Un infermiere su 3 ha subito violenze sul lavoro nel corso dell’ultimo anno

I dati della ricerca svolta da 8 università italiane su iniziativa della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi). Sono circa 130 mila i professionisti che hanno subito violenza durante i turni di lavoro. Ma 125 mila casi sono casi sommersi. Nel 75% le vittime sono state donne

Un infermiere su 3 ha subito violenze sul lavoro nel corso dell’ultimo anno

Il 32,3% degli infermieri, pari a circa 130 mila professionisti, nell’ultimo anno, ha subito violenza durante i turni di lavoro. Ma 125 mila casi sono casi sommersi. Nel 75% le vittime sono state donne. E’ quanto emerge dalla ricerca CEASE-it  (Violence against nurses in the work place), conclusa ad aprile 2021 e svolta da otto università italiane, (capofila l’Università di Genova) su iniziativa della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi).

“Numeri che, in molti casi, non sono intercettati e registrati in quanto le aggressioni non vengono neppure denunciate perché ormai sono percepite e considerate, dagli stessi infermieri, come dinamiche connaturate alla professione – afferma Fnopi -. Si configura così, con proporzioni vastissime, il fenomeno del 'sommerso'. Ogni anno l'Inail registra 11 mila casi di violenza denunciati come infortuni sul lavoro: 5 mila sono infermieri. Un dato che rende gli infermieri la categoria più soggetta a questo fenomeno, ma ai numeri ufficiali bisogna anche aggiungere il sommerso di 125 mila vittime che non hanno denunciato”.

Su queste dinamiche pesa la carenza di infermieri negli organici: un’assistenza efficiente si ha con un rapporto infermiere paziente 1 a 6 ma, allo stato attuale, il rapporto è 1 a 12. Secondo la Fnopi, in base agli standard previsti del cosiddetto 'DM 71' (la delibera del 21 aprile 2022 del Consiglio dei ministri), occorre aumentare l’attuale organico con 70 mila infermieri aggiuntivi. “Con l'attuale carenza si restringe pericolosamente il tempo di cura oppure si aumenta la possibilità che l’infermiere precipiti in una condizione di “burnout” (33%) – afferma la Federazione -. A ciò bisogna aggiungere che il 10,8% di chi ha subito violenza, presenta danni permanenti a livello fisico oppure psicologico. Per comprendere le drammatiche proporzioni del problema, è utile un raffronto: il 46% degli infermieri ha subito violenze durante l’esercizio della professione, i medici si attestano al 6%”.

“Per restituire dignità all’attività professionale e per garantire la sicurezza degli infermieri durante l’orario lavorativo - spiega Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini degli infermieri - è quanto mai urgente inserire questa professione tra le categorie usuranti, mentre ora è riconosciuta soltanto la classificazione tra i ‘lavori gravosi’. Lo studio - aggiunge Mangiacavalli, – descrive le caratteristiche degli episodi di violenza e individua i fattori predittivi e le cause. I correttivi di cui c’è bisogno derivano da qui. E su queste basi sarà sicuramente più immediato il lavoro dell’Osservatorio di tutte le professioni che il ministero della Salute coordina, anche per organizzare la formazione”.

"Lo studio ha dimostrato che gli infermieri conoscono i tratti e le caratteristiche di un potenziale comportamento di aggressione fisica o verbale; tuttavia per varie ragioni non riescono a intercettare e prevenire questi episodi - afferma la professoressa Annamaria Bagnasco, dell’Università di Genova, coordinatrice della ricerca -. Una delle concause dimostrate dallo studio è la comunicazione inadeguata che avviene tra il personale e l’assistito e/o l’accompagnatore; tuttavia, i processi comunicativi sono ampiamente influenzati dall’ambiente di lavoro, dallo staffing e dal benessere dei professionisti. In questo momento lo studio sta fornendo ulteriori dati, su cui stiamo lavorando, per mettere in correlazione lo staffing, il benessere degli operatori e il benessere dei professionisti con gli episodi di aggressione, al fine di poter ipotizzare i fattori predittivi di questi eventi".

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)