Taranto e il futuro di Arcelor Mittal. Mons. Santoro: “Lavoro e ambiente si devono salvare entrambi”

La paura, a Taranto, è che, cambiando “le regole del gioco”, il colosso franco indiano della siderurgia possa tirarsi indietro, causando un danno economico pericoloso in una città che timidamente si sta discostando dalla mono economia industriale

Taranto e il futuro di Arcelor Mittal. Mons. Santoro: “Lavoro e ambiente si devono salvare entrambi”

È una settimana molto calda a Taranto. E non certo per le temperature, che ormai hanno raggiunto la media stagionale. L’intricata vicenda dell’ex Ilva, ora in mano agli affittuari di Arcelor Mittal Italia (l’acquisto, da contratto, dovrebbe avvenire fra due anni), tiene banco da giorni. Il vice premier Luigi Di Maio, nel capoluogo ionico insieme a cinque ministri pentastellati per aprire il Tavolo Permanente nell’ambito del Contratto Istituzionale di Sviluppo, ha ribadito che sull’abrogazione dell’immunità penale ai commissari straordinari ex Ilva e ai nuovi acquirenti di Arcelor Mittal, in riferimento all’attuazione del piano ambientale, non si torna indietro. Il famoso “chi inquina paga” potrebbe dunque trovare riscontro immediato. Dopo il sì della Camera, sabato prossimo, il provvedimento arriverà in Senato. “Non è un atto contro i lavoratori né contro Arcelor Mittal – ha spiegato ieri Di Maio – semplicemente, considerando che la Corte Costituzionale probabilmente si esprimerà in merito in autunno e siccome noi abbiamo sempre detto che su quella norma avevamo delle perplessità, è giusto che non debbano esistere immunità penali in una situazione già così complicata”. Silenzio sul fronte aziendale. Le posizioni sono affidate ad una nota stampa alquanto preoccupata, che risale a qualche giorno prima. “Se il decreto dovesse essere approvato nella sua formulazione attuale – scrivono dal siderurgico – la disposizione relativa allo stabilimento di Taranto pregiudicherebbe, per chiunque, ArcelorMittal compresa, la capacità di gestire l’impianto nel mentre si attua il Piano ambientale richiesto dal governo italiano e datato settembre 2017”.

La paura, a Taranto, è che, cambiando “le regole del gioco”, il colosso franco indiano della siderurgia possa tirarsi indietro, causando un danno economico pericoloso in una città che timidamente si sta discostando dalla mono economia industriale. Di Maio però butta acqua sul fuoco.

“L’esimente penale non era nel contratto che abbiamo firmato – spiega – non era legata neanche all’addendum. Credo che ArcelorMittal se continua a dimostrare il mantenimento degli impegni, non ha nulla da temere”. Poi c’è l’emergenza lavoro. Ad oggi nello stabilimento di Taranto, i nuovi acquirenti hanno 8.200 dipendenti diretti. Il numero, dai tempi della gestione Riva, quando erano circa 13mila, è quasi dimezzato, così come la produzione di acciaio, che non supera i 5 milioni di tonnellate annue. Oggettivamente poche per parlare di sito strategico. Da qualche ora si è concluso l’incontro tra i sindacati e la nuova proprietà sul tema dell’annunciato ricorso alla Cassa integrazione guadagni per 1.395 persone, a partire dal 1 luglio e per 13 settimane. L’azienda parla di scelta necessaria, dovuta alla crisi di mercato. L’incontro di oggi però, per le sigle sindacali, non ha prodotto risultati né “alcun avanzamento tra le parti. Permangono ancora tutte le perplessità sull’avvio della procedura di Cigo, soprattutto in un clima di incertezza che riguarda il futuro occupazionale, ambientale ed industriale dello stabilimento di Taranto- scrivono in una nota congiunta Fiom, Fim e Uilm – e preso atto dell’indisponibilità da parte dell’azienda di sospendere la procedura, in attesa di una convocazione da parte del Ministero del lavoro e dello sviluppo economico”, chiedono “un immediato confronto presso il Mise”. Intanto“come prima iniziativa di mobilitazione, le sigle “auto convocheranno nei prossimi giorni il consiglio di fabbrica unitario di Arcelor Mittal presso il Mise”.

L’arcivescovo della diocesi di Taranto, mons. Filippo Santoro, segue con apprensione i progressivi sviluppi della vicenda. “Il mio pensiero è quello che ho espresso domenica scorsa alla comunità, dopo la solenne processione del Corpus Domini – dice al Sir – cioè che continuo a rivolgere al Signore, le suppliche degli ammalati di tutti i tipi e in particolare degli ammalati di cancro per causa dell’inquinamento e per i lavoratori che vedono nuovamente in pericolo il loro posto di lavoro. Sono un pastore e mi colpiscono le facce della gente; lavoro e ambiente sono cose concretissime come due figli e tutti e due si devono salvare.

Penso anche ai gravi problemi degli alunni delle scuole del rione Tamburi e delle loro famiglie (scuole chiuse per inquinamento, ndr). Ho sentito insegnanti e tante mamme davvero disorientate. Non possiamo far cadere nel nulla il loro grido. Come anche è ora di un effettivo e robusto interesse per la ricostruzione umana e urbanistica della Città vecchia”. Su questo Di Maio è stato chiaro. Sbloccati fondi che i precedenti governi avevano dispensato alla città, ha sostenuto che “da settembre, quando torneremo a Taranto per il prossimo incontro del Cis, avremo 500 milioni di euro di progetti esecutivi, cioè progetti pronti per partire”. Molti di questi milioni dovrebbero servire proprio per la riqualificazione della Città vecchia. Annunciata anche la Zes, una Zona economica Speciale, che attrarrebbe investitori esteri, secondo quanto affermato dal titolare dello Sviluppo, anche dagli Emirati Arabi.

Marina Luzzi

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Fonte: Sir