Yemen, il ruolo delle armi italiane nei crimini di guerra contro i civili

“Prodotto in Italia, bombardato in Yemen” è il nuovo film documentario pubblicato da Rete Italiana Pace e Disarmo, che racconta la storia delle vittime del bombardamento nel villaggio yemenita di Deir al-Hajari e la potenziale responsabilità del governo italiano e dei produttori di armi nel conflitto

Yemen, il ruolo delle armi italiane nei crimini di guerra contro i civili

“C'è giustizia in questo mondo? Se sì, mostratela”. Ali Ahmed Jaber è uno dei sopravvissuti della guerra in Yemen. Suo fratello, sua cognata e i suoi nipoti sono stati uccisi in un bombardamento nel loro villaggio: chi si è salvato è troppo povero per riparare la propria casa. È la vicenda narrata in "Prodotto in Italia, bombardato in Yemen", film documentario pubblicato da Rete Italiana Pace e Disarmo , il Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (Ecchr) , e l’ong yemenita Mwatana per i diritti umani , che racconta la storia delle vittime civili dell'attacco aereo nel villaggio yemenita di Deir al-Hajari dell’8 ottobre 2016. I risultati delle indagini su questo attacco, che ha ucciso sei membri di una stessa famiglia tra cui una donna incinta e quattro bambini, hanno dimostrato che la bomba utilizzata è stata fabbricata in Italia.

“Il flusso di armi di fabbricazione italiana che raggiunge la coalizione guidata dall'Arabia Saudita coinvolta nel conflitto in Yemen è in netto contrasto con i principi e le regole sia del diritto italiano che delle norme internazionali firmate dall'Italia – afferma Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne per la Rete Italiana Pace e Disarmo –. È quindi necessario fermarlo: chiediamo al Governo e al Parlamento di prendere una decisione politica immediata, estendendo la sospensione delle spedizioni di missili e di bombe aeree che è stata concordata nel luglio 2019 e che scadrà all'inizio del 2021”.

Nell’aprile 2018, Rete Italiana Pace e Disarmo, Ecchr e Mwatana hanno presentato una denuncia alla Procura di Roma per indagare sulla responsabilità penale di Uama, l’ufficio del Ministero degli esteri che autorizza le esportazioni di armamenti italiani, e dei dirigenti dell’azienda a produzione militare Rwm Italia, per l'esportazione di armi verso Stati membri della coalizione saudita. Un anno e mezzo dopo, il Procuratore ha chiesto l'archiviazione del caso e le organizzazioni hanno fatto ricorso: nel gennaio 2021 si saprà se le indagini potranno proseguire o meno. “Ormai è giunto il momento che gli alti funzionari delle aziende produttrici di armi siano chiamati a rendere conto del loro ruolo nel facilitare la perpetrazione di crimini di guerra in Yemen, sia a livello internazionale che nazionale”, afferma Miriam Saage-Maaß, vice direttore legale di Ecchr.

L'11 dicembre 2019, queste stesse organizzazioni insieme ad Amnesty International, Campaign Against the Arms Trade, e al Centro Delàs di studi per la pace, hanno presentato una comunicazione alla Corte penale internazionale dell’Aja chiedendo un’indagine sulla responsabilità delle industrie belliche e dei governi in Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. La comunicazione descriveva 26 attacchi aerei della coalizione saudita che, secondo le ricerche effettuate, potrebbero aver utilizzato bombe prodotte in Europa.

I Governi che continuano a concludere accordi per la vendita di armi con gli Stati membri della coalizione saudita sono legalmente e moralmente implicati nelle violazioni che si verificano nel nostro Paese, alcune delle quali costituiscono crimini di guerra – conclude Radhya al-Mutawakel, presidente di Mwatana per i diritti umani –. L'Italia e gli altri fornitori di armi devono fermare immediatamente queste esportazioni e sostenere gli sforzi per determinare ogni responsabilità penale nelle violazioni commesse da tutte le parti in conflitto nello Yemen”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)