Silvia Romano, la gioia per il ritorno e il rispetto per la sua scelta

Il commento della Focsiv dopo il rilascio della volontaria milanese. La questione della sicurezza dei cooperanti. E la lettera che Eva Pastorelli le aveva scritto a ottobre alla Conferenza di CSVnet: altro che persone “ingenue, un po’ folli, illuse di poter cambiare il mondo: noi abbiamo scelto”

Silvia Romano, la gioia per il ritorno e il rispetto per la sua scelta

Un fine settimana di gioia, non solo per la cooperazione internazionale ma per tutto il mondo del volontariato. La liberazione di Silvia Romano, comunicata dal premier Conte nel pomeriggio di sabato 9 maggio, e le immagini del suo sbarco a Ciampino dopo 24 ore hanno rasserenato per un po’ il clima negativo che tutti stiamo vivendo da settimane a causa dell’emergenza Coronavirus.

Come previsto, anche una scia di commenti avvelenati (sul riscatto pagato, sulla conversione all’Islam) ha accompagnato le cronache sul lieto fine della vicenda della volontaria milanese, che prima del rapimento era impegnata in Kenya per un progetto della piccola associazione marchigiana Africa Milele. Ma il sorriso e la naturalezza mostrati da Silvia li hanno generalmente disarmati, facendo prevalere i sentimenti di sollievo e di festa.

Tra i primi a intervenire dopo la notizia del rilascio è stata la Focsiv, la più grande federazione di Ong italiane, che ha voluto ricordare “l’impegno nella cooperazione e nello sviluppo umano, mai cessato nonostante la pandemia, dei tanti volontari che nelle periferie del mondo sono rimasti a fianco ai più vulnerabili”. Lo stesso presidente della Focsiv Gianfranco Cattai, in un’intervista al Corriere della sera, ha aggiunto questa mattina delle considerazioni importanti sulla questione della sicurezza dei volontari cooperanti: “Per noi la sicurezza dei nostri giovani, - ha dichiarato, - e ne abbiamo gestiti 27 mila in 48 anni, è al primo posto. Nessuna delle nostre associazioni avrebbe fatto partire una ragazza da sola e per giunta diretta ad un Paese con alcune tensioni interne come il Kenya. Ogni viaggio è un investimento per la vita di chi va e ci prendiamo a carico ognuno di loro assumendoci ogni responsabilità. Per questo, neppure i più esperti partono mai da soli e ciascuno ha sempre sul luogo dove è destinato un referente che lo ha in custodia per tutta la durata della missione”.

Ma Cattai ha anche risposto indirettamente a chi, dopo il rapimento, aveva più o meno duramente criticato la leggerezza e “l’idealismo” di persone che, come Silvia, intraprendono percorsi impegnativi di solidarietà: “Nel mondo della cooperazione ci sono giovani determinati e motivati, che si avvicinano a questo mondo per una scelta che è solida e matura”.

Abbiamo scelto” Tutt’altro che persone “ingenue, un po’ folli, illuse di poter cambiare il mondo”, semplicemente persone che hanno “scelto”. Sono parole contenute nella lettera a Silvia Romano che Eva Pastorelli, volontaria per un anno in Perù ed oggi al lavoro proprio presso la Focsiv, aveva letto il 5 ottobre 2019 alla XIX Conferenza di CSVnet svoltasi a Trento. La stessa Eva a cui è “esploso il cuore di gioia” dopo la notizia del rilascio. “Pur non avendola conosciuta personalmente, - ci ha detto stamattina, - ho sentito un legame tra me e lei e so che, allo stesso modo, lo hanno sentito tutti quelli che operano nel mondo della solidarietà. Ed eravamo tutti con lei ieri, in un grande abbraccio”.

Ma ecco il testo integrale della sua lettera, che finalmente possiamo rileggere con uno spirito diverso e che può aiutare tutti a comprendere i tanti che, come Silvia, continuano a “scegliere”.

Cara Silvia,

sono Eva. Non ci conosciamo ma spero ne avremo la possibilità. In attesa di quel momento, che spero giunga presto, ti scrivo.

