Un concorso necessario. In ballo ci sono 32mila posti messi a bando a fronte di oltre 64mila domande

Arriva, il concorso, a lezioni già iniziate, e non metterà in cattedra (di ruolo) gli insegnanti precari: lo farà retroattivamente dal prossimo anno, per chi lo passa.

Un concorso necessario. In ballo ci sono 32mila posti messi a bando a fronte di oltre 64mila domande

Come previsto, l’avvio dell’anno scolastico non è stato semplice e la spada di Damocle del Covid continua a incombere sulle aule e sul corretto andamento delle lezioni. Diverse sono le segnalazioni di criticità, con istituti che chiudono temporaneamente e che devono far fronte a protocolli inusuali.

Ma tant’è, la scuola al tempo della pandemia è qualcosa di assolutamente nuovo e di conseguenza le soluzioni alle difficoltà – pur essendoci disposizioni precise diramate da tempo – devono fare i conti spesso con l’improvvisazione, quella buona, di chi – come la scuola italiana ha insegnato da anni – sa organizzarsi in modo insperato. Così, ad esempio, arrivano le notizie di cronaca di istituti che fanno lezioni all’aperto, magari nei cortili di qualche cascina e vai con l’inventiva italica ogni volta sorprendente.

In questo contesto di incertezza si colloca la questione concorso a cattedre per i docenti. In ballo ci sono 32mila posti messi a bando a fronte di oltre 64mila domande. Arriva, il concorso, a lezioni già iniziate, e non metterà in cattedra (di ruolo) gli insegnanti precari: lo farà retroattivamente dal prossimo anno, per chi lo passa. Ai vincitori, infatti, sarà riconosciuta la decorrenza giuridica del rapporto di lavoro dal 1° settembre 2020.

La ministra Azzolina tiene botta: si parte il 22 ottobre, nonostante le preoccupazioni e le opposizioni di alcune compagini politiche e di parte del mondo della scuola, sindacati in testa, che addirittura hanno indirizzato una lettera ai gruppi parlamentari, chiedendo a deputati e senatori di fare fronte comune per fermare il concorso, paventando tra l’altro, pericoli per la sicurezza sanitaria, ma non solo. Così un passaggio della lettera firmata da Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda: “Avviare in un contesto di emergenza igienico sanitaria lo svolgimento delle prove del concorso straordinario (e a seguire un maxi-concorso con oltre 500.000 candidati) non produce alcun effetto immediato in termini di assunzioni, mentre espone la scuola e il personale coinvolto a due ordini di rischi: un possibile aumento dei contagi nelle scuole, per effetto della promiscuità tra personale esterno, interno e alunni nella frequenza dei locali scolastici che ospiteranno le prove; la possibilità che molti precari, trovandosi eventualmente in situazione di contagio o di quarantena come effetto del lavoro che svolgono e che li espone a tali condizioni, siano esclusi dalla partecipazione al concorso”.

Le questioni sono rilevanti, ma la Ministra insiste: “Il Ministero – così una nota del Miur – ha lavorato nelle scorse settimane per garantire la distribuzione dei candidati nelle aule per tutto il territorio nazionale, procedendo al reperimento di tutte le postazioni necessarie. Ciò eviterà qualsiasi forma di assembramento dei candidati. Nei prossimi giorni sarà altresì emanato un apposito Protocollo, finalizzato ad assicurare lo svolgimento in assoluta sicurezza delle prove”.

Fatta salva la sicurezza, il concorso resta una necessità. Lo ha spiegato di recente molto bene Sabino Cassese, con un editoriale sul Corriere della Sera, ricordando anzitutto gli obblighi costituzionali (concorso per gli impieghi nelle pubbliche amministrazioni), per arrivare a sottolineare l’importanza di equità e di uguali possibilità a tutti offerta dai concorsi, fino ad evocare il rispetto di regole comuni. E terminare con un “plauso alla ministra Azzolina: non ceda”.

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Fonte: Sir