Viviamo blindati dai muri. Controllo del Mediterraneo: dal 2018 l’Ue ha speso 116,6 milioni

L'Unione Europea continua a investire a difesa delle sue frontiere con muri fisici, marittimi e digitali. Dal 2014 al 2019 la spesa è stata di 2,76 miliardi di euro e il bilancio di previsione 2021-27 parla di oltre 8 miliardi.

Viviamo blindati dai muri. Controllo del Mediterraneo: dal 2018 l’Ue ha speso 116,6 milioni

Muri, recinzioni, barriere, videosorveglianza, controlli informatici: è l’Europa fortezza che moltiplica la difesa e la sicurezza dei suoi confini nella speranza di poter arginare l’esodo dei migranti. Dal 2014 al 2019 l’Unione Europea ha speso 2,76 miliardi di euro per la “sicurezza dei confini”. Un budget destinato a superare gli 8 miliardi nel bilancio di previsione 2021-27.
Mark Akkerman (con Nick Buxton e Niamh Ní Bhriain) firma il dettagliato report del Transnational institute, il think tank di Amsterdam che dal 1974 si preoccupa di connettere movimenti sociali, studenti “impegnati” e politici. L’ultimo progetto di sicurezza arriva da Atene: il governo greco ha stanziato 500 mila euro destinati ad alzare la sua frontiera nelle acque del mar Egeo, impedendo gli sbarchi (in particolare a Lesbo e Samos). È da quasi mezzo secolo che il muro lungo 180 chilometri divide in due l’isola di Cipro, in base alla “linea verde” dell’Onu che nel 1974 impose il cessate il fuoco fra gli invasori turchi e la parte sud controllata dai greci.

Dopo Berlino altri muri
Paradossalmente, dopo la storica caduta del Muro di Berlino nel nostro continente sono stati alzati più di mille chilometri di barriere, cioè oltre sei volte la lunghezza della frontiera militarizzata nel cuore della Germania fra il 1961 e il 1989. Appena quattro anni dopo la riunificazione della capitale tedesca, la Spagna ha cominciato a “difendere” le città di Ceuta e Melilla, storiche enclave in terra di Marocco: più di 100 milioni di euro spesi in circa 20 chilometri di recinzioni con filo spinato.

Ma nel Duemila le barriere ai confini nazionali si sono moltiplicate. Di nuovo, fra Grecia e Turchia con un costo di oltre 7 milioni di euro. Nel 2013 è stata la Bulgaria a “sigillare” il confine turco. Due anni dopo, con l’emergenza profughi dalla Siria, sei nuovi muri: l’Ungheria ha blindato le frontiere con Serbia e Croazia; intorno al campo profughi di Idomeni è stato sbarrato il passaggio dalla Grecia alla Macedonia; altri 3 chilometri di muro sono sorti tra Austria e Slovenia, nella zona di Spielfeld; sigillato anche il lungo confine fra Slovenia e Croazia con 80 milioni di euro; infine, è stata “messa in sicurezza” l’area di Calais intorno all’eurotunnel sotto la Manica con il Regno Unito che, di fatto, sposta la sua frontiera in terra francese.

Sempre nel 2015, la Lettonia spende 21 milioni di euro per “proteggersi” dalla Russia con tanto di pattugliamenti nei boschi e controllo delle impronte degli immigrati. Un anno dopo, tocca alla Norvegia annunciare il muro anti-immigrati a Borisoglebsk-Storskog. E il “pericolo russo” spinge l’Estonia ad attrezzarsi con la tecnologia lungo oltre 100 chilometri di frontiera, mentre la Lituania progetta la barriera di due metri d’altezza nei 50 chilometri di confine con l’enclave russa di Kaliningrad.

Dalla terra al mare: l’Ue si affida a Frontex, l’agenzia delle operazioni Hera, Hermes, Indalo, Minerva, Poseidon, Triton e in quella militare Sophia. Dal 2006 al 2017 sono costate 534 milioni di euro, mentre nel bilancio 2018 è stata iscritta la cifra di 116,6 milioni.

Sicurezza digitale
Infine, in Europa ci sono anche i “muri virtuali”. Servono a identificare chi attraversa i paesi dell’area Schengen. Il sistema Ees (Entry/Exit system) traccia i movimenti dei cittadini non europei, mentre proprio quest’anno dovrebbe scattare il Big data da 480 milioni. Ancora: a partire dal 2003, funziona Eurodac con le impronte digitali dei richiedenti asilo. E il sistema Sis II permette di condividere informazioni tra le autorità europee.
I muri tecnologici rappresentano un mercato internazionale che vale oltre 17 miliardi, con l’Europa che dovrebbe farlo crescere del 15 per cento all’anno. In prima fila, c’è Elbit system con sede a Haifa: l’agenzia Frontex ha testato il drone di sorveglianza marittima (4,7 milioni per 600 ore di volo), mentre l’azienda israeliana ha sviluppato un veicolo militare completamente autonomo nel controllo dei confini.

Finmeccanica e Fincantieri coinvolte
Ma nell’Europa dei muri spiccano anche l’ex Finmeccanica e Fincantieri. Nel primo caso, Leonardo (la spa controllata al 30 per cento dal Ministero dell’economia) vende soprattutto gli elicotteri della controllata Agusta Westland. Da Trieste, invece, arrivano le navi militari italiane impegnate nelle operazioni di Frontex.
E con l’agenzia europea fa affari anche Cantieri navali Vittoria di Adria (Rovigo) che insieme proprio a Elbit system realizzerà tre navi di pattugliamento (contratto da 55,6 milioni) dotate di sofisticati sistemi tecnologici per la Guardia costiera della Grecia.

Mediterraneo frontiera di pace

«Agire come instancabili operatori di pace» è il mandato di papa Francesco ai 120 vescovi a conclusione dell’incontro di Bari “Mediterraneo frontiera di pace”. Il papa sente urgente un incontro più vivo tra le diverse fedi religiose.

Online l’incontro Cei di Bari

Nella sezione “Chiesa nel mondo” di difesapopolo.it si trovano numerosi lanci e servizi dedicati all’incontro promosso dalla Cei dal 19 al 23 febbraio a Bari che si è rivelato un vero “laboratorio di sinodalità” tra i partecipanti.

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