Shock climatici, in Africa senza cibo 52 milioni di persone

Siccità o inondazioni stanno portando alla fame milioni di persone di molti stati del continente. La denuncia dell'ong Oxfam. L'Alleanza per la giustizia climatica: "Le comunità locali hanno le soluzioni, ma mancano le risorse e i finanziamenti"

Shock climatici, in Africa senza cibo 52 milioni di persone

ROMA - Più di 52 milioni di persone in 18 Paesi dell'Africa meridionale, orientale e centrale stanno facendo fronte a una crisi alimentare in conseguenza di eventi climatici estremi, ai quali si aggiungono povertà e conflitti. La notizia arriva oggi dall'ong Oxfam, che sul suo sito fornisce dati sulla situazione di numerosi Stati africani: in alcuni, come lo Zimbabwe, la siccità è la peggiore dal 1981. In altri, piogge intense legate all'innalzamento delle temperature dell'Oceano Indiano stanno provocando le esondazioni di diversi fiumi, e hanno costretto il Sud Sudan a dichiarare lo stato d'emergenza. La crisi climatica sta portando alla fame milioni di persone anche in Angola, Botswana, Repubblica democratica del Congo, Swaziland, Etiopia, Kenya, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mozambico, Namibia, Somalia, Sudan, Tanzania e Zambia. Anche il più ricco Sudafrica è gravemente colpito dal fenomeno, e fonti dell'ong hanno denunciato il suicidio di alcuni agricoltori.

Secondo Mithika Mwenda, co-fondatore dell'Alleanza panafricana per la giustizia climatica (Pacja), comunque, le soluzioni ci sarebbero, a partire da quelle proposte dalle comunità locali: "Le più esposte a questa crisi climatica sono messe a dura prova e potrebbero rischiare l'annientamento. Ma la popolazione locale sta facendo tutto il possibile per vincere questa sfida. Ci sono livelli di organizzazione mai visti prima dove i governi hanno abbandonato le comunità locali" afferma Mwenda.

Il suo messaggio è rivolto anche ai decisori politici che si incontreranno a partire da lunedì 11 novembre a Durban per la Conferenza Ministeriale sull'Ambiente (Amcen): "Stiamo vedendo persone che cercano di affrontare stagioni mutevoli e piogge imprevedibili con nuovi modi di vita extra-agricoli. Le donne si uniscono per mettere in comune le loro risorse attraverso piccole comunità di prestito interno, comprando il cibo insieme, coltivando patate dolci invece del mais, il tutto senza nessun supporto esterno. I locali hanno le soluzioni, quello che manca sono le risorse e, soprattutto, i finanziamenti".

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)
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