Tokyo 2020, alle Paralimpiadi ci sarà la squadra degli atleti rifugiati

La rappresentativa, composta da un massimo di sei atleti, sarà presente ai Giochi della prossima estate: il Comitato paralimpico internazionale, con la collaborazione dell’Unhcr, fornirà sostegno e aiuto agli atleti nel loro percorso agonistico

Tokyo 2020, alle Paralimpiadi ci sarà la squadra degli atleti rifugiati

Una squadra di atleti rifugiati gareggerà alle prossime Paralimpiadi di Tokyo 2020, che a causa della pandemia, come noto, si svolgeranno in Giappone solamente fra dieci mesi, dal 24 agosto al 5 settembre 2021. La decisione è del Comitato paralimpico internazionale (Ipc), che si avvarrà dell’aiuto dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, per individuare e selezionare gli atleti che parteciperanno effettivamente alle gare. La squadra, che prenderà il nome di “rappresentativa paralimpica di rifugiati” (Rpt) sarà composta da un massimo di sei atleti. Non è una novità assoluta, perché già in occasione dei Giochi di Rio 2016 due rifugiati parteciparono come atleti paralimpici indipendenti (il siriano Ibrahim Al Hussein nel nuoto S9 e l'iraniano Shahrad Nasajpour nel lancio del disco F37), ma è la prima volta che viene ipotizzato un preciso percorso di selezione.

A guidare il team è stata chiamata Ileana Rodriguez, lei stessa ex rifugiata e nuotatrice paralimpica ai Giochi di Londra 2012, nominata “Chef de Mission” della rappresentativa. Lavorerà con l'Ipc per selezionare gli atleti che andranno a Tokyo, selezione che si preannuncia non facile dato che i potenziali atleti paralimpici rifugiati sono molti e tecnicamente di grande livello. L’Ipc offrirà alla rappresentativa il suo supporto prima e durante le competizioni e aiuterà gli atleti che saranno individuati come potenziali partecipanti a raggiungere l'obiettivo della qualificazione ai Giochi: ciò avverrà ad esempio sostenendoli nella fase di preparazione, fornendo loro uno staff tecnico che possa seguirli nel loro percorso agonistico.  

La selezione da parte dell'Ipc si baserà principalmente sulle prestazioni e sul rispetto dei criteri di ammissibilità. Per entrare a far parte del team Rpt gli atleti devono avere lo status di rifugiati in conformità con la legge internazionale, nazionale o regionale, e naturalmente dovranno raggiungere i risultati agonistici sufficienti per la qualificazione. Al momento nessun atleta rifugiato è stato selezionato per i Giochi di Tokyo.

La scelta dell’Ipc, in collaborazione con l’Unhcr, invia un forte messaggio di sostegno a tutti i rifugiati e a tutti quelli costretti a lasciare le loro case a causa di conflitti e persecuzioni. Un prezzo ancor più alto nel caso di persone disabili, spesso esposte a un rischio maggiore. La presenza di una squadra di atleti rifugiati ha così anche lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla difficile situazione vissuta dagli atleti rifugiati, inviando un messaggio di speranza ai quasi 80 milioni di sfollati in tutto il mondo.

“In qualità di ex rifugiata che ha avuto la fortuna di competere alle Paralimpiadi – ha affermato la capo missione Ileana Rodriguez, nata a Cuba e poi trasferitasi negli Stati Uniti - apprezzo il valore di avere una squadra paralimpica di rifugiati: rappresenta lo sport al di là delle nazionalità e i nostri atleti che gareggeranno a Tokyo saranno un simbolo di speranza per altri rifugiati in tutto il mondo. Raccogliamo – ha aggiunto – l’eredità di sir Ludwig Guttmann (l'inventore della sport-terapia, ndr), anch’egli rifugiato, e contiamo che l’attività della Rpt aiuti a sostenere gli atleti rifugiati di tutto il mondo, dando voce a chi deve affrontare ogni giorno situazioni molto difficili".

“L'Unhcr - dice il direttore della Divisione delle Relazioni Esterne Dominique Hyde - è lieta di sostenere questa iniziativa del Comitato Paralimpico Internazionale. Metterà in mostra le incredibili capacità di questi profughi paralimpici che hanno superato, a volte, ostacoli insormontabili per raggiungere l'apice dello sport per tutti". In essi, dice Hyde mettendo in evidenza le loro vite difficili e le difficoltà attuali di allenamento a causa della pandemia, "traspare una grandissima resilienza e determinazione".

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)