È da un po’ che volevo farlo, ma in mezzo a tutte queste voci, dichiarazioni, opinioni più o meno autorevoli, mi ha fermato il pensiero sottile, la sensazione scomoda di apparire arrogante.

Abbiamo qualcosa in comune, tu ed io?

Ho deciso di andare oltre questa domanda, mettendo per iscritto quello che sento quando penso a te, al tuo trascorso e al tuo presente. Non voglio più chiedermi se sia il caso: mi sto buttando, e porto con me le riflessioni che mi hanno accompagnata in questi mesi.

E in questo mare di parole, vorrei ti giungessero anche le mie, per darti conforto e alimentare quel coraggio che ti è, ci è, proprio.

Sì, parlo al plurale perché tu ed io condividiamo molto, e come noi, migliaia di giovani in Italia.

Quando penso a noi, vedo due giovani donne volitive, decise, che hanno preso una posizione.

Abbiamo scelto.

Sempre.

Una sola cosa ci è toccata senza che la scegliessimo ed è stata la fortuna di nascere in Italia, in Europa, una delle regioni privilegiate di questo pianeta.

Abbiamo potuto studiare, approfondire, viaggiare liberamente e ci sono stati garantiti quei diritti che altrove, nel mondo, sono lesi giornalmente.

Siamo a tutti gli effetti delle privilegiate. E potevamo godere di questa situazione in modi diversi.

Animate dal desiderio di vivere in una società più giusta e più equa, abbiamo scelto di dedicarci agli ultimi, ai più vulnerabili, aprendo la testa e il cuore e volgendo lo sguardo verso chi non è stato fortunato quanto noi. Perché, come hai scritto anche tu, (tutti) “Meritano di avere le nostre stesse opportunità perché siamo tutti esseri umani in cerca di libertà, realizzazione, felicità".

Abbiamo scelto di intraprendere un percorso di studi che ci dotasse di strumenti utili per comprendere la realtà, andando al di là dei confini, imparando che le periferie del mondo si assomigliano. Verso questi luoghi abbiamo indirizzato il nostro interesse e siamo partite per raggiungerli.

Ci siamo, quindi, allontanate da tutto ciò che era quotidiano, routine, comfort.

Lontane da casa, ma sentendoci nel posto giusto; distanti dal supporto dei cari, ma pronte a tessere nuove relazioni, utilizzando approcci sconosciuti fino a poco prima.

Abbiamo scelto di prestare volontariato in paesi dilaniati dai conflitti sociali, nei quali la dignità umana è costantemente lesa da sfruttamento, discriminazioni, corruzione ed ingiustizie. E in questi luoghi abbiamo visto la determinazione di chi continua a lottare nonostante gli ostacoli appaiono insormontabili; abbiamo goduto della generosità di chi vive con poco e darebbe tutto ciò che ha pur di farti sentire a casa; grazie all’incontro con diverse culture e tradizioni abbiamo affrontato le nostre debolezze e scoperto nuovi punti di forza.

Abbiamo smesso di dare per scontato ciò che tale ci sembrava: avere sempre a disposizione dell’acqua per potersi lavare, poter raggiungere una località percorrendo strade asfaltate; darsi un appuntamento e poter arrivare puntuali. Ci siamo arricchite interiormente, grazie all’incontro con una realtà diversa dalla nostra e alla condivisione di un percorso con chi quella realtà la vive.

E non siamo delle “ingenue, un po’ folli, illuse di poter cambiare il mondo”. Siamo donne generose e tenaci, consapevoli che i piccoli gesti possono fare la differenza nel costruire un mondo migliore, per tutte e tutti. Siamo donne che hanno scelto consapevolmente, in autonomia e supportate da chi ci conosce da sempre.

Silvia, tu ed io abbiamo scelto di partire per poi per offrire le nostre competenze al servizio dell'Altro. Ed ora che lo leggo nero su bianco ne sono convinta: noi due, cara, abbiamo tanto in comune. Solo una cosa ci fa divergere: io, al contrario di te, ho potuto scegliere di tornare.

Augurandoti di poter continuare a scegliere, ti mando l’abbraccio della parte migliore di questo Paese. Quella come te.
Tua, Eva

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)