Tigray, rischio escalation di violenza: “Persone in fuga e senza aiuti”

L’appello di don Mussie Zerai, prete eritreo e presidente di Habeshia. “Situazione è invivibile, molti sono arrivati in Sudan. Stati si attivino per cessate il fuoco immediato e corridoi umanitari”

Tigray, rischio escalation di violenza: “Persone in fuga e senza aiuti”

Un appello urgente per il cessate il fuoco e l’apertura di corridoi umanitari. A lanciarlo è don Mussie Zerai, prete eritreo e presidente dell’agenzia Habeshia, in queste ore in contatto con i connazionali che cercano di scappare dal conflitto in Tigray. “Le comunicazioni in questi giorni si fanno sempre più difficile, ma molte persone sono riuscite a fuggire e a rifugiarsi in Sudan- spiega -. La situazione è ormai invivibile, in alcune zone è impossibile muoversi, l’unica via di sopravvivenza è la fuga. Tanta gente ora è in strada, circa 25mila persone sono arrivate in Sudan, il 30 per cento sono eritrei”.

Il conflitto tra il governo centrale di Addis Abeba e il Fronte di liberazione del Tigray si è ormai esteso anche all’Eritrea, con il lancio di missili verso Asmara. “Si rischia un’escalation che farà migliaia di morti - aggiunge Zerai -. Il mio appello è che si arrivi a un cessate il fuoco e che si aprano corridoi umanitari perché si possano raggiungere persone sfollate e rifugiati. Solo nel Tigray ci sono quasi 90 mila rifugiati eritrei, che in questi giorni non stanno ricevendo aiuti umanitari. Alcune organizzazioni non governative sono ferme e non riescono a raggiungere le persone. Inoltre, ad aggravare la situazione, c’è la pandemia. C’è bisogno di assistenza medica, questa insicurezza sta creando una situazione sempre più drammatica”. Zerai auspica anche che si arrivi a un Tavolo per dialogare e risolvere la situazione in maniera “non si risolve il conflitto bombardando o sparando. Si rischia di coinvolgere paesi vicini, si rischia che tutta la regione diventi una polveriera, ci sono già tensioni in altre parti dell’Etiopia, che ora sono sopite ma che rischiano di esplodere di nuovo. Inoltre attori esterni possono voler approfittare della situazione per mettere in ginocchio il paese. Per esempio ci sono interessi importanti sulla diga in costruzione, è imprevedibile la direzione che può prendere una guerra, bisogna fermarsi subito”.

Zerai  ricorda che il premier etiope Abiy Ahmed si rifiuta di chiamare quanto sta accadendo “guerra”. “Insiste che le operazioni militari in corso sarebbero solo un intervento per domare una ribellione interna: per quanto dolorosa, una emergenza interamente nazionale, provocata dal governo regionale del Tigray, che si sarebbe posto fuori dalle leggi federali e dalla Costituzione stessa - spiega -. Il presidente tigrino, Debretsion Gebremichael, di contro, accusa Addis Abeba di soffocare le libertà e le autonomie regionali, nel contesto di una politica di forte accentramento. Senza entrare nel merito del contrasto, è innegabile che si tratta di una dolorosa guerra civile. I rapporti terribili che arrivano dalle due parti, ogni giorno di più, parlano di vite perdute, bombardamenti, distruzioni, profughi, sfollati: esattamente il quadro di morte e sofferenza che si configura con qualsiasi guerra. E, per di più, lo scenario rischia di allargarsi. Ricorre insistente la notizia che anche l’Eritrea sarebbe entrata o si appresterebbe ad entrare nel conflitto al fianco di Addis Abeba o che comunque avrebbe consentito alle truppe etiopi di entrare nel suo territorio per sferrare un attacco al Tigrai anche dal confine orientale”. Habeshia si appella, infine, alle maggiori istituzioni internazionali – a cominciare dalle Nazioni Unite, dall’Unione Africana, e dall’Unione Europea – ai singoli Stati africani e occidentali, alle maggiori potenze mondiali  chiedendo di intervenire al più presto e con tutta la capacità di mediazione persuasione di cui dispongono perché si arrivi subito a un cessate il fuoco come premessa per l’apertura di un dialogo che porti a soluzioni accettate da entrambe le parti in causa. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)