Veneto, nel 2020 persi 11.500 posti di lavoro: assunzioni in calo del 24%

Bilancio dell'Osservatorio di Veneto Lavoro. L'assessore Donazzan: "Tra mancate assunzioni e rapporti di lavoro cessati, si può stimare che a causa della pandemia siano venuti meno circa 38.000 posti di lavoro"

Veneto, nel 2020 persi 11.500 posti di lavoro: assunzioni in calo del 24%

Nel 2020 in si sono persi 11.500 posti di lavoro dipendente, con un calo delle assunzioni del 24% rispetto all’anno precedente. È quanto emerge da un primo bilancio, tracciato dall’Osservatorio di Veneto Lavoro, che sottolinea come “a determinare il risultato negativo è soprattutto la dinamica del lavoro a termine, che ha risentito maggiormente degli effetti delle varie fasi di lockdown e delle difficoltà legate al mancato o parziale avvio delle attività stagionali”.

Lo spiega l’assessore regionale al Lavoro e alle Pari Opportunità Elena Donazzan: “A pesare su questo blocco delle assunzioni è proprio l’incertezza sulla stessa vita delle nostre imprese. Oltre ai dati dell’Osservatorio dobbiamo evidenziare l’aumento delle crisi aziendali che giungono al tavolo dell’Unità di Crisi regionale da me coordinata; poche le realtà che si avviano alla ripresa, quasi tutte invece al ridimensionamento del perimetro occupazionale o, peggio, alla chiusura di intere unità produttive sul nostro territorio”. 

Secondo l’Osservatorio le misure di tutela dell’occupazione, quali il blocco dei licenziamenti e l’estensione della cassa integrazione, hanno invece consentito di limitare le perdite in termini di occupazione stabile, ma non permettono di determinare con esattezza l’impatto dell’attuale situazione sanitaria sull’occupazione e generano incertezza su quanto potrà accadere alla scadenza di tali misure. “Una stima della perdita occupazionale complessiva causata dall’emergenza Covid-19 deriva dal confronto tra il saldo registrato nel 2020 e quello dell’anno precedente, che si era chiuso con 26.500 posti di lavoro guadagnati - sottolinea Donazzan -.  Tra mancate assunzioni e rapporti di lavoro cessati, si può dunque stimare che a causa della pandemia siano venuti meno circa 38.000 posti di lavoro. Come era stato previsto, purtroppo, questa crisi sembra aver pesato particolarmente sulle donne e sui giovani, colpendo innanzitutto i settori più esposti alle restrizioni adottate per il contenimento del virus.  Le più penalizzate dalla crisi, infatti, risultano proprio le donne, con un calo delle assunzioni del 27%, e i giovani, -28%”.

Il turismo si delinea come il settore più colpito, con un saldo annuale negativo per 14.500 posti di lavoro e un calo delle assunzioni pari al 45%. Segno meno anche per commercio (-1.350), trasporti (-500), attività finanziarie (-400), editoria e cultura (-250), mentre nel manifatturiero a soffrire maggiormente sono i comparti del Made in Italy, in particolare l’occhialeria e il sistema moda, che hanno visto ridursi le assunzioni rispettivamente del 62% e di oltre il 30%. In controtendenza l’edilizia che, spinta anche dal super bonus e dalle altre agevolazioni messe in campo per il rilancio del settore, chiude con un bilancio positivo analogo a quello del 2019 (+3.100). In agricoltura guadagnate 1.700 posizioni lavorative, più di quanto accaduto l’anno precedente.  Le difficoltà del settore turistico si ripercuotono anche sull’andamento occupazionale delle singole province, con un’emorragia di posti di lavoro più consistente a Venezia (-6.450), Belluno (-4.400) e Verona (-1.450). Saldo positivo, ma comunque su valori inferiori a quelli del 2019, a Treviso (+1.350) e Rovigo (+600). 

“Il primo bilancio del 2020 - conclude l’assessore Donazzan – registra un calo della disoccupazione e dei licenziamenti. Ma va sottolineato che sui dati incidono diversi fattori, tra cui il divieto di licenziamento, La cosa più grave nel quadro generale è l’aumento degli scoraggiati ed un minore dinamismo del mercato del lavoro”. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)