Una quarantena senza rete ovvero come ho trovato asilo in canonica

Questa quarantena obbliga tutti noi a rimettere in discussione grandi e piccole certezze, a cominciare dalla possibilità di sopravvivere senza un collegamento internet degno di questo nome.

Una quarantena senza rete ovvero come ho trovato asilo in canonica

Il primo ad arrendersi alla quarantena è stato il mio Wi-Fi. Ci ha provato a far girare il programmino per la rassegna stampa, con tutti i suoi bei pdf ordinati, ma semplicemente non ha retto.

«Mi han comprato per regolare il termostato — pare abbia dichiarato il modem ai colleghi elettrodomestici - e io a far girare tutta questa attualità proprio non gliela faccio, mi arrendo!».

Il mio smart working d’emergenza è cominciato così, con un fiasco clamoroso dopo settimane passate a prepararsi psicologicamente all’eventualità di ricorrervi.

L’unica scelta possibile, bloccato lontano dall’ufficio dal primo dei decreti e dalle conseguenti paure notturne, è stata chiedere asilo nell’unico posto dove sapevo avrei trovato aiuto: in canonica.

Don Fabio, il parroco del mio amato paesino di montagna, mi ha così messo a disposizione la grande sala al piano terreno. Uno stanzone, con una grossa stufa a pellet nel fondo e le pareti rivestite di perline e disegni di bambini. È la sala del catechismo e del doposcuola ma, in queste settimane di sospensione, giace vuota e silenziosa.

Così la mattina presto esco di casa, cammino rasente ai muri del borghetto fino alla canonica e mi rintano nel mio stanzone. Un viaggio che profuma di montagna e di avventura, nonostante duri solo qualche decina di metri ma che, sono sicuro, libera la via ad altre coraggiose spedizioni.

Mi sono fatto ormai persuaso che, nascosti dietro le gelosie del tinello, occhi attenti mi seguano lungo tutto il tragitto, mi vedano infilare la chiave nella toppa del portone e lasciare libero accesso ai locali del piano terreno, stanzone e cappelletta.

Al secondo articolo del Corriere della Sera, infatti, sento aprirsi il portone e cigolare la porta di legno della cappelletta. «Buongiorno!» saluto io dal fondo dello stanzone chiuso, «buongiorno a lei — mi risponde una voce sottile dall’altro capo dell’androne — che notizie ci sono oggi?».

È la prima delle fedeli che si alternano nell’adorazione eucaristica, il segno concreto che qualcosa di buono sta davvero cominciando.

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