Sea Watch, la capitana Carola forza il blocco e fa rotta verso Lampedusa

La decisione arriva dopo il pronunciamento della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha respinto il ricorso dell'ong. Ora, con le misure del decreto sicurezza bis, l’ong rischia una multa fino a 50 mila euro e la confisca della nave: “Non per provocazione ma per necessità”

Sea Watch, la capitana Carola forza il blocco e fa rotta verso Lampedusa

ROMA - “Basta, entriamo. Non per provocazione, per necessità, per responsabilità”. Timone puntato verso Nord, la decisione è presa, si passa il confine delle acque territoriali italiane e si fa rotta verso Lampedusa. Dopo 14 giorni di stallo, Carola Rackete, capitana di Sea Watch 3 ha deciso di forzare il blocco imposto dalle autorità italiane e di portare le persone rimaste a bordo nel porto siciliano. Una decisione ragionata a lungo e che potrebbe costare cara all’ong tedesca: secondo le disposizioni del Decreto sicurezza bis, entrato in vigore appena due settimane fa, l’organizzazione potrà andare incontro a una multa fino a 50 mila euro. Inoltre la comandante rischia una denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la confisca della nave. 

La scelta di andare in Italia arriva dopo il pronunciamento, nella serata di ieri, della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che ha respinto il ricorso di Rackete e delle 42 persone a bordo, chiedendo però al Governo italiano di continuare ad assicurare assistenza ai naufraghi. Nello specifico, la Corte di Strasburgo ha respinto la richiesta di misure provvisorie per l’approdo sulla terraferma. Nei fatti, dunque, ha negato lo sbarco immediato ma chiedendo alle autorità italiane di continuare ad assicurare l’assistenza necessaria alle persone a bordo “vulnerabili a causa della loro età o delle loro condizioni di salute”. Sea Watch nel ricorso si era appellata agli articoli 2 (diritto alla vita) e 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione. Subito dopo la decisione, il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva commentato: “Anche Strasburgo ci dà ragione, porti chiusi”. Mentre i legali dell’ong tedesca hanno espresso “profondo sconcerto”. “Secondo la decisione della Corte - scrivono - il trattamento dei ricorrenti non raggiunge tale livello di lesività della loro dignità personale da poter essere oggetto di una misura cautelare ex articolo 39”. Per gli avvocati di Sea Watch dunque, la Cedu ha deciso di “non intervenire mettendo in dubbio la responsabilità italiana sulla vicenda” ma allo stesso tempo “auspica che lo Stato italiano garantisca assistenza, un appello alla responsabilità volontaria che sembra esulare dalle possibilità di decisione spettanti alla Corte”. 

La decisione della Corte europea è stata comunicata questa mattina ai naufraghi a bordo. “Sono disperati. Si sentono abbandonati. Ci hanno detto che la vivono come una negazione, da parte dell’Europa, dei loro diritti umani” scrive Sea Watch su Twitter. L’ong ha anche dato via ieri a una raccolta fondi per pagare le spese: “Se il nostro capitano Carola porta i soccorsi in un luogo sicuro, come previsto dalla legge del mare, deve affrontare pesanti sanzioni in Italia - si legge nell’appello -. Aiuta Carola a difendere i diritti umani e dona al Fondo di assistenza legale”.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)