavoro sottotraccia del governo Conte per stringere accordi con Paesi dentro e fuori l’Ue, come l’Albania che si è offerta di accogliere venti degli eritrei sbarcati dopo una settimana di tira e molla dall’incrociatore della Marina militare Ugo Diciotti.

Altri cento, sono già stati presi in carico dalla conferenza episcopale italiana al centro Mondo migliore di Rocca di papa e ora si appresta a redistribuirli a varie diocesi, tra qui quella di Vicenza. Caustico, anche in questo caso, il commento di Salvini: «Sono contento di aver avviato questo percorso fra Stato e Chiesa perché queste persone saranno economicamente completamente a carico della Chiesa e quindi una volta tanto non pagheranno i contribuenti italiani ma pagheranno le organizzazioni ecclesiastiche che si organizzeranno dove e come vorranno».

Infine un accenno all'incontro dei ministri della Difesa dell'Unione in corso a Vienna, da cui il governo spera di ottenere la rotazione dei porti di sbarco dei migranti nell'ambito della missione Sophia: «Sophia, bellissimo nome che ahimè non sempre si traduce in bellissima pratica. Sì, abbiamo chiesto come estremo gesto di buona volontà quanto meno la condivisione dei porti di sbarco perché noi ci facciamo carico di salvare decine di migliaia di vite umane però non è possibile che abbiano un unico porto di sbarco, come sottoscritto ahimé dal governo Renzi in passato e sarei curioso di capirne le motivazioni. Quindi abbiamo chiesto di ridiscutere le regole e di condividere le responsabilità. Se anche a fronte di questo arriverà l’ennesimo no, dovremo valutare l’opportunità di contunuare a spendere soldi per una missione che sulla carta è internazionale, ma che poi in sostanza ha tutti gli oneri a carico di 60 milioni di italiani e di un unico Paese. Noi stiamo facendo un sacco di proposte all’Europa, per il momento stiamo raccogliendo una sequela infinita ed educata di no, a partire da Macron e da tutti gli altri. Abbiamo quasi esaurito il bonus dei no a loro disposizione, poi faremo da soli. Ripeto non ci mancano le idee, i contatti e la fantasia».

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)