Serve un'aggiunta di partecipazione

Condividere le differenze arricchisce. "Stare" al mondo in modo corresponsabile è possibile. I giovani ce lo insegnano.

Serve un'aggiunta di partecipazione

Ogni anno l’istituto organizza una giornata di “scuola aperta”, durante la quale varie classi presentano attività o laboratori. L’invito è aperto a tutti. «Prof, sarebbe bello che partecipassimo anche noi quest’anno». Temevo che la mano alzata di Anna nascondesse questa richiesta. Scelgo di non barare e con disarmante umiltà dichiaro la mia scarsa competenza organizzativa. «E allora, dov’è il problema? Lavoriamo insieme!». Veder ritorcermi contro la frase con cui son solito proporre di risolvere i “loro” problemi scolastici, fa un certo effetto. Non resta che vincere le remore e affidarsi alla classe. Ovviamente alla fine tutto si risolve in un clamoroso successo. Ma la perla preziosa spunta in sede di verifica, quando più di qualcuno sottolinea la bellezza di aver partecipato al progetto da protagonista, ossia di aver sentito d’aver fatto la differenza fin dall’inizio. Quasi a dire che il risultato finale va valutato anche dallo “stile” con cui è stato perseguito.

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E così i più giovani mi insegnano la cifra della corresponsabilità, la quale se presa sul serio impone a tutti un modo nuovo di “stare” in questo mondo. Un mondo globalizzato, il quale ci attesta, anche in modo drammatico, la stretta correlazione tra i destini delle persone. E questa complessa interdipendenza dell’agire dei singoli e dei popoli richiede di allargare il raggio della nostra responsabilità. Sentirci responsabili nei confronti dell’intera umanità, non è una scelta di anime particolarmente sensibili, ma prender atto che quanto succede nel mondo è determinato in modo sensibile anche dal nostro agire personale. Quasi nulla avviene per fatalità.

Tra qualche mese, per fare un esempio concreto, ci saranno le elezioni europee: sarà anche il nostro voto a decidere se il futuro parlamento europeo vorrà (o meno) pensare e progettare l’Unione Europea secondo un modello di sviluppo solidale e inclusivo. La corresponsabilità non ci chiama solamente a leggere i vari programmi elettorali e magari scegliere il meno peggio, quanto a farci fin d’ora promotori presso chi si candiderà di meditate priorità e progetti fattibili in vista del bene comune.

Questa corresponsabilità globale ha però inizio nel locale, nei luoghi dove viviamo e operiamo quotidianamente. Bisogna favorire ovunque (dalla famiglia al luogo di studio e di lavoro, di impegno sociale, volontariato, parrocchia…) uno stile corresponsabile che veda la partecipazione di tutti alla determinazione delle scelte comuni. Resta chiaro che lo sforzo è duplice: da un lato garantire a tutti la possibilità effettiva di portare il proprio contributo; dall’altro la volontà da parte di ciascuno di non far mancare il proprio apporto, vincendo la tentazione di defilarsi o di compromettersi solo fino a un certo punto.

Tutto ciò si realizza se sappiamo accogliere e condividere l’originalità di ciascuno senza aver timore delle differenze e dei conflitti. Avere sensibilità e idee diverse, prima di essere una sfida impegnativa, è una ricchezza. Troppe volte per evitare un difficile, ma fecondo, confronto tra posizioni differenti, si è preferito un pericoloso monocorde pensiero unico: un adeguarsi acriticamente al volere della maggioranza o del più arrogante, concedendo tutt’al più il diritto al mugugno. È tempo di un’aggiunta di partecipazione da parte di tutti, per dar vita a luoghi e strumenti dove condividere le differenze che emergono dal vissuto delle persone: per arrivare a sintesi che non “annullino” le differenze, ma le comprendano e risolvano, quali suoni di un’inedita sinfonia.

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