Verso il Forum delle diaspore, uno spazio di dialogo permanente sulla cooperazione

UNA VIA SICURA  Da cinque anni i rappresentanti delle comunità straniere si confrontano con il mondo della cooperazione sui temi al centro del dibattito nazionale e internazionale. Un ruolo fondamentale è rappresentato dalle giovani generazioni. Ecco la quarta puntata del nostro reportage in collaborazione con Acri

Verso il Forum delle diaspore, uno spazio di dialogo permanente sulla cooperazione

Dal 2017 con il Summit nazionale delle diaspore è stato intrapreso un percorso di dialogo fra le associazioni e comunità di migranti in Italia, le istituzioni, le imprese e il settore non profit, promuovendo un ponte culturale, sociale ed economico fra l'Italia e i paesi di provenienza dei migranti residenti. E' un’azione importante per creare relazioni stabili e durature con i paesi d’origine dei migranti residenti in Italia, che vive ora una sua fase evolutiva, che porterà presto alla nascita del Forum nazionale delle diaspore composto da associazioni della diaspora che si occupano di cooperazione allo sviluppo. Fondamentale in tutto ciò è l’apporto delle nuove generazioni (spesso si tratta di ragazzi nati e cresciuti qui, ma non riconosciuti italiani). Ne abbiamo parlato con Ada Ugo Abara, consulente ed esperta di cooperazione internazionale.

Che caratteristiche ha oggi la diaspora in Italia?
Rispetto agli anni ‘70 e ‘80, quando ci sono stati i primi flussi di immigrazione, oggi le comunità straniere in Italia hanno caratteristiche molto diverse. Non parliamo più di una diaspora costituita dagli head of family, o comunque da una singola persona che partiva per mantenere il nucleo familiare a distanza e che in Italia accumulava ricchezza per poi tornare a casa o in attesa ricongiungersi con il resto della famiglia. Ormai parliamo di persone e nuclei stanziali in Italia da decenni, persone che hanno scelto l’Italia come luogo da chiamare casa, come uno spazio in cui costruire un futuro per sé o per i propri  figli. Siamo ormai alla terza, quarta, generazione di italiani di origine straniera.

Questo lo dicono anche i numeri. La popolazione dei 5, 1 milioni di stranieri regolarmente residenti nel nostro paese è formata per la maggior parte da famiglie, i cui figli sono nati e/o cresciuti qui, ma nella maggior parte dei casi non sono riconosciuti cittadini.
Per questo insistiamo sulla proposta di una riforma della cittadinanza: le stime ci dicono che circa un milione di persone potrebbe avere accesso allo ius soli temperato o allo ius culturae. Con l'ultima proposta di riforma decaduta a fine legislatura oltre 800 mila bambini e ragazzi che attualmente frequentano le scuole italiane avrebbero potuto finalmente richiedere la cittadinanza italiana. Si tratta di un'importante fetta, dunque, di quella popolazione straniera stanziale nel nostro paese. Ragazzi nati o cresciuti in Italia che aspettano di essere riconosciuti cittadini al pari degli altri. Anche in questo caso rispetto al passato c’è un gap generazionale: mentre i nostri genitori si sentivano ospiti in Italia perché avevano un altro paese di riferimento, noi figli non ci sentiamo per niente ospiti, ma parte della cittadinanza. Viviamo qui, cresciamo qui, studiamo qui. Ciò che porta a creare cittadini è il percorso scolastico, lì ci si forma.

