Sudan, aprire corridoi sicuri, come per l'Ucraina

Appello di Boswell (Jcwi): "Il Sudan come l'Ucraina. Entrambi Paesi ostaggio di conflitti armati con vittime civili che, indipendentemente dalla loro cittadinanza, devono contare lo stesso"

Sudan, aprire corridoi sicuri, come per l'Ucraina

Il Sudan come l'Ucraina. Entrambi Paesi ostaggio di conflitti armati con vittime civili che, indipendentemente dalla loro cittadinanza, devono contare lo stesso. E che allo stesso modo hanno bisogno di aiuto. È l'assunto alla base di accuse rivolte in questi giorni ai governi europei, in particolare del Regno Unito.

Con l'agenzia Dire a chiarire il punto è Caitlin Boswell, policy e advocacy manager dell'ong britannica Joint Council for the Welfare of Immigrants (Jcwi). "Il governo del Regno Unito", sottolinea l'attivista, "deve subito introdurre una via sicura per le persone sudanesi, estendendo anche a loro l'aiuto prestato ai cittadini ucraini in fuga dalla guerra".

Nella capitale Khartoum, nel Darfur e in altre regioni del Paese dell'Africa sono in corso combattimenti dal 15 aprile. Da una parte ci sono reparti dell'esercito, al comando del generale Abdel Fattah Al-Burhan, dall'altra i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf), fedeli al generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti.

Secondo l'Onu, le persone costrette a lasciare le loro case dalle violenze sono già centinaia di migliaia e oltre centomila quelle che hanno attraversato il confine raggiungendo Paesi vicini come Ciad, Sud Sudan, Etiopia e Repubblica centrafricana.

L'ultimo trasferimento di civili ostaggio del conflitto verso il Regno Unito con un volo di emergenza, invece, risale alla settimana scorsa. E a oggi non ci sono annunci di nuove operazioni del genere.

Insieme con altre ong, Jcwi accusa in particolare il ministero dell'Interno britannico. "Sta discriminando le persone sulla base di evidenti considerazioni razziali" sottolinea Boswell. "Chiunque fugga da una persecuzione ha diritto alla propria sicurezza e alla possibilità di ricostruire la propria vita in pace, ma l''Home Secretary' ha escluso corridoi sicuri per i sudanesi in cerca di un rifugio, peraltro mentendo sul fatto che esistano altri modi per arrivare qui in sicurezza".

La tesi è che a Khartoum o in altre regioni del Sudan non esista alcun sistema attraverso il quale chiedere aiuto. "Non c'è alcuna fila che le persone possano fare, perché per poter chiedere asilo nel Regno Unito bisogna essere sul territorio del Regno Unito" denuncia Boswell. "L'unica via diventa allora tentare viaggi pericolosi attraverso il canale della Manica su piccole imbarcazioni".

Il confronto con l'Ucraina si fonda sull'aiuto organizzato da Londra quando nel Paese dell'Est Europa la guerra si è aggravata con l'offensiva russa del febbraio 2022. A oggi, in poco più di un anno, ricorda il quotidiano britannico The Guardian, i permessi di soggiorno garantiti dal Regno Unito sono stati quasi 300mila. In circa due casi su tre gli arrivi sono stati gestiti attraverso le "home sponsorship", un sistema di ospitalità diffusa strutturato per i cittadini ucraini. Quasi 95mila poi le persone che hanno beneficiato di ricongiungimenti familiari con parenti già in Gran Bretagna. (DIRE)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)