Uno sguardo dall'altro. Noi, i più fragili: che responsabilità

Proviamo a guardare la Terra dallo spazio: niente confini... solo bellezza

Uno sguardo dall'altro. Noi, i più fragili: che responsabilità

Ho seguito la conferenza di Luca Parmitano dallo European astronaut centre di Colonia, pochi giorni dopo il suo rientro sulla Terra dalla Stazione spaziale internazionale, dove è rimasto per sei mesi come comandante durante la missione "Beyond". Nel rispondere a un giornalista, AstroLuca ricordava una domanda che gli era stata posta al summit sul clima all’Onu: qual è l’elemento più fragile del nostro pianeta? La sua risposta è semplice e immediata: «Siamo noi. La vita continuerà ben oltre i danni che stiamo facendo. L’universo è predisposto per la vita: la vita è perfettamente allineata con i principi della fisica, quindi continuerà a esserci, ma non è detto che in futuro ci sia l’uomo in questo sistema». Sono parole che arrivano dopo aver osservato uragani mai visti prima e intere foreste bruciare per mesi in Amazzonia, in Africa, in Australia.

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La vita continuerà lo stesso: affermazione forte, che dice tutta la potenza e straordinarietà di questo dono che l’universo si è trovato tra le mani. Ma non è detto che nel futuro della vita ci saremo anche noi. Affermazione ancora più forte, che cozza con la visione dell’uomo che siamo abituati ad avere: l’essere vivente più importante, che domina il mondo e ne decide la sorte, capace di trasformarlo e renderlo a propria misura, pronto a colonizzare pure lo spazio, ma che non si accorge che con determinate scelte e presunzioni non fa che rendere ancora più precaria la sua delicata situazione.

Se ci limitassimo a guardare i dati in nostro possesso, non saremmo noi l’elemento più fragile: persino mentre leggiamo queste parole si stanno estinguendo specie animali e vegetali, la cui scomparsa passa in sordina. L’ultimo dichiarato ufficialmente estinto – il primo del 2020 – è il pesce spatola cinese, dopo 17 anni di non-avvistamenti, a causa dell’inquinamento e dello sfruttamento irresponsabile delle risorse che hanno reso il suo habitat (le acque dolci di alcuni fiumi e laghi cinesi) non più vivibile.

Ma AstroLuca ha perfettamente ragione nell’affermare che non è detto che nel futuro della vita ci sia l’uomo. Anche dal punto di vista biblico questa affermazione è, nella sua verità, tanto sconvolgente quanto reale. Nei racconti della creazione l’uomo arriva come completezza, pienezza, non perché tutto il resto della creazione abbia meno valore, ma perché, essendo immagine di Dio, ha una responsabilità più grande su tutto il resto, depositario di una cura e di un amore che Dio stesso esercita attraverso di lui. Di conseguenza, nel momento in cui questa cura viene meno, non solo la creazione viene abbandonata, svalutata, distrutta, ma l’uomo stesso perde la sua umanità, la cui cifra è proprio quell’essere a immagine di Dio.

È per questo che forse siamo davvero l’elemento più fragile di questa Terra: venendo meno alla nostra chiamata a riconoscere e custodire tutte le altre forme in cui la vita si manifesta, e da cui dipendiamo, perdiamo proprio la nostra essenza di esseri umani, ormai non più capaci di vivere per quello che siamo né di guardare a noi stessi, alla nostra originalità e alle nostre differenze con lo stesso sguardo di cura e di amore che ci è dato da Dio, arrivando a distruggerci addirittura tra di noi. Forse avremmo bisogno tutti di osservare, almeno per una volta, le immagini del nostro pianeta scattate dalla Stazione spaziale internazionale, dove non si vedono confini, ma solo preziosità e bellezza, per renderci conto della nostra fragilità, ma ancora di più della nostra responsabilità.

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