Tanzania. A Tanga “Casa Rosetta” cerca di dare un futuro e una speranza a bambini sieropositivi e con disabilità

“L’obiettivo è di aiutarli a casa loro, favorendo la crescita professionale e una formazione di qualità di persone che lì possano essere poi in grado di aiutare i loro connazionali”, spiega il presidente De Cristoforo. La testimonianza di Angela Di Grazio

Tanzania. A Tanga “Casa Rosetta” cerca di dare un futuro e una speranza a bambini sieropositivi e con disabilità

Stare accanto a chi è ai margini, ridando dignità, ma anche protagonismo, per una crescita reale e non un mero assistenzialismo. È la mission che porta avanti l’Associazione “Casa famiglia Rosetta”, Centro federato Fict. Fondata da don Vincenzo Sorce a Caltanissetta negli anni Ottanta, “Casa famiglia Rosetta”, presieduta oggi da Giorgio De Cristoforo, dopo la morte del suo fondatore, è impegnata in diversi settori dell’area socio-sanitaria, psico-sociale, psicopedagogica, socio-culturale e spirituale-pastorale. Le strutture, articolate in centri di riabilitazione, case famiglia, comunità alloggio e comunità terapeutiche, centri di ascolto, centri diurni, centri ambulatoriali, offrono accoglienza, assistenza, riabilitazione e reinserimento sociale a persone affette da disabilità fisica e/o psichica, a persone con problemi di dipendenza da alcool, droghe e gioco d’azzardo, a minori a rischio o in condizione di disagio familiare, ad anziani, a persone che vivono con Hiv/Aids, a donne in difficoltà. Un impegno che ha varcato i confini nazionali, per sbarcare a Tanga, in Tanzania, con “Casa delle speranze mons. Cataldo Naro”.

A partire dal 2005, per volontà di don Sorce, a Tanga sono stati avviati alcuni servizi destinati all’accoglienza di bambini e ragazzi orfani o sieropositivi e affetti da Hiv dalla nascita.
“La casa per minori – ci spiega Angela Di Grazio, referente italiana del progetto Tanga per Casa Rosetta – attualmente accoglie, nella Casa delle speranze, 40 bambini sieropositivi, alcuni orfani di entrambi i genitori, altri di uno solo, 4 bambini orfani anche se non sieropositivi; nella Casa Maria Rita 10 bambini con disabilità cognitive e motorie. Questi ultimi vengono accolti per poter usufruire del centro di riabilitazione, Casa Gabriele, che abbiamo all’interno della casa. I ragazzi accolti hanno un’età compresa tra gli zero e i 18 anni, anche se attualmente la bambina più piccola, Rita, ha due anni e mezzo”.

I tre centri sono ospitati nella stessa struttura. Di Grazio precisa: “Abbiamo anche diversi maggiorenni: essendo le famiglie molto disagiate cerchiamo degli sponsor che finanzino le spese delle scuole e dell’università. In questo momento c’è Agnese, arrivata da noi piccina, che grazie a una donazione da parte di un benefattore italiano sta frequentando l’università. L’obiettivo è che si possa rendere autonoma e trovare un lavoro che le permetta di vivere in modo dignitoso”. Purtroppo, aggiunge, “la sieropositività in Tanzania è una causa di emarginazione. Questi ragazzi rischiano di essere considerati come dei reietti dalla società”.

Non solo: “Anche la disabilità è vista come una punizione divina – afferma Di Grazio -. Molti genitori ancora vanno dagli stregoni per sortilegi. Il nostro obiettivo è dare un futuro migliore a questi ragazzi. Come nel caso di Anjelina, una bambina normodotata fino ai 6 anni, quando un autobus cittadino l’ha investita e le è stata amputata una gamba. Questa bambina proviene da una famiglia molto povera e per andare a scuola, distante da casa, doveva sempre avere un mezzo di trasporto a disposizione, quindi era difficile.

Nel 2019 abbiamo inserito la piccola in comunità, poi grazie ad un’altra associazione abbiamo reperito i fondi per una protesi. Quindi, Anjelina è tornata a scuola, è una forza della natura, ora con la protesi ha ripreso a sorridere di più”.

Un’altra storia è quella di “Emanuel detto Ino, un bimbo che è arrivato cinque anni fa in comunità, aveva 15 giorni, della mamma non sappiamo nulla. Abbiamo ottenuto l’adottabilità del bambino e adesso sta sperimentando l’affido in prova con una mamma, un papà e una sorellina”. Angela è stata a Tanga dal 2018 al 2020, poi è rientrata in Italia per il Covid.

