C come corruzione. Come guarire un cuore... rotto?

Bergoglio: «Il peccato si perdona, la corruzione no… deve essere guarita»

C come corruzione. Come guarire un cuore... rotto?

Ciò che più impressiona nel fenomeno della corruzione non è tanto colui che corrompe, cioè chi paga una bustarella a un funzionario pubblico o a un amministratore disonesto per vincere un appalto; comportamenti del genere sono ingiustificabili, sbagliati, inaccettabili, ma forse comprensibili: in un sistema economico e politico corrotto, se vuoi lavorare devi “ungere gli ingranaggi della macchina”, come dicono a Roma. Incomprensibile, invece, è il motivo che spinge un funzionario pubblico, magari di alto livello, a lasciarsi corrompere. Per quale motivo una persona che guadagna in un mese quello che un operaio – onesto – guadagna in un anno, si sporca l’esistenza, la carriera e la coscienza (se ce l’ha) per qualche migliaio di euro? Il motivo non può essere solo l’attaccamento al denaro. Deve esserci una causa più profonda, quasi spirituale, una ragione cioè che va oltre all’ovvio.

Per cercare di comprendere come si scatena questo “cancro” sociale, prendiamo a prestito due libri, uno di papa Francesco e l’altro di uno psicanalista.

denaro

"Denaro, una 'colla' scadente", illustrazione di Gloria Bissacco

L’allora provinciale dei gesuiti, padre Jorge Bergoglio, nel 1991 ha scritto un articolo sulla corruzione, poi pubblicato con il titolo Guarire dalla corruzione, in cui cerca di indagare le cause di questo fenomeno. Il futuro pontefice individua la prima causa della corruzione nella «stanchezza della trascendenza». Trascendenza è un termine che deriva dal verbo “trascendere”, che a sua volta è composto dal latino trans, che significa “al di là” e scandere, che traduce l’italiano “salire”, ascendere verso ciò che si trova oltre. Per il papa, la «stanchezza della trascendenza» indica il ripiegamento delle persone, in modo particolare del corrotto, su ciò che vede e tocca, senza mai alzare lo sguardo. Il cuore del corrotto, continua, si è svuotato da ogni desiderio dell’Oltre. È una persona che ha completamente smesso di desiderare l’infinito, ma non riuscendo a sopportare il vuoto che si crea dentro di sé dopo questo svuotamento, si riempie la vita di “roba”.

Una seconda causa della corruzione la troviamo nel testo di Luigi Zoja, psicoanalista di fama internazionale. Nel suo agile studio, dal significativo titolo, La morte del prossimo, l’autore evidenzia come una volta che Dio è stato “ucciso” dalle ideologie del Novecento – Dio non esiste! – anche l’altro pilastro su cui si sosteneva l’agire umano, il prossimo, è stato demolito. Se in passato l’uomo aveva come suo riferimento Dio e, dopo che il cielo è stato svuotato, il comandamento: ama il prossimo come te stesso (Mt 12,28-31), oggi, dopo che anche l’Altro è stato “ucciso” a causa dell’egoismo e dell’indifferenza, niente e nessuno può resistere «al risucchio del vuoto che si è creato in lui».

Consumato questo duplice omicidio, nel disperato tentativo di far tacere la voce che sale dalla «cavità dell’anima» (C. S. Lewis), al corrotto non rimane che consolarsi con le bustarelle. Senza un rapporto con Dio o con l’altro, l’uomo corrotto sperimenta una lenta, ma progressiva frammentazione e rottura del cuore (cor-ruptum).

Giunti a questo livello di penetrazione del fenomeno corruttivo, non si discute più se la corruzione rientri o no nella sfera morale, ma si parla di una vera e propria patologia – che in alcuni territori si è trasformata in pandemia – da cui bisogna guarire, prima che chiedere perdono e avviare un cammino di conversione. «Il peccato si perdona, la corruzione non può essere perdonata… deve essere guarita», conclude papa Francesco, senza tanti giri di parole.

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