Tra il 2017 e 2020 il Summit Nazionale delle Diaspore ha iniziato un percorso. Quali sono i punti cardine emersi nel percorso di questi anni?
Il Summit ha rappresentato un primo importante passo nel rendere il più concreto possibile quanto sancito dalla legge 125 del 2014 che ha riformato il sistema italiano di cooperazione internazionale. Il progetto nasce dalla volontà della cooperazione italiana di rendere le organizzazioni delle diaspore protagoniste della cooperazione, accanto alle altre organizzazioni della società civile e di creare dei canali strutturati di dialogo con esse. Il percorso del summit è lungo e prosegue oggi con il progetto "Draft the future! Towards a diaspora forum in Italy". A partire dal 2017 sono stati creati percorsi di empowerment e di capacity building rivolti alle associazioni espressione delle diaspore in Italia che hanno la cooperazione nel proprio statuto o desiderano operare in questo ambito. Il progetto ha stimolato percorsi di dialogo con il Terzo Settore e facilitato la creazione di reti e partenariati territoriali. Negli incontri territoriali abbiamo potuto osservare come anche la composizione di queste associazioni sia cambiata negli anni: non sono più soltanto organizzazioni su basi nazionali e mutualistiche ma l'operato riguarda diverse aree geografiche e non per forza il paese di provenienza, e si apre agli obiettivi di sviluppo sostenibile e alle priorità della cooperazione italiana. Le organizzazioni presentano grandi competenze al loro interno. Soprattutto le nuove generazioni, chiedono una partecipazione completa, ma spesso è difficile. Un esempio è proprio quello della cittadinanza: come facciamo ad essere degli attori a 360 gradi se poi non siamo riconosciuti cittadini e non possiamo neanche partecipare ai concorsi per l'inquadramento all'Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo? Le mancanze da colmare sono tante, ma ci stiamo battendo: la richiesta è quella di un’effettiva inclusione sociale e di un riconoscimento della nostra presenza nella società. Serve anche un cambiamento nella narrazione sulla migrazione. In Italia il racconto di un processo diverso e alternativo non riceve spazio nei media e così ci sono storie che non emergono mai. Perfino noi che operiamo in questo settore ci sorprendiamo nell'incontrare associazioni con esperienza decennale e progetti formidabili realizzati nei propri territori, in Italia; come fa il pubblico più ampio ad entrare in contatto con queste esperienze se non vengono narrate dai media?

A proposito di narrazione, spesso viene proposta come “ricetta” quella di “aiutiamoli a casa loro”.
Questa frase ha acquisito nell’immaginario una dimensione polarizzante. Anche quando se ne ribalta il senso, il primo significato, quello negativo, rimane nella mente di chi ascolta. Bisogna superare i blocchi narrativi e puntare sulla costruzione dal basso di iniziative, che partano dai territori a cui ci si rivolge. Ogni iniziativa di cooperazione deve coinvolgere le comunità di riferimento altrimenti parliamo di azioni calate dall’alto, che non attecchiscono poi realmente. Spesso le priorità della cooperazione riguardano la politica estera del paese ma non corrispondono a quello che la popolazione sente come priorità. E’ importante, dunque, coinvolgere i cittadini che arrivano da quei territori perché hanno gli strumenti interpretativi necessari per permettere alle iniziative di cooperazione di essere più adatte e rispondere a bisogni effettivi dei luoghi e delle persone.  Ci sono persone formate su queste tematiche qui in Italia e che grazie al proprio background hanno anche delle competenze culturali e linguistiche che gli permettono di offrire un punto di vista unico e di farsi ambasciatori dell'Italia nei paesi di intervento e ambasciatori del paese in Italia. il legame territoriale e linguistico è fondamentale e si aggiunge a una serie di elementi oggettivi che permettono alle iniziative di essere comprese dalle comunità locali.

A luglio 2022 è stato lanciato "Draft the future - verso un forum nazionale delle diaspore in Italia", promosso da Aics, Oim e Associazione Le Reseau, con la collaborazione anche di Cespi. Che tipo di percorso si sta portando avanti e qual è l’obiettivo?
Sì, a luglio la conferenza ha lanciato un nuovo percorso. Dopo una fase di preparazione ora si stanno realizzando una serie di iniziative sui territori e scambi online. Si parte dai risultati degli anni precedente e si inseriscono di volta in volta nuovi stimoli. Stiamo lavorando fianco a fianco con le comunità diasporiche in Italia, da nord e sud, attraverso consultazioni, assistenza tecnica e moduli formativi.  Questo porterà il prossimo anno, dalla prossima primavera, alla costituzione del primo Forum nazionale delle diaspore: vogliamo che sia espressione delle diverse comunità che si occupano di cooperazione internazionale. Il Forum sarà uno spazio permanente di dialogo con la cooperazione italiana e gli stakeholder locali, regionali, nazionali e internazionali.

UNA VIA SICURA  è un reportage in dieci puntate realizzato e pubblicato da Redattore Sociale in collaborazione con Acri. Il lavoro giornalistico, curato da Eleonora Camilli con il supporto grafico di Diego Marsicano e la supervisione di Stefano Caredda, affronta da più punti di vista il tema delle migrazioni, raccontando alcune delle esperienze supportate da Acri nel suo Progetto Migranti.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)