“Lo staff – chiarisce – è tutto tanzaniano: la direttrice, l’assistente sociale, tre operatrici ribattezzate ‘mamma’ che fungono da caregiver, un educatore, un autista, un medico pediatra come consulente, il fisioterapista, il giardiniere che cura le piante della casa”.

Tante le attività portate avanti negli anni: “Abbiamo anche attivato il micro credito per aiutare le famiglie del territorio a realizzare delle attività. Due anni fa abbiamo realizzato un progetto sulla prevenzione dell’Aids e sulla disabilità. Abbiamo fatto convegni, abbiamo contattato strutture sanitarie e realizzato incontri nelle scuole”. È stata avviata anche una campagna di informazione, comunicazione e educazione (Iec Campaign) conclusa il 20 novembre che si è estesa ai due territori limitrofi di Tanga e Muheza. Un progetto di lotta alla droga, durato quasi due anni, nonostante le difficoltà dovute alla pandemia Covid-19, condotto da “Casa Rosetta” in collaborazione con Unodc (United Nations Office for Drug and Crime), organismo delle Nazioni Unite preposto allo studio del traffico illecito e dell’uso di droghe nel mondo. Dopo la formazione rivolta agli operatori sanitari e educatori, ha preso il via la campagna di sensibilizzazione preparata attraverso molti incontri con dirigenti scolastici, insegnanti, religiosi, giornalisti, responsabili locali dei servizi sociali e sanitari. Sono stati promossi anche sette eventi (quattro a Tanga e tre a Muheza) che hanno consentito di raggiungere oltre 2.400 persone. Inoltre, sono state organizzate due cosiddette “bonanze” (competizioni sportive a premi) con la partecipazione di centinaia di studenti universitari. La seconda fase della campagna, concentrata soprattutto in scuole secondarie e centri religiosi, si è conclusa con una grande marcia attraverso le strade di Tanga, con la partecipazione di oltre 600 studenti provenienti dalle scuole secondari della regione. Utilissima in questa fase è stata l’applicazione digitale Huru App che promuove il networking fra gli operatori socio-sanitari del settore e fornisce informazioni sui centri di cura più vicini.

“Ora – dichiara Di Grazio – si vorrebbero creare due comunità terapeutiche a Muheza e a Korogwe per assistere i casi più gravi di tossicodipendenza e fornire aiuti economici alle persone in trattamento per aiutare persone con dipendenze patologiche. Lì esistono delle case ma non hanno operatori formati. Noi vogliamo dare professionalità a questo lavoro”.

“Stiamo investendo molto sul progetto a Tanga – ci racconta Giorgio De Cristoforo, presidente di Casa Rosetta a Caltanissetta -. L’obiettivo è di

aiutarli a casa loro,

favorendo la crescita professionale e una formazione di qualità di persone che lì possano essere poi in grado di aiutare i loro connazionali. Non dobbiamo essere percepiti come i colonizzatori. Investire risorse per aiutarli a crescere è l’unica strada che produce risultati ed è coerente con il nostro impegno a favore di fratelli e sorelle meno fortunati. Per realizzare i nostri obiettivi cerchiamo sempre di allargare la nostra rete di benefattori e sostenitori non solo per raccogliere fondi ma anche per diffondere l’idea della nostra responsabilità nei confronti dei poveri dall’altra parte del mondo. Li dobbiamo aiutare concretamente finalizzando questi aiuti in un meccanismo simile alle adozioni a distanza per aiutare un ragazzo o una ragazza a continuare gli studi e a cambiare vita, oltre la permanenza nella nostra Casa”. De Cristoforo conclude:

“In Tanzania c’è un problema molto forte di dipendenza dalle sostanze, ma vogliamo che le strutture siano un’opera locale, noi mettiamo a disposizione tutte le competenze tecniche, gli operatori, il nostro programma terapeutico.

Alla fine del programma di prevenzione alla droga ci sono stati anche contatti interessanti con esponenti locali delle istituzioni governative e sanitarie e speriamo di poterlo fare con loro, per liberare i loro talenti, le loro risorse, le loro energie, il loro diritto a una vita migliore. E ad essere protagonisti”.

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Fonte: Sir